Cari e amati lettori – smaltita la sbornia di antipasti, primi, secondi, contorni e dolci abbondantemente innaffiati da alcool che colpevolmente e miseramente annebbia financo le ragioni per cui si festeggia la natività cristiana di Nostro Signore – rientro a piedi uniti sulla vicenda che ha visto la denuncia da parte della società dilettantistica “Sporting Locri cantera” di minacce e intimidazioni nei confronti di alcuni dirigenti e familiari. Saprete che il loro sito è stato chiuso “per dignità” e che l’intenzione è quella di ritirarsi dal campionato di calcio a 5 femminile.
Purtroppo per l’associazione dilettantistica reggina e per noi tutti, sono scesi per primi in campo i politici calabresi che hanno fatto a gara (come sempre) per portare solidarietà e promesse di riunioni ordinarie e straordinarie di consigli comunali, provinciali, regionali, interpellanze parlamentari, su su per li rami fino alla preghiera di un diretto coinvolgimento dei servizi segreti israeliani e, forse, anche delle Guardie Svizzere. Sempre in attesa degli eroi di Star Wars.
Mi spiace per voi ma – disinteressandomi delle ennesime critiche che mi pioveranno addosso – non me la sento di unirmi al coro e guardare al dito (le presunte minacce alle quali penseranno gli investigatori e gli inquirenti) e preferisco andare oltre e puntare dritto alla luna, vale a dire alla ragione profonda per cui nella Locride il sonno delle menti deve avere la prevalenza sul risveglio delle coscienze, che l’ignoranza deve prevalere sulla conoscenza. In altre parole al fatto che la dittatura della cultura mafiosa – al pari della dittatura dell’Is – deve avere la meglio sulla democrazia fondata su principi e valori che (anche) lo sport esalta.
Sarà questa la mia riflessione: che piaccia o meno, che faccia arrabbiare o meno, che offenda o meno (per questo chiedo scusa ma vado avanti lo stesso più di prima, pur chiedendo venia).
Dunque, si diceva delle minacce e viene automatico pensare – in un territorio devastato dalle cosche – alla ‘ndrangheta. Ma – attenzione perché da qui (ri)partono il mio ragionamento e la mia riflessione – se ‘ndrangheta non fosse (ripeto: saranno le indagini a provare a dare risposta anche se personalmente faccio molta fatica a immaginare quale beneficio trarrebbero le cosche da questo can can) sarebbe ancora peggio.
Già perché peggio della ‘ndrangheta c’è la cultura mafiosa e la cultura mafiosa – che in quell’area ha enormi zone di sostegno diretto o indiretto e per indiretto intendo il criminale voltarsi dall’altra parte – vuole che in Calabria non esista il bello. O che – peggio che andar di notte – venga utilizzato a proprio uso e consumo.
Lo sport – al pari delle altre arti e della formazione – è bellezza e la cultura mafiosa si sconfigge anche con la bellezza dei valori e dei principi che lo sport trasmette. Che siano state le cosche o meno, a Locri, nella Locride, la bellezza dello sport disturba, dà fastidio, al pari della diversità di usi e costumi rispetto ad un regime che contempla (deve contemplare) solo paura, terrore, lavaggio dei cervelli e sottomissione (lo sport è il loro contrario, perché è gioia, concorrenza leale, spensieratezza, rivalità trasparente e riconoscimento del migliore).
Tant è che la gestione dello sport, soprattutto in Calabria, è appetita – oltre che dalla politica locale che investe moltissimo non per il suo sviluppo ma per il suo controllo – dalle stesse cosche che anche nel recente passato hanno messo le mani su società calcistiche (e non solo) per creare consenso e quell’alone di benevolenza, rispetto e passione di cui i miserandi e miserevoli quaquaraqua delle cosche amano circondarsi. Dunque – secondo le deviate menti degli uomini di ’ndrangheta – o lo sport è un veicolo diretto del potere marcio della cultura mafiosa oppure, semplicemente, non deve esistere.
Così come non deve esistere la cultura e l’arte al servizio della collettività (vi dice niente il fatto che una recentissima indagine della Dda di Reggio Calabria ipotizza che persino i lavori del Museo che ospita i Bronzi di Riace siano stati sottoposti a pizzo?). Nelle menti deviate delle cosche la cultura pagana si deve piegare alla cultura mafiosa.
Così come non deve esistere la formazione, che è bellezza e conoscenza. In altre parole la scuola è la sconfitta di quell’ignoranza di cui si alimentano le cosche e quella perversa catena criminale che governa la Calabria e che scambia i diritti per favori.
Più che la ‘ndrangheta (che ne è riflesso condizionato) può dunque la cultura ‘ndranghetistica che – e qui la sparerò per molti grossa ma me ne disinteresso – è in tutto e per tutto equiparabile alla mortale cultura dell’Is (o Isis), il gruppo terrorista islamista che semina terrore e morte non solo nei proprio territori ma in tutto il mondo.
Vi sembra esagerato vero? Liberi di crederlo ma – ahinoi – la matrice di intolleranza alla base del terrorismo di stampo islamico e del terrorismo di forgia mafiosa è la stessa identica.
Così come l’Is minaccia Israele (notizia di 48 ore fa) allo stesso modo la cultura mafiosa minaccia la Locride piuttosto che la provincia di Caserta o di Caltanissetta o Foggia.
Così come l’Is minaccia le coscienze in erba, così la cultura minaccia la quota parte di coscienze che non è ancora riuscita ad addormentare e addomesticare. Questo vale per la locride e per la Calabria (più che altrove, essendo lì la cultura mafiosa più forte e radicata nei nuclei familiari che altrove) e per ampie parti del sud.
Così come l’Is minaccia le rovine di Palmira in Siria, patrimonio dell’Unesco, così la cultura mafiosa minaccia o (peggio) in alcuni casi domina la gestione dell’arte in ampie parti del Sud.
Così come l’Is minaccia o colpisce le scuole nei propri confini o fuori (Los Angeles docet) così la cultura mafiosa intimidisce, addomestica o, peggio ancora, minaccia e colpisce le strutture e il corpo docente e questo è un’evidenza devastante e drammatica che la politica parolaia locale e nazionale sottovalutano (a questo tema dedicai mesi fa, un’inchiesta sul Sole-24 Ore).
Così come i soldati del Califfo avrebbero dovuto profanare e violentare il tempio parigino del calcio (sport che, appunto, fa parte della cultura francese e occidentale) e così come l’Is piega i valori dello sport alle proprie follie falsamente religiose, propagandistiche e razziste (due tredicenni soni stati recentemente decapitati perché seguivano una partita di calcio ma episodi come questi se ne potrebbero raccontare all’infinito), così la cultura mafiosa attacca l’indipendenza nello sport (a partire da quello dilettantistico che ha per quella cultura il grave torto di incidere e formare coscienze in erba) e prova a inoculare direttamente il proprio veleno.
Così come l’Is attacca il cuore della democrazia (gli Stati sovrani) e le altre religioni (che nel deteriore senso della parola intrepreta come credo e dunque chi esercita è miscredente) così la cultura mafiosa che sempre più invade la Calabria e l’Italia intera, attacca il cuore della democrazia (i Servitori fedeli) e i suoi organi vitali: cultura, sport, formazione, politica.
Tanto l’uno (il terrorismo islamico) quanto l’altro (il terrorismo della cultura mafiosa) puntano alla radicalizzazione del male sul bene.
Per questo nella Locride (e in ampie parti del Paese) siamo ad uno scontro di civiltà tra un’identità culturale che ingloba per dna bellezza, etica, valori e principi di democrazia ed un’identità culturale mafiosa (che conta ahimè su ampi supporti diretti e indiretti) che incarna per genia solo una cosa: la morte di tutto ciò che non la rappresenta.
r.galullo@ilsole24ore.com