Chi, tra noi, ha qualche anno in più, ricorderà che negli anni Settanta e Ottanta una nota marca di caffè viaggiava, vento in poppa, con questi due celebri slogan pubblicitari recitati in radio e in tv dall’attore Nino Manfredi: “più lo mandi giù e più ti tira su” e “il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?“.
Chissà se gli spot saranno tornati in mente anche alla cosca reggina Tegano (partner della dominante cosca De Stefano), dopo che, la scorsa settimana, i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria (agli ordini del colonnello Alessandro Barbera), hanno sequestrato prima, e confiscato poi, un patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore di circa 10 milioni, nei confronti dei Lavilla (il padre Giuseppe e i figli Antonio e Maurizio), notissimi e strachiacchierati imprenditori reggini ritenuti da investigatori e inquirenti organici proprio alla cosca Tegano (questo aspetto lo approfondiremo meglio domani).
La Gdf ha ricostruito il patrimonio personale e imprenditoriale dei Lavilla attraverso un’accurata rielaborazione dei dati fiscali e patrimoniali, evidenziando la notevole sperequazione tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato. Il Reparto di Reggio Calabria ha poi proceduto ad una nuova e definitiva analisi contabile, che ha consentito di evidenziare un eccezionale arricchimento patrimoniale dei soggetti, realizzato nel corso degli ultimi anni.
Credo che i due slogan siano loro tornati alla mente perché, tra i beni confiscati, ci sono due società (Calabra vending srl interamente e Futurvending srl per l’8% delle quote azionarie), leader nella distribuzione di macchine automatiche per la vendita di caffè ed alimenti, con sede nel rione Archi, epicentro dello strapotere della cosca De-Stefano-Tegano. Calabra vending commercializzava anche la propria marca di caffè: il Caffè Lavilla, al punto da avere anche un Coffe Store dal 2014.
Peccato che il caffè sia andato di traverso – oltre che ai Lavilla – anche ai Tegano e, dunque, più che “tirarli su”, li ha buttati giù e più che essere un “piacere”, la confisca (disposta dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, presidente Ornella Pastore, giudici Vincenza Bellini e Mariarosa Savaglio su richiesta della Procura, procuratore aggiunto Gaetano Paci) è stata un duro colpo all’espansionismo affaristico della criminalità reggina.
Orbene, questa confisca – a modesto e fallace avviso di questo umile e umido blog – è passata alla recentissima storia della cronaca cittadina e dei media locali (sui nazionali non c’è ovviamente traccia) come l’ennesimo colpo ad un’economia criminale che in Calabria fa strame del libero mercato e della concorrenza leale. Peccato, però, che a leggere con attenzione il decreto di sequestro, si scopra molto, molto di più. Per questo, da oggi, comincerò a dedicare una serie di servizi a questa operazione, che vede la Gdf di Reggio Calabria cavalcare la tigre della lotta ai patrimoni illeciti.
Quel caffè – per rimanere oggi sulla scia di un’aroma lontano dai nostri olfatti – non si trovava solo nei locali di Reggio o nei coffee shop o nelle imprese private. Nossignori: le macchinette della famiglia Lavilla lo distribuivano, unitamente a snack e bevande, anche nelle scuole, in molti uffici pubblici e, secondo le dichiarazioni di un pentito a corrente alternata, anche nella Questura e nel Tribunale.
Il business del caffè stava talmente a cuore che per pubblicizzarlo nel volantino, una delle due società che propongono macchine per caffè in capsule in comodato d’uso a costo zero (si pagano solo le cialde), ha usato centinaia di chicchi di caffè che disegnano un cuore sovrastato dallo slogan: “Lasciati conquistare dall’aroma”.
Procura, Tribunale e Gdf non si sono fatti conquistare.
1 – to be continued