Chi segue, da anni, ciò che scrivo, sa che ho sempre sostenuto che la raffinata regia dell’evoluzione mafiosa – in Calabria come in Sicilia, a Roma come a Milano – alberga all’ombra di logge massoniche deviate (vale a dire che si pongono fuori da un’obbedienza massonica) e/o coperte ma al tempo stesso deviate.
Anzi: queste ultime sono copertissime. In quelle logge (ma chiamatele pure come volete) entrano ed escono indifferentemente ufficiali di collegamento tra i mondi mafiosi (Stato deviato, professionisti e media al soldo, politica allevata a santini e vangelo, imprenditoria e finanza parassita, senza dimenticare uno spruzzo di Chiesa eterodossa) e pascola, spesso indisturbato e impunito, un manipolo di “riservati”, il cui compito è quello di governare il sistema criminale evoluto ed assicurare il raccordo con altre logge altrettanto deviate e/o altrettanto coperte.
La palestra – da anni – di questo sistema nazionale è la Calabria.
La lettura dell’ordinanza che fa seguito all’operazione Kyterion 2 della Dda di Catanzaro – procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, pm Domenico Guarascio e Vincenzo Capomolla – sembra rappresentare plasticamente (e una volta in più, seppur in attesa di giudizio) questo circuito mortale per la democrazia. L’operazione è la prosecuzione di quella che il 28 gennaio 2015 portò al fermo di 38 soggetti, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno, omicidio, ricettazione, estorsioni, usura, rapina e reati di armi. Le indagini sono state svolte dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Crotone e da quello del Comando provinciale di Catanzaro,
Al di là dei nomi quel che conta è la fotografia che immortala scene di un matrimonio (rectius: immondo mercimonio) che si consuma, secondo le odierne evidenze della magistratura catanzarese (sempre in attesa di giudizio definitivo). Basti leggere a pagina 354 laddove il Gip Domenico Commodoro scrive: «Uno degli aspetti più inquietanti che si trae dall’attività di intercettazione è l’investitura di Nicolino Grande Aracri a “Cavaliere” dell’ordine (…). Per questo motivo nelle conversazioni si riferisce a lui con l’appellativo di “fratellone”. Questo termine (“fratello”) connota chiaramente la natura del legame che esiste tra chi appartiene a questo tipo di “ordini cavallereschi” e, purtroppo, tra i “fratelli” vi sono anche persone che, come sembra emergere dalle intercettazioni, rivestono importanti ruoli nelle istituzioni. Chiaro è l’interesse, quindi, di importanti esponenti della ‘ndrangheta per avere questo tipo di relazione…».
Il procuratore aggiunto Bombardieri ha dichiarato: «Alla cosca servivano professionisti in grado di avvicinarla agli ambienti curiali, ai cavalierati di Malta e alle organizzazioni massoniche». Nel corso di una intercettazione, un indagato, spiega «come sia importante sedersi al tavolo della massoneria». Ad abundantiam, il 9 settembre 2012, gli investigatori registrano un’intercettazione ambientale a casa di Nicolino Grande Aracri (già condannato per mafia in via definitiva), nella quale non si parla solo di operazioni connesse alla circolazione di titoli finanziari di natura sospetta ma anche di aspetti relativi alla massoneria: al minuto 13.31.10 un’indagata pronuncia la parola «massone» ed «investitura del Grande Maestro». Bombardieri parla, come abbiamo letto, di cavalierati di Malta e su questo aspetto tornerò la prossima settimana (chiariamo subito che l’ordine sovrano di Malta non c’entra assolutamente nulla).
FRATELLI E FRATELLONI
La Procura di Catanzaro (rectius: i tre pm) sembra mettere sullo stesso piano cavalierati e associazioni massoniche e forse non sbaglia nella misura in cui vuol mettere in evidenza la riservatezza, la segretezza e la fratellanza occulta nell’unione di intenti, che unisce gli adepti indagati, anche se in vero, a fare differenza, sono proprio alcuni indagati, che sembrano aver ben chiaro il discrimine. Quando c’è da riferirsi a chi ha ricevuto in dote grembiule, compasso e cappuccio, si riferiscono – eccome – a «fratello massonico». Gli altri invece sono, guarda caso, «fratelloni», a partire, nelle parole intercettate di un indagato, dal boss Nicolino Grande Aracri. Verrebbe da riesumare “Franza o Spagna purchè se magna” ed è proprio questa – credo – l’interpretazione che ne danno i magistrati della Dda di Catanzaro: “fratelli” deviati o “fratelloni” che siano, gli indagati nell’ombra agiscono e nell’ombra prosperano a vantaggio proprio e della ‘ndrangheta.
Tralascio le tragicomiche avventure con le quali Nicolino Grande Aracri (detto “o professore” o “mani i gumma”) entra in possesso di una spada con i simboli dei “Cavalieri Templari” – che successivamente gli verrà sequestrata dalla polizia giudiziaria e della quale vuole rientrare in possesso – e vi invito a concentrarvi sul fatto che questa associazione era in grado di interloquire ad alti livelli non solo con la politica, le Istituzioni e le “para Istituzioni” ma anche con Monsignori e personalità varie del Vaticano, il tutto a favore, secondo la ricostruzione di investigatori e inquirenti, della cosca Grande Aracri che estende la sua influenza non solo alla provincia di Crotone e Catanzaro, ma su per li rami dà del tu ai Pelle (tanto per citare una famiglia a caso) e domina ampie porzioni dell’economia (e dunque della società) della provincia di Reggio Emilia, di Mantova, di Verona.
Ora, però, mi fermo, perché proseguo domani e anche la prossima settimana. Già, a questa operazione ed altri collegamenti, dedicherò infatti, più di un servizio su questo umile e umido blog.
1 – to be continued