Nei giorni scorsi ho scritto di una presunta organizzazione criminale in Umbria collegata al clan dei Casalesi, in grado di immettere nei circuiti economici, attraverso la creazione di una serie di società inesistenti o costituite all’estero, ingenti capitali della camorra per l’acquisizione di attività commerciali nel settore alberghiero, della ristorazione e dell’edilizia (si vedano in archivio i post del 4, 5 e 6 ottobre).
L’operazione, battezzata Apogeo, ha portato al sequestro di 320 immobili e 18 società, nonché 200 conti correnti in 53 istituti bancari. In particolare l’operazione – condotta da Ros e Gdf su delega della Procura antimafia di Perugia – ha portato al sequestro di 144 veicoli, tra cui molte auto di grossa cilindrata e due natanti, ma anche di un cavallo da trotto. A Perugia sono stati apposti sigilli a 300 appartamenti e a due alberghi. Il generale Fabrizio Cuneo, comandante regionale della Guardia di finanza, ha parlato di una ''bellissima operazione, che ha visto lavorare insieme Carabinieri e guardia di finanza, in particolare il Gico e di Perugia e quello di Firenze ''. L’Umbria, ha aggiunto il generale Cuneo, “ è potenzialmente a rischio. I dati che abbiamo, però, evidenziano che non siamo certo all'assalto alla carovana''.
Per l’articolata analisi che riguarda Perugia rimando ai due post in archivio di questo umile blog.
Oggi, invece, vorrei approfondire il tema relativo all’infiltrazione di questa presunta associazione di stampo camorrista nelle Marche e, per la precisione, a Pesaro, a Fabriano, con una puntatina, appena accennata, non per mia negligenza ma per mancanza, al momento, di ulteriore materiale investigativo, ad Ancona.
Nei post precedenti abbiamo visto come la banda avesse alcune basi commerciali o imprenditoriali a Pesaro, che ospita anche l’albergo “Il Corallo”.
Benché formalmente gestito da Elisa e Giuseppe Guarino, si legge a pagina 10 dell’ordinanza, il ristorante-albergo risulta, di fatto, gestito dall’organizzazione criminale che fa capo a Giuseppe D’Urso, uomo, per gli inquirenti, legato al clan dei Casalesi di Villa Literno.
Le prove della Dda di Perugia sono numerose: le dichiarazioni di Gennaro De Pandi, testa di legno della banda, la documentazione contabile e societaria sequestrata presso un altro hotel riconducibile secondo i pm all’allegra combriccola, il Domo di Perugia. E infine le numerose conversazioni intercettate nelle quali è costante il riferimento a Giuseppe D’Urso per risolvere le problematiche di tipo economico dell’attività, per i pagamenti e per le spese gestionali dell’azienda.
Emerge, infine, la figura di Salvatore Orecchio come naturale raccordo tra gli apparenti gestori e D’Urso. Lo stesso Orecchio è geometra contabile della sede italiana della Sfa Swiss financial advisors Sa che ha una sede (inesistente per la Procura) a Lugano e una proprio a Pesaro.
Orecchio, nato a Messina e anch’egli arrestato nel corso dell’operazione, sarebbe colui che gestiva il “nero” delle società.
Da altre intercettazioni contenute e trascritte nell’ordinanza si intuisce, inoltre, che il gruppo ha interessi in un cantiere che a Pesaro (non è dato sapere se in città o in provincia) sta costruendo case.
E da un passaggio di una telefonata intercettata e riassunta nell’ordinanza ma non trascritta a proposito di disavventure immobiliari si legge che “Giuseppe (D’Urso ndr) dice che se ottiene Ancona si risolleva ma pensa che secondo lui stanno tramando qualcosa, ritiene che, forse dopo il concordato, pensano di buttarlo fuori e che se fosse così, scoppierà un gran casino a Perugia”.
A domani con una nuova puntata sul fronte finanziario dell’allegra combriccola!
4– to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate il 4, 5 e 6 ottobre)
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