Ieri il sito del Messaggero (e poi altri media), riportava la notizia che nel quartiere San Basilio di Roma una coppia marocchina (con tre figli di 1, 3 e 7 anni) avrebbe dovuto prendere possesso di una casa popolare in via Filottrano.
Scrivo “avrebbe” perché la coppia – lei disoccupata, lui muratore – ha rinunciato a prendere possesso della modesta abitazione, pur se regolarmente iscritta negli elenchi dell’ente che gestisce l’assegnazione degli alloggi popolari capitolini e seppur prima assegnataria della stessa.
Le cronache del Messaggero raccontano che alla coppia africana è stato dato un caloroso benvenuto al grido di «Non vogliamo negri né stranieri qui ma soltanto italiani. Qui non vogliamo negri. Tornate a casa col gommone». Commossi da tanto affetto e umano calor, i cinque marocchini – tra i quali i tre bimbi – hanno preferito tagliare le tende e rinunciare alla dimora, rendendosi perfettamente conto che per loro l’aria (e non solo quella) sarebbe stata irrespirabile e probabilmente la vita più corta.
Ora, il fatto, di per sé, è degno di riprovazione e sdegno, ancor più se proviene da un quartiere di 27 mila abitanti censiti (popoloso almeno come, ad esempio, Vibo Valentia se si calcolano anche i non censiti) in larghissima parte emarginato e abbandonato a se stesso, in larga parte poverissimo, in buona parte criminale, in larga parte ampliatosi negli anni Cinquanta con propaggini abusive verso San Cleto e con servizi che chiamare tali è offensivo nei confronti del buongusto e del minimo buonsenso.
Insomma, verrebbe da dire, una lotta tra disperati nella quale il razzismo verso gli extracomunitari è niente di più e niente di meno che una parentesi statica della quale lo stesso quartiere soffre ad opera di quella quota parte di romani che vede quel quartiere (e altri) come una putrescente ferita di una città sempre più irriconoscibile, cattiva e razzista.
Si badi bene: gli extracomunitari puzzano e vanno rispediti a casa con il barcone (rectius: gommone) quando rispettano le leggi e compaiono (come in questo caso a pieno titolo) nelle liste di assegnazione di un servizio comunale o statale, mentre sono ben accolti quando servono per alimentare le braccia dello spaccio. Già, perché anche la zona tra via Filottrano e via Mondolfo, nella parte più vecchia del quartiere dove entrano con mille cautele perfino le forze dell’ordine, è nota e conosciuta in ogni dove come un affluente di quell’enorme supermarket della droga, aperto 24 ore al dì, che è San Basilio.
Ma l’episodio del razzismo – in realtà e paradossalmente – è l’aspetto meno drammatico della vicenda (no, non vi mettere a piangere o a ridere, perché è dannatamente vero). Già, perché le grida belluine conto la coppia africana sembrerebbero dettate da una ragione ancor più criminale: il racket delle case popolari, fenomeno del resto noto in tutte le grandi città come Torino, Napoli o Milano.
In buona sostanza la coppia marocchina avrebbe “osato” prendere possesso di un immobile sgombrato (perché abitato abusivamente) e messo a bando tra gli aventi diritto. Chi governa il racket delle assegnazioni a San Basilio – così come in altri quartieri della città – non poteva e non può permettere che gli elenchi ufficiali e legittimi offuschino quelli malavitosi (e ricchi di connivenza di ogni ordine e grado) nelle mani di quattro rifiuti del genere umano che si fanno largo in tanto degrado e miseria a forza di ignoranza e violenza.
Ora, sia presto detto: cara (si fa per dire) Virginia Raggi, sindaco di Roma Capitale pur in assenza di segni di vita amministrativa dal momento della elezione a oggi, se ha veramente le p…. le tiri metaforicamente fuori, accompagnata dalle Istituzioni anche se ufficialmente le basterebbe il solo corpo di Polizia Municipale e faccia entrare quella coppia africana (ma che lavora e vive come lei nella capitale amorale di questo Stato immorale) in quel maledetto alloggio che l’azienda territoriale per l’edilizia residenziale gli ha legittimamente assegnato. E una volta fatta entrare, vigili con il Corpo di cui sopra, che la coppia possa entrare e uscire dall’immobile come una qualunque altra coppia.
Non è in grado di farlo da sola? Bene (anzi, male) e allora chieda il soccorso dello Stato. Lei – lei più che mai, visto che il Movimento nel quale si riconosce grida ad ogni piè sospinto, spesso senza sapere cosa vuol dire, “legalità! legalità!” – non può non sapere che non è concesso a nessuno sul suolo capitolino sottrarre porzioni di sovranità e fette di democrazia.
Riuscirà nella (piccola) impresa di riportare il rispetto delle elementari regole di vita amministrativa e consesso civico in quel di Via Filottrano, San Basilio (Bronx de noantri), Roma, Italia, Europa, mondo?
Io non credo ma la sfida è aperta. La raccolga sindaco (rectius, sindaca, come lei stesso verga sul sito ufficiale del Comune) e mi smentisca clamorosamente. Non mi risponda, però, che il comma x dell’articolo y della legge z, così come modificato dal paragrafo t, codicillo q del decreto legge vattelapesca non assegna al glorioso Comune di Roma la possibilità di evitare uno scempio del genere nel tessuto sociale di una città ormai sventrata.
Non me lo dica nel nome della democrazia e di quel poco (nulla) che resta della grandezza etica e morale della mia città, un tempo degna Capitale d’Italia, oggi indegna cloaca a cielo aperto di un Paese in avanzato stato di decomposizione.
r.galullo@ilsole24ore.com