Sedici pagine per spiegare che a San Marino la mafia c’è e neppure un rigo per capire che bisogna cercarla nella finanza: nelle banche e nelle finanziarie. Non si vuole generalizzare ma accanto a chi è rigoroso c’è sempre chi chiude un occhio. Anzi due. A San Marino banche e finanziarie hanno proliferato come funghi negli anni e qualcuna è stata travolta, pure recentemente, da scandali e continue segnalazioni anche alla Direzione nazionale antimafia (da parte, ad esempio, della Procura di Forlì).
E dire che quelle 16 pagine – farina del sacco del Segretario di Stato alla Giustizia Augusto Casali, presentate ad aprile al Consiglio grande generale e che saranno il primo atto, magari rivisto e arricchito, da consegnare alla futura Commissione sammarinese antimafia – forse involontariamente il bandolo della matassa l’avevano trovato. Nel secondo capoverso si legge infatti che “…la figura del mafioso oggi non usa più la coppola e la lupara ma è divenuta la mafia dei colletti bianchi, penetranti nell’economia delle varie realtà, soci nelle aziende e spesso detentori dei pacchetti di maggioranza”.
Corretta e apprezzabile la visione di Casali, ma monca di ogni riferimento al braccio armato dell’economia, vale a dire quella finanza sporca che (in Italia come a San Marino, Singapore, Londra o New York) riceve o dispensa risorse. In altre parole mantiene, investe o ricicla.
E dire che a pagina 2 Casali c’era andato nuovamente vicino, facendo riferimento alla relazione del Governatore di Bankitalia Mario Draghi, quando scrive che “…non era pensabile che la Repubblica di San Marino fosse saltata a piè pari e fosse indenne da questa calamità che oggi, nell’era della globalizzazione ha assunto connotati internazionali”. Nell’era delle globalizzazione con un clic le transazioni finanziarie di capitali sporchi viaggiano alla velocità della luce ma lasciano tracce sempre e comunque. Solo che le si voglia cercare quelle tracce. E prevenirle. E combatterle.
LA PREVENZIONE
Non è mancata comunque l’autocritica nel testo-bozza predisposto da Casali che ha presentato queste 16 pagine facendo talvolta riferimento alla famosa opera omnia sulla mafia a San Marino della dirigente del Tribunale Valeria Pierfelici che, però, deve essere ben poca cosa se i rimandi appaiono più struggenti e dovuti che convinti. Non si può infatti credere che possano rimanere nella storia patria della Repubblica del Titano frasi della relazione-Pierfelici come: “…si deve avere ben chiaro che l’obiettivo è quello di evitare la criminalizzazione del Paese e della società civile che, al contrario, è bene attenta ad evidenziare anomalie ed è attiva nel reagire ai soprusi e alle illegalità. Dall’analisi che è stata svolta emerge che il sistema, unitamente ad alcuni personaggi locali senza scrupoli che hanno di mira solo il conseguimento dell’arricchimento personale, ha permesso il suo utilizzo strumentale ad interessi di soggetti estranei ma ben radicati nel contesto geografico limitrofo, che persistono nella difesa di interessi ormai superati”.
A parte l’uso complesso della lingua italiana (forse era meglio usare il dialetto), non sono così convinto che la segnalazione di soprusi e la reazione alle illegalità sia uno sport molto praticato a San Marino. Ma sia ben chiaro: sempre più che in Italia!
Tornando però a Casali, ha onestamente ammesso che la sottovalutazione del fenomeno negli anni Novanta ha lasciato strascichi profondi e sono così venute alla luce “lacune gravissime: ingenuità,leggerezze, scarsa professionalità e soprattutto inefficienze dovute in larga parte a scelte di metodo. Si è voluto o comunque così è stato il controllo leggero negli anni, sotto la giurisdizione di diversi governi e amministrazioni che si sono avvicendate a San Marino…”.
Più forte ancora – va riconosciuto – l’affondo a pagina 5. “Un siffatto stato di cose – ha detto infatti Casali – ha aperto la strada ad abusi sempre più frequenti e di certo negli ultimi 10 anni, al radicarsi di connivenze sempre più marcate che hanno dato spazio, a fianco dell’imprenditoria sana che ha sempre operato nella legalità e nella normalità, ad un’imprenditoria di infimo ordine, parassitaria, del tutto marginale ma molto agguerrita, contornata da professionisti compiacenti, mediatori e profittatori, spesso connivente con organizzazioni criminose straniere, devastanti per l’immagine della Repubblica”.
Bene bravo bis. Possiamo dunque aspettarci che le sedute segrete sulle nefandezze pubbliche vengano cancellate sul Titano (non credo che esistano in nessun Parlamento democratico del mondo) in nome di quella trasparenza che Casali retrodata al 2008 (molti non se ne sono accorti ma questo è un altro problema e per il momento vanno premiati gli sforzi e le sane autocritiche).
I SETTORI A RISCHIO
Al netto del credito e della finanza che evidentemente (come in Italia e in tutto il mondo) sono extravergini e scevre da tentazioni illegali, i segmenti più a rischio di riciclaggio sono per Casali l’edilizia, le frodi carosello, il noleggio della auto, il traffico di droga, gli investimenti in negozi.
E qui, ancora una volta rispettabilmente, Casali riconosce che San Marino non è pronta, anzi è “palesemente impreparata a contrastare sul piano pratico il fenomeno della criminalità organizzata che dal canto suo mette in essere comportamenti sempre più sofisticati. Mancano uomini e mezzi sicuramente tutti gli organismi chiamati in causa lo hanno denunciato ma soprattutto emerge che mancano preparazione e specializzazione, adeguate professionalità nei vari campi di contrasto, in particolare da parte dei Corpi di polizia…”.
Torna utile riportare cosa scrive il dirigente del Tribunale Valeria Pierfelici nella sua relazione: “La Gendarmeria ha dichiarato di aver svolto quasi esclusivamente un’attività informativa e di monitoraggio ma non è stata in grado di accompagnare queste funzioni, comunque estremamente importanti, con adeguati approfondimenti investigativi, che consentissero di portare ad emergere fatti di reato, atteso che numerose incombenze e la responsabilità di più reparti fanno capo alle stesse persone che si vedono in tal modo oberate di lavoro…”. Ed in riferimento alla stessa Gendarmeria sempre Pierfelici scrive che “…stante la cronica mancanza di personale assegnato ai Reparti (…) non è stato possibile espletare una capillare attività di monitoraggio ed indagine espressamente dedicata alla materia del presente procedimento penale”.
Sta a Casali chiosare: “Manca la circolazione delle informazioni tra Corpi di Polizia e fra coloro i quali sono preposti al controllo e alla vigilanza…Due Corpi di polizia si sono occupati di indagini sullo stesso caso all’insaputa l’uno dell’altro. Manca una banca dati condivisa con vari livelli di accesso, senza la quale è davvero possibile constatare alcunché”.
Non si preoccupi Casali: in Ital
ia è peggio.
Per ora mi fermo qui. Continuo domani.
1 – to be continued
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