Amati lettori di questo umile e umido blog da alcuni giorni racconto l’audizione del 3 agosto presso la Commissione parlamentare antimafia del gran maestro del Grande oriente d’Italia, Goi Stefano Bisi (rimando ai link a fondo pagina).
Una parte decisiva in questa audizione è la “battaglia” dialettica – so che è un termine abusato ma corrisponde in questo caso al vero – tra Bisi e il presidente della Commissione Rosy Bindi sulla consegna degli elenchi dei massoni iscritti al Goi.
Di questo scriverò in profondità nei prossimi giorni. Intanto gustiamoci un altro aperitivo, sullo stesso filone, fatto di schermaglie tra le parti.
A proposito della riservatezza che contraddistingue gli elenchi degli appartenenti alle varie logge massoniche e dello scudo dietro il quale le stesse si riparano – vale a dire la legge sulla privacy – Bindi non si perde d’animo e, con Bisi, prova a prenderla da lontano. «Cito il Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 610/2003, n. 5881: “Il dipendente della pubblica amministrazione può anche essere iscritto a una loggia massonica (non deviata) ma deve sempre e comunque comunicarlo preventivamente, altrimenti rischia il licenziamento, e a nulla vale appellarsi al diritto alla privacy perché, in ogni caso, prevalgono i princìpi della trasparenza e del buon andamento della pubblica amministrazione”».
Bisi a questo punto rivela che questa sentenza, nonostante sia di 13 anni fa e dunque dovrebbe essere stata già ampiamente rispettata e soprattutto fatta valere negli uffici della pubblica amministrazione, cosa di cui dubito moltissimo, ha lasciato il segno: «Infatti, i nostri fratelli hanno chiesto ai loro superiori che cosa debbano fare». Oh bella, cosa debbono fare è chiarissimo: dichiararsi massoni se lo sono!
Ma Bisi aggiunge altro, ancora una volta battendo una scia che viene indistintamente seguita da tutti gli alti gradi di qualunque obbedienza massonica (e Dio solo sa quante ce ne sono). «Devo aggiungere qualcosa a quanto lei ha letto, ossia se far parte di un’obbedienza massonica, intendo il Grande oriente d’Italia – dirà infatti Bisi – influisca sulla regolarità di un appalto o di un concorso. Dico semplicemente: se fossi presidente di una commissione di concorso per docenti universitari, tra l’onorevole Rosy Bindi, che prima faceva la professione universitaria, e un fratello alle prime armi nel diritto amministrativo, riterrei che l’onorevole Rosy Bindi, appunto per lo studio che ha fatto, sia più preparata e farei vincere il concorso all’onorevole Rosy Bindi e non all’altro perché è un fratello. Quindi, questo lo faccio».
Insomma: se anche so che c’è un fratello che partecipa ad un concorso e se anche tutta la commissione d’esame fosse composta di fratelli (estremizzo) e se anche tutti costoro per assurdo sapessero che uno o più fratelli vi partecipano, verrebbe premiato solo il merito dei concorrenti e nessuno sconto verrebbe applicato ai “grembiulini” concorrenti.
Vengono in mente anche le parole di Licio Gelli, morto ad Arezzo il 15 dicembre 2015, Venerabile della Loggia Propaganda 2, scolpite in una lettera spedita l 25 agosto 1990 a Giuliano Di Bernardo, all’epoca Gran Maestro del Grande oriente d’Italia (Goi) poi, dal ’93, Gran maestro della Gran Loggia regolare d’Italia e infine a capo di Dignity Order.
Una lettera a difesa dei suoi “fratelli” di loggia, «accusati di aver aderito alla P.2 per smanie di carrierismo. Niente di più falso. Nome dopo nome, potrei dimostrare che gli iscritti alla R.L. P.2. non si sono mossi dai gradi che rivestivano nelle varie amministrazioni o nell’ambito professionale, all’atto del loro ingresso in Loggia, salvo gli avanzamenti legati all’anzianità di servizio o a meriti personali incontestabili». Del resto nessuno, a dire di Gelli, poteva sollecitarlo, perché sarebbe stata una «colpa massonica» (si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/01/21/esclusivo1-licio-gelli-in-una-lettera-del-90-i-fratelli-della-p2-colpiti-nella-carriera-e-negli-affetti/).
Bindi replica che per essere sicura di essere giudicata in maniera obiettiva, però, ho diritto a sapere se chi la giudica appartiene o meno a un’associazione che lo lega con di fratellanza ad un’altra persona che, partecipa allo stesso concorso. La stessa cosa vale per il dirigente della pubblica amministrazione che deve assegnare un appalto magari a un imprenditore che concorre e che appartiene alla stessa loggia. «Non dubito del fatto che la vostra legge interna – continua Bindi – vi imponga un rigore tale per cui, se l’imprenditore o il professore non hanno i titoli, non li fate partecipare. Preferisco, però, oltre alle buone intenzioni della persona, una legge che mi tuteli. Non c’è alcun vincolo associativo interno che possa minimamente confliggere con i termini dell’ordinamento generale. Questi sono gli Stati democratici, in cui gli ordinamenti interni sono stati soppressi, a partire da quello militare. La democrazia è iniziata così, in questo Paese. Quindi, l’idea che un ordinamento interno possa prevalere sulle regole dell’ordinamento generale il dubbio lo desta. Come tale, è sempre bene essere tutelati e il modo per essere tutelati sta nella conoscenza e nella pubblicità. Se so che la persona che mi sta davanti è legata da vincoli stringenti ad altre persone, mi presento a un concorso sapendo di dover valutare, oltre che la correttezza e la preparazione delle persone, anche un dato di fatto che esiste ed è ineliminabile. Non dubito che venga usato in senso buono, ma non posso affidarmi solo alla presunta bontà dell’interlocutore. Devo essere tutelato, oggettivamente tutelato».
E subito dopo dirà: «Immagino che tutta questa premessa non sia per dirci che non ci fornirà gli iscritti. Possiamo discutere fino a domani se possano essere pubblici o meno gli elenchi del Partito democratico o della loggia del Grande oriente, ma una cosa è certa: alla nostra Commissione non li può negare. Quindi, chiudiamo questo argomento».
E nei prossimi giorni vedremo come viene chiuso (forse) l’argomento.
r.galullo@ilsole24ore.com
5 – to be continued
(per le precedenti puntate si vedano
ma si leggano anche