Ho sempre pensato (ergo: scritto) che Luigi De Magistris* con la sua indagine Why Not avesse capito tutto. Il sistema marcio che sconquassa la Calabria (ergo: l’Italia) emergeva in tutto il suo fetore nell’indagine che (parallelamente all’altra Poseidon) aveva condotto.
Ho sempre pensato (ergo: scritto) che Luigi De Magistris avesse, però, sbagliato metodo e ceduto in tentazione. Non a caso, riconoscendogli onestà, serietà e un’avviata capacità professionale che peccava però di esperienza e guide, l’ho definito Giginiello o sciantoso. Con la sua furiosa pesca a strascico – pesci piccoli insieme agli squali bianchi – e al netto degli errori commessi in sede investigativa, nella formulazione di alcuni capi d’accusa e nel coinvolgimento di taluni, non poteva non sapere che i denti aguzzi degli squali bianchi (Carcharodon carcharias) avrebbero squarciato una rete della giustizia che solo lui tirava.
Gli altri infatti (a partire da molti suoi colleghi che hanno sempre fatto di tutto per delegittimarlo) nella migliore delle ipotesi gli dicevano: vai avanti tu, che a noi ce viè da ride.
Gli altri infatti (a partire dar valoroso popolo antimafia che in Calabria conta quanto il due di bastoni quando regna spade) se la cavavano con un sostegno di quattro girotondi e due ave Maria intorno al Palazzo di giustizia di Catanzaro.
Gli altri infatti (a partire dalla politica brava ad abbaiare con i deboli e a mugolare con i forti) avevano capito che tra le maglie di quell’indagine emergeva in tutto il suo potere devastante la forza di logge massoniche deviate e coperte che governavano (e governano) non solo l’Italia.
Squarciata la rete, gli squali si sono pappati lui, la sua indagine e quattro sgallettati dell’antimafia parolaia in girotondo, privando l’Italia di un processo che avrebbe potuto sortire ben altra sorte rispetto a quella che ha avuto. Un processo che – a distanza di tanti anni dal tentativo fallito di Agostino Cordova di far emergere i grembiuli sporchi – non poteva e non doveva dunque essere celebrato nel mondo in cui Giginiello se l’era immaginato e che, grazie ad una certa stampa sempre prona (ancora oggi) al potere, per la gran parte si è svolto sulle pagine dei giornali e sui siti web, con De Magistris paradossalmente imputato anziché pubblica accusa.
I motivi di attualità: i soliti noti
Quanto vi sto scrivendo è di un’attualità pazzesca perché alcune indagini anche recentissime stanno portando alla luce il potere devastante che certi soggetti già ampiamente descritti e indagati da Giginiello o sciantoso continuano impunemente a esercitare nella politica, nell’economia e nella finanza italiana (ergo: nella vita democratica italiana). A scorrere l’elenco è impressionante: sono sempre loro che ricicciano impuniti e protetti. De Magistris lo aveva capito ma – a mio fallibile giudizio – ha sbagliato metodo investigativo e ha pensato che quattro peones della cosiddetta società civile potessero compensare l’isolamento che, tra una loggia deviata e l’altra, gli era stato orchestrato intorno. Insomma, era un magistrato con il vuoto intorno.
I motivi di attualità: l’assoluzione in appello
Quanto vi sto scrivendo è, ancora, di un’attualità pazzesca perché il 21 ottobre la terza Corte di appello di Roma ha assolto De Magistris e il consulente Gioacchino Genchi dall’accusa di abuso d’ufficio – con la formula perché il fatto non costituisce reato – in relazione alla vicenda dell’acquisizione di tabulati telefoni di alcuni politici. In primo grado De Magistris e Genchi erano stati condannati ad un anno e 3 mesi per abuso d’ufficio. Le accuse facevano riferimento al 2006, epoca in cui l’ex pm della Dda di Catanzaro aveva acquisito i tabulati telefonici (attenzione: non le telefonate e dunque nulla di intercettato c’era, ma solo la traccia dello scambio di telefonate dei contatti, che è cosa profondamente e radicalmente diversa dalle intercettazioni), tra i parlamentari Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti, Antonio Gentile, Sandro Gozi, Giuseppe Pisanu e Giancarlo Pittelli. A conclusione della requisitoria, il pg Pietro Catalani aveva chiesto alla corte presieduta da Ernesto Mineo, l’assoluzione dei due imputati per gli episodi relativi a Pisanu e Pittelli e la dichiarazione di prescrizione per gli altri sei. Massimo Ciardullo, avvocato di De Magistris, ha sintetizzato così: «In primo grado era stato condannato un pm che nell’esercizio della sua funzione aveva cercato di perseguire il primario esercizio della giustizia, conducendo una indagine legittima».
I motivi di attualità: la conclusione di Why Not
Quanto vi sto scrivendo è, ancora, di un’attualità pazzesca perché il 22 giugno la Corte d’appello di Catanzaro, nell’indifferenza generale, a partire da quella dei media sapientemente ammaestrati negli anni a distruggere Giginiello “a prescindere”, ha condannato per associazione a delinquere Antonio Saladino (due anni e quattro mesi), Giuseppe Lillo (un anno e otto mesi, pena sospesa) e Antonio La Chimia (un anno, pena sospesa).
La Corte di appello si è espressa dopo che, nell’ottobre 2013, la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna per associazione a delinquere per Saladino, imprenditore ed ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria, Lillo e La Chimia.
La Corte di Cassazione assolse dall’accusa di abuso d’ufficio gli ex presidenti della Regione Calabria Agazio Loiero e Giuseppe Chiaravalloti. Per Saladino e Lillo, condannati in appello rispettivamente a tre anni e 10 mesi e a due anni, numerosi capi d’imputazione vennero dichiarati estinti. Non l’associazione a delinquere, però, per la quale gli “ermellini” decretarono l’annullamento con rinvio a un processo d’appello bis.
I motivi di attualità: le motivazioni dell’appello
Il 22 giugno, dunque, la nuova sentenza – l’accusa era rappresentata dal sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla – che ha condannato i tre imputati e le cui motivazioni, ed ecco dunque un altro motivo di attualità pazzesca, sono state depositate il 14 ottobre (anche qui con l’assordante silenzio della gran parte dei media).
Alle motivazioni dedicherò un articolo su questo umile e umido blog domani e dunque chiudo le odierne riflessioni ricordando che, subito dopo l’assoluzione, De Magistris ha dichiarato: «Qualcuno in Parlamento mi auguro voglia istituire una commissione sul perché mi è stata tolta l’indagine».
Noto – con piacere – che le ferite prodotte dai morsi degli squali lo hanno ferito ma non privato della forza di combattere.
Noto – con dispiacere – che le lezioni del passato non gli sono servite: credere che gli squali che ancora oggi dominano la vita democratica di questo Paese (rectius: quel che ne resta) permettano l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta e pensare che, qualora mai venisse istituita, giunga a conclusioni pro-De Magistris, equivale a pensare che questa politica sia in grado davvero di fare Politica.
Purtroppo l’ennesima utopia di Luigi De Magistris.
A domani con un servizio sulle motivazioni di Why Not.
r.galullo@ilsole24ore.com
* Luigi, querelare Giletti…Ma dai! Un Servitore dello Stato, ex pm e sindaco di una delle città più importanti al mondo ha ben altri strumenti, ribalte mediatiche e motivi da spendere (se ne ha) per rispondere alle critiche dei media. L’informazione è democrazia e ogni volta che un’Istituzione cerca di spegnerla in un Aula di Tribunale è una sconfitta per la stessa democrazia
1 – to be continued