Cari amici di blog dalla scorsa settimana sto riportando quanto è accaduto nell’incontro organizzato il 6 maggio a Reggio Calabria dall’associazione Riferimenti-Gerbera Gialla e al quale hanno partecipato i sostituti procuratori delle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro Giuseppe Lombardo e Pierpaolo Bruni.
Rimando ai link a fondo pagina per quanto scritto la scorsa settimana e ieri.
Oggi concludiamo con un presagio: la morte dei maxi processi. Leggete cosa ha dichiarato Lombardo nel corso dell’incontro: «Ho la sensazione che il nostro ambito di intervento sia destinato a restringersi sempre più, che sia finita la stagione dei maxi processi (che avevano una enorme funzione non solo giudiziaria ma anche sociale, per la capacità di rendere evidente agli occhi dell’opinione pubblica l’ampiezza del fenomeno mafioso, le sue ramificazioni sconosciute e non solo la sua forza militare, le sue estensioni operative, spesso riservate), che la nostra opera di conoscenza sarà sempre più limitata e, quindi, la stessa capacità del processo di raccontare con ampiezza ogni risvolto di pubblico interesse sarà impedito».
Tutto ciò si sposa anche con la “ratio” del provvedimento che ridisegna le norme che disciplinano la custodia cautelare (aprile 2015). «Soprattutto, non capisco – ha proseguito Lombardo – per quale ragione si tende sempre, e comunque, a trovare soluzioni che sono caratterizzate da un garantismo solo di facciata, ma che nell’applicazione pratica impediscono di fatto ai giudici di amministrare giustizia, comprimendo in modo eccessivo (visti i carichi di lavoro presenti a Reggio Calabria ed in molte altre sedi) ancora una volta la fisiologia dei tempi necessari a valutare e ponderare ogni decisione».
Pochi giorni dopo, anche se in maniera molto più istituzionale, sul tema è intervenuto anche Federico Cafiero De Raho, capo della procura di Reggio Calabria. Ecco il take dell’agenzia “Il Velino” del 26 maggio: «”C’è fondamentalmente una sorta di divaricazione nell’ambito del contrasto alla criminalità. Da un lato un aggravamento, una spinta a sanzionare sempre duramente certe fattispecie, dall’altra una sorta di ridimensionamento di quello che è stato fatto fino ad ora”. Lo ha dichiarato il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, intervenendo alla conferenza stampa convocata per relazionare sugli esiti dell’operazione “Bacinella 2”, scaturita dall’indagine che ha svelato il colossale giro di usura gestito dal clan Commisso a Siderno e nelle zone limitrofe, intervenendo su recenti riforme in materia di giustizia, quali quella relativa all’attualità delle esigenze cautelari. “Le due spinte vanno conciliate dal giudice perché è fondamentale che il giudice abbia un’interpretazione dei fatti legata e aderente al territorio in cui sta”. Un lavoro che a detta del procuratore Cafiero De Raho non sarà inficiato dall’introduzione della norma che prevede la responsabilità civile dei giudici: “Anche questo, in qualche modo, è un elemento che può incidere ma non credo che il giudice possa farsi intimorire dalle conseguenze del proprio reato. Se pensa di poter essere condizionato da questo, è evidente che ha difficoltà a svolgere la propria attività”».
Di enorme peso morale e sociale le riflessioni finali di Lombardo di fronte a quella sala desolatamente vuota nell’incontro organizzato da Riferimenti-Gerbera Gialla: «… i magistrati hanno il dovere, nel loro impegno quotidiano, di acquisire elementi di conoscenza che siano in grado di fornire le risposte che i cittadini hanno il diritto di avere.
I magistrati devono ricercare ed essere capaci di fornire le chiavi di lettura necessarie a decifrare la storia criminale di chi insulta il concetto di Stato, devono essere messi in grado di aiutare l’analisi critica di radicati fenomeni sistemici, per contribuire da operatori qualificati all’utilizzo degli strumenti democratici di scelta consapevole, anche delle rappresentanze politiche.
Per far tornare al centro del sistema Italia i cittadini ed il rispetto della legge.
Il mio lavoro di ricerca non serve solo al giudice che sarà chiamato a decidere se un imputato è colpevole o innocente, serve soprattutto al soggetto giuridico nel nome del quale quella sentenza verrà emessa: il Popolo italiano.
È il mio lavoro di ricerca l’antefatto indispensabile del complessivo percorso sociale e democratico garantito dal processo.
Non è normale ascoltare critiche aprioristiche e subire limitazioni che non hanno alcun fondamento normativo, alcuna spiegazione logica, che servono solo ad agevolare chi ha interesse a veicolare informazioni distorte e verità incomplete, che allontanano sempre di più il raggiungimento di quella consapevolezza diffusa che genera percorsi virtuosi di crescita morale e sociale, quale vero strumento di contrasto alle mafie ed alla loro cultura eversiva.
Abbiamo tutti bisogno di acquisire una consapevolezza nuova e stabile, in grado di spezzare quei perversi meccanismi di potere che si alimentano di notizie false, strumentali al mantenimento di percorsi informativi che servono solo a far credere che la ‘ndrangheta, e le mafie in genere, siano bande di criminali, senza menti raffinate ed evolute, che solo occasionalmente e senza programmi strutturati si servono di soggetti riservati o entrano in contatto con entità esterne, per singoli affari o limitati periodi.
Diceva bene Paolo Borsellino che senza le loro capacità relazionali (più o meno stabili, più o meno occulte) le mafie sarebbero solo bande di criminali senza futuro (lo diceva pochi giorni prima di morire, nel luglio 1992): diceva altrettanto bene che “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”.
Lo Stato in cui credo io non stipula accordi con i sistemi criminali di tipo mafioso, mai e per nessuna ragione, quei sistemi li combatte, fino in fondo e senza paura.
Il nostro compito di magistrati è questo, consapevoli che il nostro lavoro è e deve essere sottoposto al giudizio pubblico non solo per fornire all’imputato le indispensabili garanzie che merita ma anche per garantire ai danneggiati (noi tutti) di accedere alle informazioni essenziali per capire da che parte stare, a chi ispirarsi, a quali modelli positivi accedere, a quali verità credere, sulla base di un percorso personale di conoscenza non condizionato dalle idee o dalle opinioni altrui, spesso veicolate in modo interessato o con mal celata violenza.
Ho ancora la speranza che tutto questo sia possibile, che questo Stato abbia un futuro fatto di passaggi trasparenti in cui ognuno di noi è giudicato per quello che ha fatto, per quello che fa e per quello che sarà in grado di fare, nel rigoroso rispetto della legge e dei principi costituzionali.
Anche se la strada da percorrere è ancora lunga, mi guida la certezza che chi ha la pretesa di sottrarsi al giudizio collettivo, che si fonda anche sugli strumenti di conoscenza che noi magistrati saremo stati in grado di fornire, non è e non sarà un mio compagno di viaggio».
4 – the end (per le precedenti puntate si leggano
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IL PIANO DELL’OPERA
1“) Cose di Cosa Nostra” – Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani – 14 maggio
2) “Liberi tutti – Lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia” di Pietro Grasso – 21 maggio
3) Finanza criminale – Soldi, investimenti e mercati delle mafie e della criminalità in Italia e all’estero – di Roberto Galullo – 28 maggio
4) Un eroe borghese” di Corrado Stajano – 4 giugno
5)“A testa alta – Storia di un eroe solitario” di Bianca Stancanelli – 11 giugno
6)“Le parole di una vita – Gli scritti giornalistici” – Giancarlo Siani – 18 giugno
7)“Il caso Valarioti” – Rosarno 1980: così la ‘ndrangheta uccise un politico (onesto)” di Danilo Chirico e Alessio Magro con interventi di Giorgio Bocca, Enrico Fontana e Giuseppe Smorto – 25 giugno
8)“Chi comanda Milano” di Alessia Candito – 2 luglio
9)“La mafia fa schifo – Lettere di ragazzi da un Paese che non si rassegna” di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso – 9 luglio
10) Ho ucciso Giovanni Falcone – La confessione di Giovanni Brusca” – di Saverio Lodato – 16 luglio
11)“Il giudice ragazzino” di Nando Dalla Chiesa – 23 luglio
12) “Peppino Impastato – Una vita contro la mafia” – di Salvo Vitale – 30 agosto
13)“Libero – L’imprenditore che non si piegò al pizzo” di Chiara Caprì con Pina Maisano Grassi –6 agosto
14)“Maledetta mafia – Io, donna, testimone di giustizia con Paolo Borsellino” – di Piera Aiello e Umberto Lucentini – 13 agosto
15) “Anime nere” – Gioacchino Criaco – 20 agosto
16) “La peste – La mia battaglia contro i rifiuti della politica italiana” di Tommaso Sodano e Nello Trocchia 27 agosto
17) “Delitto imperfetto – Il generale, la mafia, la società italiana” – di Nando Dalla Chiesa – 3 settembre
18) “Nomi, cognomi e infami” di Giulio Cavalli con prefazione di Giancarlo Caselli – 10 settembre
19) “C’erano bei cani ma molto seri – Storia di mio fratello Giovanni ucciso per aver scritto troppo” – di Alberto Spampinato – 17 settembre
20) “Senza padrini – Resistere alle mafie fa guadagnare” di Filippo Astone – 24 settembre
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