Il 16 dicembre 2014 in Commissione parlamentare antimafia è andata in onda un’interessantissima audizione del capo della Procura della Repubblica di Napoli Giovanni Colangelo e dell’aggiunto Giuseppe Borrelli.
Un’audizione servita, per lo più, a ricostruire il volto della nuova camorra campana negli ultimi 15/20 anni che poi, dal punto di vista della potenza economica, altro non sarebbe che quella casalese. Ieri come oggi.
A questa interessantissima audizione ho deciso di dedicare una serie di post, cominciando da quello di martedì nel quale ho dato conto della veste imprenditorial/politica dei casalesi soprattutto attraverso il racconto del boss pentito Antonio Iovine.
Poi ho proseguito sulla falsa riga attraverso la riflessione del capo della Procura Colangelo sulla “catena corruttiva” della camorra che mette da parte la violenza (per quanto possibile) e punta sulle “buone maniere” imprenditorial/politiche che sovvertono l’ordine democratico (rimando, con i link a fondo pagina, ai servizi) e poi ho dato conto della forza economica del gruppo.
Oggi, invece, andiamo a vedere come deve essere intesa l’”unità” dei casalesi, concetto di gran lunga diverso rispetto alla unitarietà della ‘ndrangheta calabrese, santificata da sentenza ma di gran lunga opinabile nei ragionamenti intorno al vertice del sistema criminale reggino (almeno questa, fin che è lecito, è la mia opinione).
Ciò detto, il procuratore aggiunto Borrelli ricostruisce la sostanziale fine del clan dei casalesi nel 2007 in relazione a un contrasto insorto tra lui il boss Antonio Iovine e Michele Zagaria, per il quale ebbe motivi di risentimento.
Al 2007, quindi, Iovine colloca l’ultima riunione della cupola dei casalesi. Da questo momento in poi, l’organizzazione dei casalesi procederà scissa: da un lato, continuerà a esserci Bidognetti con i suoi affari; dall’altro, rimarrà Zagaria e manterranno un contatto Iovine e la famiglia Schiavone, che non a caso, poco prima della cattura di Iovine, addirittura ipotizzerà di uccidere Michele Zagaria. Un’altra cosa significativa delle dichiarazioni di Iovine, altrimenti non è possibile capire bene quella che è stata l’organizzazione del gruppo dei casalesi – ricorda Borrelli – è quella di stabilire in che senso il clan poteva considerarsi effettivamente come unitario. In una dichiarazione molto significativa, Iovine sostanzialmente dice che intanto esisteva un clan in quanto esisteva una cassa, cioè l’unitarietà del clan coincideva con l’unitarietà della cassa. Quest’ultima viene meno per effetto dell’uscita dal gruppo della famiglia Bidognetti, con la sola eccezione dei fondi destinati al pagamento degli stipendi per il 41-bis, tratti esclusivamente dal controllo del clan sul gioco d’azzardo elettronico. L’unico momento unitario che residua, quindi, già negli anni duemila del clan riguarda la gestione del gioco d’azzardo elettronico, che assume, nell’economia dell’organizzazione una dinamica ovviamente molto importante.
Bene, ora ci fermiamo ma per la prossima settimana l’appuntamento è con il legame oscuro tra casalesi e servizi segreti.
4 – to be continued (per le precedenti puntate si leggano