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Diverse sono state le reazioni che hanno fatto seguito agli insulti che il presidente della Calabria Giuseppe Scopelliti – dopo aver visto la “luce” sotto la stele di uno dei maggiori pacifisti del globo terracqueo, Ciccio Franco – ha rivolto a chi vi scrive e ai colleghi inviati Guido Ruotolo della Stampa ed Enrico Fierro del Fatto Quotidiano.
Tutti hanno condannato quelle parole pronunciate. Nessuno però si è soffermato sul perché le abbia pronunciate.
Dopo due giorni in cui, a differenza di altri, sono stato impegnato a lavorare, provo a farlo io. Forse ancora troppo a “botta calda” ma voglio provarci ugualmente per vedere se qualcuno – magari a partire proprio dai colleghi e dalla politica locale, qualora esistesse – vuole aggiungere qualche anello alla catena del ragionamento.
Cominciamo con il dire che Scopelliti fa il politico dai tempi dell’asilo. E’ stato svezzato a latte e “boia chi molla”. Ha avuto ottimi maestri a partire dal discepolo di Ghandi che qualche giorno fa ha venerato sotto la stele.
Ergo: sa come, dove e quando parlare. Sa come, dove e quando dosare parole e gesti. Sa come, dove e quando attaccare e sa che l’attacco è sempre la miglior difesa.
Oratore non è ma sa come dosare ogni parola.
Sgombriamo dunque il campo da un dubbio: quelle parole Scopelliti le ha calcolate, così come ne ha calcolato gli effetti. Quelli immediati e quelli successivi. Sapeva perfettamente che sarebbero state riprese (non certo dalla stampa amica) ma da quella stampa libera che lui ama tanto: Calabria Ora e, a seguire, da quel settimanale che si sta imponendo, per autorevolezza e contenuti, come uno dei migliori prodotti usciti in questa regione dove la democrazia è sospesa: Il Corriere della Calabria.
Il missino Scopelliti ha dunque intelligentemente usato mezzi e strumenti avversi alla sua concezione umana, professionale e formativa per raggiungere lo scopo che, invece, i tappetini che lui solitamente usa per strofinare la collettività amministrata, non potevano raggiungere. Intelligente. Stratega. Banale. Bene, bravo, bis.
Non solo. Ha abilmente utilizzato l’attacco al Pd – che vivaddio fa parte della normale dialettica politica – per far giungere i suoi attacchi. Il riferimento alla “cricca”, infatti, non può coinvolgere gli esponenti del Pd. Perche?
Semplicissimo. Scopelliti sa che chi scrive – e sono pronto a tagliarmi gli attributi che così è per i due colleghi Ruotolo e Fierro – non è nè influenzabile né corruttibile dalla politica, a maggior ragione da quella calabrese che è marcia dentro. L’ho scritto mille volte. E’ marcia senza distinzione di colore politico che in questa terra è una mera invenzione. Lo stesso Scopelliti ha abbandonato il Msi per abbracciare Sua Eminenza Televisiva. Da niente e da nessuno sono influenzabile e il prezzo che pago, in silenzio e da anni per le cose che scrivo sulla Calabristan, sono alti. Non parlo delle minacce delle cosche (l’ultima in ordine di tempo sono i calci in culo che un esponente di una cosca reggina mi ha promesso). Quelle mi fanno ridere. Penso ai “messaggi” della classe dirigente e politica: quelli mettono davvero paura.
Scopelliti – incontrandomi alcuni anni fa in aereo – si congratulò con me per la libertà con la quale scrivevo nei confronti di Loiero Agazio, il governatore che governava dallo spazio. Lo stupore veniva dal fatto che nessuno, in Calabria, osava criticarlo tra i media. Gli risposi. “Sarà lei il prossimo Governatore, lo sanno anche i sassi. Avrà lo stesso trattamento. Ne stia certo”. E infatti alcuni figuri – sono certo all’oscuro di Ciccio-Peppe “boia chi molla” – cominciarono il giorno dopo con i loro penosi tentativi di blandirmi. Ed io – senza soluzione di continuità – sul Sole, nella mia trasmissione radiofonica su Radio 24 e in questo umile blog che raccoglie migliaia di lettori ogni giorno, andai avanti a fare le pulci alla classe politica calabrese. E non solo, ovviamente.
No dunque: il Pd non c’entra nulla. La presunta cricca va cercata nelle pieghe di una frase. Questa: “Purtroppo alcuni personaggi pensano di costruire le loro fortune personali sulle disgrazie altrui”. E poi giù con il fatto che trovano giornalisti “cialtroni” che fanno parte della presunta cricca.
E chi sono questi personaggi che vogliono costruire le loro fortune sulle disgrazie altrui?
E qui astraggo la riflessione dalla figura di Ciccio-Peppe “bioa chi molla”, che altrimenti potrebbe davvero pensare di essere importante.
Il discorso è complessivo perché coinvolge l’arroganza di un’intera classe dirigente politica che teme la magistratura. Attenzione: non quella magistratura che indaga la classe dirigente con ipotesi di reato servite su un piatto d’argento per farla uscire ancor più vergine e immacolata.
Nossignori. E allora quale magistratura teme la classe politica italiana? Quella fatta di magistrati che scavano su chi ha investito sul suo luminoso cammino. La politica teme quella magistratura che opera blindata e isolata per ricostruire carriere e padrinati.
Eccola dunque la cricca che teme la politica: quella di magistrati indipendenti e giornalisti indipendenti e non, si badi bene, “tra” magistrati e giornalisti. Quelle che si chiamano libertà di stampa e giustizia diventano una cricca.
Passiamo ora al motivo per il quale quelle frasi sono state pronunciate, atteso il fatto, ne sarete convinti ormai anche voi, che non sono state pronunciate a caso.
Bene. Vediamo le ipotesi.
1) Ciccio-Peppe “boia chi molla” ha paura della libera stampa. No e lo dimostra il fatto che l’attacca consapevolmente.
2) Ciccio-Peppe “boia chi molla” si sente accerchiato. C’è chi lo pensa. Io no. Chi vive in delirio di onnipotenza non può.
3) Ciccio-Peppe “boia chi molla” ha perso alcuni referenti che ad ogni livello rappresentavano una garanzia e un punto di riferimento certo. Non so cosa pensare ma lui lo teme.
4) Ciccio-Peppe “boia chi molla” ha voluto, di conseguenza, mostrare agli amici che siedono in ogni stanza istituzionale o politica e in ogni camera oscura (a Ciccio-Peppe “boia chi molla” piace essere fotografato) che ci si difende tutti insieme o si affoga tutti insieme. Non è vero ma ci credo.
Qualunque sia il motivo per il quale il Governatore della Calabria, Scopelliti Giuseppe ha attaccato la libertà di stampa e la mia personale libertà, sappia che continuerò a scrivere liberamente, senza condizionamenti e senza paura.
So perfettamente che lo ha messo nel conto. E questo è l’ultimo scopo che voleva raggiungere: alzare il livello del duello con la libera stampa.
Lui cerca lo scontro io, invece, la sfida della libertà di stampa senza pregiudizi e condizionamenti. Scrivo – ne sono certo – anche a nome dei colleghi di cricca Guido Ruotolo ed Enrico Fierro ai quali va il mio abbraccio.
r.galullo@ilsole24ore.com