Province in mano alla ‘ndrangheta/ Crotone e Imperia pronte a esplodere nonostante gli impagabili pm Bruni e Cavallone

La periferia dell’impero della ‘ndrangheta è più violenta e affaristica delle sue capitali. E’ questa la lezione che arriva, negli ultimi giorni, da Crotone e da Imperia, due province che – sotto i riflettori spenti della politica – si sono da tempo abbandonate all’abbraccio mortale delle cosche e dei loro sporchi affari.

Se Crotone è intrisa di cultura mafiosa e fa dunque fatica a svegliarsi dal torpore, colpisce l’indolenza di Imperia dove, al centro di tutto, come sempre, ruota Sanremo.

Gli affari miliardari delle cosche girano sulla ruota del Casinò ed è proprio lì che puntano sempre e comunque le famiglie calabresi (tra le altre Ventri, Papalia, Sergi, Pellegrino, Iamundo) che da oltre 40 anni svernano in Liguria e ormai ne parlano persino il dialetto. Chi prova a stroncare questa strategia – fatta innanzitutto di profonde compiacenze politiche e innegabili passepartout nelle classi dirigenti – entra stabilmente nel mirino delle cosche. Le indagini sul Casinò non conoscono sosta.

L’11 gennaio sono stati arrestati due calabresi – apparentemente slegati da dinamiche criminali – che probabilmente stavano progettando un doppio attentato dimostrativo contro due ufficiali dell’Arma dei Carabinieri troppo solerti nelle indagini. C’è chi sussurra, però, che il vero obiettivo fosse il capo della Procura di Sanremo, Roberto Cavallone, che da quando si è insediato lotta senza sosta contro il radicamento in ogni ganglo economico e amministrativo delle famiglie di ‘ndrangheta. A partire proprio dalle mani protese verso il Casinò.

Imperia  - dove recentemente conducevano le tracce del superboss latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro – è una polveriera. Nei Comuni di Ventimiglia e Bordighera – un tempo mete di vacanza della ricca borghesia ligure, lombarda e piemontese e oggi sempre più invasi dalle truppe ingioiellate di russi – sono stati disposti gli accessi agli atti per sospette infiltrazioni della ‘ndrangheta.

Due giorni fa il prefetto di Imperia Francescopaolo Di Menna ha inviato al ministro dell’Interno Roberto Maroni la relazione finale su Bordighera mentre per Ventimiglia la verifica non è ancora terminata. Sono in molti, soprattutto tra le opposizioni del centrosinistra e associazioni che da tempo si battono contro le mafie come la Casa della legalità di Genova (www.casadellalegalita.org), a sospettare che tutto si risolverà in una bolla di sapone quando i dossier finiranno sul tavolo del Viminale. Si teme l’effetto Fondi (in provincia di Latina), anch’essa all’epoca governata dal centrodestra, che lo scorso anno fu “graziata” dallo scioglimento nonostante una durissima e circostanziata relazione del prefetto Bruno Frattasi che poi fu allontanato da Latina e “promosso” a Roma.

Imperia, periferia dell’impero della ‘ndrangheta calabrese ma anche di Cosa Nostra e del clan dei Casalesi, è viva e vegeta e persegue affari sporchi (veri o presunti) senza scrupoli. Il 20 gennaio il capo della Procura di Torino, Giancarlo Caselli, non senza imbarazzo, ha dovuto condurre l’interrogatorio di Gianfranco Boccalatte, 68 anni, da marzo 2009 presidente del Tribunale di Imperia, indagato per corruzione in atti giudiziari. Il suo autista è stato arrestato. Secondo l’accusa Boccalatte avrebbe agevolato alcuni affiliati alla ‘ndrangheta, detenuti, con permessi premio e concessioni di semilibertà in cambio di soldi e, forse, di donne. Pura coincidenza ma in molti vedevano Boccalatte proiettato verso la presidenza del Casinò di Sanremo. Lui smentisce tutto e proietta sulla regione la sua rettitudine.

La situazione è talmente esplosiva che Confindustria Imperia e il ministero dell’Interno hanno da mesi pronto per la firma un protocollo di legalità (il primo al Nord) che dovrebbe chiamare le imprese e le Istituzioni a un giro di vite verso chi delinque, corrompe e sgarra. La firma avrebbe dovuto essere apposta la mattina del 1° dicembre ma a poche ore dalla sigla il Viminale ha fatto sapere che non avrebbe potuto onorare l’appuntamento a causa di impegni improvvisi. Firma, dunque, rinviata sine die e pressing sul ministero di Confindustria Liguria che mai come ora tiene alta la guardia. Il presidente di Confindustria Liguria Sandro Cepollina, fino a pochi mesi fa a capo proprio della territoriale di Imperia, aprendo i lavori dell'assemblea confindustriale ligure il 25 ottobre 2010, aveva improntato la sua relazione programmatica proprio alla lotta senza se e senza ma alle mafie che così pesantemente inquinano la società, la finanza e l'economia regionale (come ho scritto sul Sole-24 Ore del 6 novembre 2010).

LA SITUAZIONE A CROTONE

Se Imperia è alle prese con la morsa delle cosche non da meno è la situazione di Crotone. Non è Reggio Calabria – dove il 20 gennaio la voce della cultura mafiosa si è fatta sentire ancora una volta con l’ennesima minaccia giunta al sindaco facente funzioni del capoluogo, Giuseppe Raffa – ma forse, per questo, è ancora più pericolosa.

Mentre mi accingevo a inserire questo post, sono stato raggiunto dalla notizia che sabato notte è stata incendiata l’automobile del sindaco di Crotone, Peppino vallone, del Pd. Chi è stato? Ignoti (che tali resteranno per sempre). Vale la pena ricordare che Vallone, alla scadenza del mandato, sta per ricandidarsi in occasione delle prossime amministrative di primavera.

Il sangue della ‘ndrangheta a Crotone e provincia scorre più veloce della sete di giustizia dello Stato.

Il 19 gennaio in pieno centro a Crotone sono stati freddati all’interno di un negozio i fratelli Alfredo e Giuseppe Grisi, di Cutro, già noti alle forze dell'ordine per vari reati tra cui droga, estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Avevano un’impresa edile a Verona.

Questo è il lato ancestrale del Dna della cultura che porta con se la violenza criminale. Quello in doppiopetto caratterizza invece le classi dirigenti che qui sono ampiamente colluse con le cosche. A partire dalla famiglia Vrenna di cui un esponete di rango, Pino, sta cominciando a parlare con la magistratura. Uno sgarro che non ammette altra risposta che la morte. E non potendo colpire lui – pochi giorni fa disconosciuto e tacciato di pazzia dai familiari con una lettera pubblica – le cosche hanno tentato, ancora una volta, di colpire a morte il pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, per lungo tempo a Crotone, che già nel 2006 e nel 2008 è stato a un passo dalla morte per vendetta delle cosche duramente colpite dalla sua incessante (e spesso ostacolata) attività di indagine. Bruni, agli occhi della criminalità, sarebbe colpevole di aver portato Pino Vrenna, 59 anni, sulla via del pentimento e per questo deve morire. Due giorni fa sono stati arrestate 12 persone anche per questo motivo, oltre che per reati di droga. Tra gli arrestati c’è Antonio Vrenna, figlio 31enne del presunto boss pentito Pino. Nel mirino del gruppo anche le attività economiche di tre nuovi pentiti di ‘ndrangheta, a dimostrazione di una strategia banale
ma chiarissima: chi parla va colpito.

Nella stessa operazione Hydra – a testimonianza estrema di quanto la criminalità e e la‘ndrangheta si presentino ormai con una doppia faccia, quella tribale e quella borghese – è indagato per voto di scambio anche l’assessore provinciale allo Sport Gianluca Marino. Quattro dei destinatari del provvedimento avrebbero appoggiato il candidato in occasione delle ultime elezioni amministrative in cambio di soldi (Marino non è stato eletto). Secondo quanto sottolineato dagli inquirenti, l’assessore non avrebbe avuto rapporti diretti con l'organizzazione criminale. L'indagine (che fa parte di un fascicolo a parte) riguarda la promessa di sostegno elettorale da parte di alcuni esponenti della cosca Vrenna (come emerso dalle intercettazioni) all'assessore, che, ribadiamo, non e' stato eletto consigliere provinciale ma è stato nominato direttamente dal presidente della Provincia Stanislao Zurlo che ieri, sabato 22 gennaio, in una breve nota ha dichiarato: ''Sono certo che l'assessore Marino dimostrerà, nelle sedi opportune, la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati”.

L’operazione Hydra – che nella mitologia greca era un mostro a più teste che se venivano tagliate ricrescevano, proprio come la forza della ‘ndrangheta che se viene colpita si ricostituisce sempre – il meglio di sé, probabilmente, deve ancora darlo.

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

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  • pasquale montilla |

    L’affare Bruni presumo sia una questione seria per le cosche calabresi specialmente quando un magistrato con logica giudiziaria serrata prova a disarticolare senza compromessi gli affari tra politici imprenditori del vento e mafiosi lasciati crescere nel territorio dell’impunita’.
    Sono convinto che questa volta non sara’tollerata alcuna violenza gratuita mafiosa.
    dr.Paquale Montilla

  • Giuseppe |

    Complimenti per la prontezza e la lucidità dell’articolo.
    Inoltre, in quanto calabrese, ringrazio il dott. Galullo per quello che fa: la Calabria ha bisogno di giornalisti seri e liberi che parlino del problema ‘ndrangheta.
    Ancora grazie!
    Giuseppe Ferraro

  • galullo |

    Caro Giulio premessa: compagno ci sarà lei e tutti quelli del condominio suo.
    Secondo: Giulio chi? Giulio Cesare? Non credo, lui aveva il coraggio delle sue azioni, lei si nasconde dietro l’anonimato per sputare sentenze. Facile no? Perché non ci mette anche il cognome? Ha paura? Ma come! Sarà mica per il fatto che la cosca Arena vi controlla anche l’aria che respirate? No, lei è troppo coraggioso, sarà una dimenticanza.
    Se prima di scrivere si informasse saprebbe che a Isola di Capo Rizzuto ho dedicato fior di articoli (reperibili nell’archivio del blog) oltre che fior di puntate della mia trasmissione radiofonica (anch’esse reperibili in archivio di Radio 24).
    Quanto agli attentati in Calabria sono sempre da interpretare e, francamente, dell’interpretazione non me ne frega una beata fava. Io guardo ai fatti e i fatti sono che Crotone è una provincia in mano alle cosche: da Crotone a Isola di Capo Rizzuto.
    Arrisentirci
    Roberto

  • giulio |

    da bravo compagno vedo che non hai detto niente del comune di isola di capo rizzuto, in mano totalmente ai colletti bianchi della ndrangheta e già il sindaco e di sinistra, una cosa giusta l’hai detto vallone è alla fine del mandato, be a te non sembra strano che gli brucino la macchina, a tre mesi dalle elzioni, mah

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