Amati lettori di questo umile e umido blog, da alcuni giorni racconto i contenuti dell’ordinanza emessa il 7 agosto a carico di Paolo Romeo (già condannato con sentenza passato in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa) dopo il rinvio disposto dalla Cassazione. La sezione del Riesame del tribunale di Reggio Calabria – presidente Tiziana Drago, Erica Passalalpi e il giudice relatore Angela Giunta – ha stabilito che ci sono tutti gli elementi per «affermare l’esistenza dell’autonomo organismo associativo posto in posizione di vertice e costituito dalla cupola riservata della ‘ndrangheta».
Rimandando ai link a fondo pagina per quanto scritto nei giorni scorsi. Oggi voglio con voi leggere quanto il collegio giudicante del Riesame (in attesa come ripeto mille volte di un’eventuale giudicato definitivo di colpevolezza o innocenza fino al quale tutti gli indagati sono non colpevoli) condivide con la Dda di Reggio Calabria a proposito del potere di Giorgio De Stefano e di una parte della classe politica locale.
Ebbene, il collegio giudicante si trova di fronte alle motivazioni della difesa di De Stefano, secondo la quale (anche) da una intercettazione di marzo 2010, emergerebbe che De Stefano e Paolo Romeo non sarebbero in grado di comandare e dirigere i voti della ‘ndrangheta con ciò smentendo l’assunto accusatorio secondo il quale i due coindagati sarebbero addirittura i vertici della cupola.
Il collegio giudicante definisce «suggestiva» questa difesa ma va oltre. Molto oltre.
«Ciò che si contesa oggi a Paolo Romeo e Giorgio De Stefano – si legge a pagina 72 del provvedimento – non è di essere in grado di comandare tutte le singole cosche della provincia o addirittura della regione facendo convogliare i voti su un solo candidato. Tale circostanza li avrebbe collocati ai vertici si ma della ‘ndrangheta operativa e visibile».
Come dire: alla pubblica accusa non interessa accentrare la sua ricostruzione sul comando della ‘ndrangheta come la si conosce (fino a che non è emersa, aggiungo io, l’operazione Meta, non a caso avversata e osteggiata con tutte le carte possibili e anche quelle inimmaginabili) ma come è diventata secondo il profilo evolutivo che ne fa la procura, in questo supportato dallo straordinario lavoro del Ros dei Carabinieri.
«Ciò che si contesta è invece di far parte di un organismo composto da sette soggetti – si legge ancora nel provvedimento – creato proprio da Giorgio De Stefano a cui è affidata la direzione strategica e riservata della ‘ndrangheta che proprio per questa sua natura riservata e per poter meglio svolgere il proprio ruolo non si interfaccia direttamente con la ‘ndrangheta operativa».
Ma il bello (si fa per dire) viene ora. Leggete con me.
«Questo compito – continua il collegio giudicante – è riservato ai politici “servi” che si devono necessariamente affidare alle singole cosche per raccogliere i voti necessari al fine di essere eletti. Romeo e De Stefano intervengono ad un livello più elevato che è quello di eterodirigere dall’alto i medesimi politici avvalendosi del loro schermo formale per portare avanti i propri interessi criminali, come gli interessi nel settore sanitario».
Poco pagine dopo, a pagina 84, il collegio continua così: «…la strategia che gli odierni indagati si prefiguravano di perseguire, ovvero la necessità di gestire la politica, in maniera riservata, attingendo alle componenti occulte del più ampio sistema criminale».
E sempre nella stessa pagina scrivono una cosa che è significativa: «Il contenuto delle conversazioni captate si salda, peraltro, alle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si sono esaminate e che disegnano il ruolo del Romeo e del De Stefano quali espressione apicale della ‘ndrangheta, posta in posizione di differenziazione rispetto alla ‘ndrangheta militare».
r.galullo@ilsole24ore.com
5 – the end (per ora)
(per lw precedenti puntate si leggano