Qualcuno di voi lo saprà per averlo letto. La maggior parte non lo avrà letto. Fatto sta che vale la pena ricordare che il 7 ottobre il Tribunale di Imperia (giudici Paolo Luppi, Anna Bonsignorio e Massimiliano Botti) ha decretato che nell’estremo ponente ligure la ‘ndrangheta esiste.
Esiste in primo grado. Ma esiste.
La sentenza ha «scritto un pezzo di storia anche se la strada è ancora lunga. Sono state riconosciute due associazioni di stampo mafioso: una che faceva capo a Ventimiglia e un’altra riconducibile a un gruppo di “autonomi” di Bordighera» ha detto il pm distrettuale antimafia Giovanni Arena che ha condotto la pubblica accusa senza guardare in faccia a nessuno.
Si dirà: si attendeva la sentenza di un giudice per decretarne l’esistenza? Per come vanno le cose in Italia – la verità storica contemporanea non coincide mai con quella giudiziaria – sì. Per chi da quelle parti ci vive o chi le racconta, ovviamente no. Tanto per dirne una, Confindustria Imperia sono anni che accende i riflettori. Tanto per dirne un’altra Libera lo ripete un giorno si e un giorno pure. Tanto per dirne un’altra ancora associazione come la Casa della legalità ne hanno fatto una ragione di vita.
Fatto sta, ripeto, che un manipolo di loschi figuri è stato condannato per 416 bis. Il giudizio era atteso da 39 persone. Fra gli altri, dal presunto boss Giuseppe Marcianò (condannato a 16 anni di carcere), oltre ai politici e dirigenti Gaetano Scullino e Marco Prestileo, rispettivamente ex sindaco ed ex direttore generale del Comune di Ventimiglia (poi sciolto per mafia), entrambi accusati di concorso esterno ma i due sono stati assolti «perché il fatto non costituisce reato».
Ne prendiamo atto. Così come prendiamo atto che, non a caso, il processo imbastito dal pm della Dda Giovanni Arena (spesso e volentieri minacciato di morte) si chiama “La svolta”. Nomen omen.
Oggi, sul mio blog, vi volevo raccontare questo ma – per chi volesse avere un’idea di cosa è oggi il ponente ligure, sempre più simile ad una succursale marcia di Reggio Calabria – ancor più vi volevo raccontare cosa è successo nel momento in cui i giudici hanno terminato di leggere condanne e assoluzioni (complessivamente oltre due secoli di pene inflitte). Si veda anche http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2014/10/07/ARGoIaBC-ndrangheta_anni_liguria.shtml
TUTTI NEL MIRINO
Chiamarli oltraggi alla Corte è un eufemismo. Giudici, il pm Giovanni Arena, i collaboratori di giustizia Francesco Oliverio e Gianni Cretarola e il presidente della Casa della legalità, Christian Abbondanza sono stati oggetto di simpaticissime attenzioni verbali che, se non ci fossero state costrizioni, chissà. Sarebbero potute diventare fisiche. «Violenza verbale ed anche fisica, con il tentativo di aprire il gabbio e di lanci dal gabbio verso l’aula – si legge comunque nel comunicato stampa della Casa della legalità – . Particolarmente acceso il solito Marcianò Vincenzo classe 77, così come il Pellegrino Roberto, ma anche uno degli imputati a piede libero. I parenti degli ‘ndranghetisti condannati continuavano anche fuori dall’aula ad insultare e cercare di intimidire Abbondanza (anche lui vive sotto vigilanza da tempo, ndr) , che veniva anche seguito, nei corridoi, da un soggetto poi fermato da uno degli agenti presenti. Le illazioni e calunnie con cui gli imputati hanno tentato di screditare l’impianto accusatorio e le decisive e inequivocabili prove alla base dell’accusa – il cui impianto accusatorio è stato confermato alla sentenza con le condanne per 416bis – sono solo l’ennesimo insulto all’intelligenza e alla legalità e per questo vanno respinte totalmente.
Questo atteggiamento non rovina “la svolta” di questa sentenza e non impedirà di continuare, come si è fatto in questi anni, ad indicarli, denunciarli e colpirli, perché quello di oggi non è un traguardo ma un passo decisivo in avanti per schiacciarli definitivamente.
Condannati e parenti se ne facciano una ragione perché – come avevamo già detto rispondendo alle loro precedenti minacce – sono loro ad essere finiti (e nei prossimi giorni vedranno presentare dalla Casa della legalità una nuova denuncia per ingiurie, intimidazioni e minacce)».
ALZO ZERO
Non c’è dunque da meravigliarsi (anzi, da interrogarsi) se in una dettagliata lettera spedita il 9 ottobre al prefetto di Genova, che elenca la lunga, ulteriore serie di minacce e intimidazioni dal 12 settembre 2014 Christian Abbondanza chieda se la sola vigilanza possa essere sufficiente per la tutela della sua incolumità e pertanto chiede che venga valutata la possibilità di innalzamento, con urgenza, del livello di protezione al fine di tutelare anche e soprattutto gli spostamenti che si considerano il momento di maggior vulnerabilità.
Questo è il ponente ligure anno domini 2014. Ma non c’è da sorprendersi. In coda troverete una carrellata di miei servizi (una minima parte, ai quali vanno aggiunti quelli sul quotidiano, quanto scritto nei miei libri o raccontati nelle mie trasmissioni su Radio 24) nei quali da anni raccontavo quanto sta accadendo. Ricordando sempre che, quel che è stato fotografato giudiziariamente da questa sentenza in primo grado, è molto ma molto distante dalla realtà mafiosa che è ben peggiore di quanto appare in un’aula di Tribunale.
r.galullo@ilsole24ore.com
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