E’ freschissimo di inchiostro il sesto rapporto sull’applicazione della convenzione Ocse anticorruzione, elaborato come ogni anno da Transparency International.
Chi ha seguito in miei servizi sul Sole-24 Ore a seguito di una prezioso fondo sul muo giornale del professor Guido Tabellini apparso domenica 4 luglio, sa che martedì 6 luglio ho snocciolato e fatto commentare i dati relativi alla stima della corruzione nella pubblica amministrazione italiana.
La “tangente” che tutti gli italiani (neonati inclusi) pagano a chi si arricchisce grazie allo scambio favori-denaro è tra i 50 e i 60 miliardi. Come dire circa mille euro prelevati ogni anno alle tasche degli italiani onesti e che entrano in quelle dei disonesti. Una tassa occulta, non bastassero quelle che già ci opprimono.
Questo risultato e altre combinazioni portano l’Italia al 63esimo tra quelli più corrotti al mondo (www.transparency.it). Il Corruption perception index di Transparency International viene spesso citato senza ricordare che la stessa Transparency afferma (si veda “Transparency International, Università di Passau (2008), The methodology of the corruption perception index 2008”) che non è possibile stilare classifiche e graduatorie: “… una graduatoria di Paesi può facilmente essere erroneamente interpretata come una misura assolutamente precisa delle performance di un dato paese. Questo non è affatto vero. Sin dalla sua prima pubblicazione nel 1995, Transparency international ha fornito i dati relativi alla deviazione standard e al numero delle fonti utilizzate per la costruzione dell’indice. Queste informazioni servono per evidenziare che vi è una intrinseca imprecisione. Inoltre viene fornita l’informazione del range tra il valore più basso/più alto. Ciò segnala il valore più alto e più basso fornito dalle diverse fonti, al fine di indicare il campo di variazione delle diverse valutazioni…”.
Sono dunque stime e parametri e come tutte le stime e i parametri valgono per quello che rappresentano. Vanno insomma ponderate, contestualizzate ma a mio giudizio testimoniano senza dubbio il dilagare del malcostume (anche) in Italia.
LA STIMA (VERA? VEROSMILE? FALSA?) DI 60 MILIARDI
La stima sul valore della corruzione è stato infatti estrapolato dalla “Relazione Kauffman” della World Bank del 2004, quella da cui si deduce che il costo della corruzione nel mondo è pari a circa il 3% del Pil mondiale. Da qui i 60 miliardi, pari al 3% del Pil italiano. Il costo totale della corruzione nel mondo sarebbe di 1 miliardo di dollari, con l’effetto che circa il 10% del valore della corruzione sarebbe in Italia. Forse un pò troppo esagerato e paradossale (o no?)
La stessa Banca mondiale infatti afferma che: "First, as shown clearly by the data, the scale of corruption varies significantly from country to country".Vale a dire: come si può chiaramente evincere dai dati, la scala della corruzione varia da Paese a Paese.
Bene, non ho fatto in tempo a scrivere di queste amenità che l’indomani la sezione italiana di Transparency International mi ha mandato l’ultimo rapporto (giugno 2010) che contiene alcune novità che con voi vorrei condividere e commentare.
IL RAPPORTO DI TRANSPARENCY
La relazione del 2010 prende in considerazione 38 Paesi sui 38 che aderiscono alla convenzione Ocse contro la corruzione, ne restano fuori Islanda e Lussemburgo.
Sulla base dei giudizi compilati dagli osservatori, ne sono uscite tre scale di valori tra i Paesi che si sono distinti con azioni serie e concrete e indagini contro la corruzione.
La prima scala premia chi ha compiuto gli sforzi maggiori e qui compare l’Italia con Danimarca, Germania, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.
Poi ci sono quelli che hanno pigiato l’acceleratore ma non troppo (magari perché avevano già fatto molto) e sono Belgio, Finlandia, Francia, Giappone, Olanda, Corea del
Sud, Spagna e Svezia.
Infine ci sono i Paesi che hanno alzato il piedino o non hanno proprio messo in moto (sempre in relazione al 2010) la macchina statale anticorruzione e sono la gran parte: Argentina, Australia, Austria, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Israele, Messico, Nuova Zelanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Slovenia, Sudafrica e Turchia.
LA FORZA DEGLI STRUMENTI
Transparency Italia sottolinea che in una prospettiva comparata con il resto del mondo, il nostro Paese ultimamente si è distinto anche per il ruolo (riconosciuto in sede Ocse) della Guardia di finanza, oggettivamente sempre più formata e attrezzata, senza parlare delle altre Forze dell’ordine e della stessa magistratura.
Nel maggio 2010 Franz-Hermann Bruener, recentemente scomparso, già Direttore generale dell’Ufficio anti-frode europeo (Olaf), evidenziò come l’Italia “… dispone degli arsenali di protezione penale e investigativa tra i più avanzati a livello europeo…”, con “… strumenti di indagine utilizzati tra i più avanzati al mondo … strumenti raramente utilizzati nella maggior parte degli altri Paesi per tali tipi di illeciti…” e con le Forze di Polizia e la Magistratura “… spesso invidiati dai colleghi di altri Paesi…”.
Nella giornata "porte aperte" delle Istituzioni comunitarie svoltasi a Bruxelles sabato 8 maggio 2010, l’Olaf ha presentato le Forze di Polizia italiane come un "… modello di polizia europea per il contrasto alle frodi ai danni del bilancio comunitario”.
“Paradossalmente – commenta Transparency Italia – più il sistema repressivo funziona e scopre corruttele, più aumenta la preoccupazione dei cittadini, diversamente da quanto accade in tema di criminalità predatoria: lì, infatti, la scoperta del ladro o del rapinatore contribuisce a rassicurare i cittadini”.
Nel 43° “Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese”, presentato dal Censis il 4 Dicembre 2009, si legge che: “…Dal 2004 al 2008 sono pervenute alle Forze dell’ordine 19.019 denunce per reati legati alla corruzione della Pa …”.
In realtà, nota Transparency international, il Censis scambia il totale dei reati contro la Pubblica amministrazione consumati nel periodo, il 40% dei quali commessi da privati che hanno scambiato la Pubblica amministrazione per un bancomat senza plafond, con quelli dove emergono corruttele, cioè infedeltà di pubblici ufficiali corrotti o che impongono dazioni attraverso costrizione o induzione.
IL PARAGONE CON L’EUROPA
L’Italia, a differenza di altri Paesi sistematicamente considerati a minor “rischio di corruzione”, non ha riportato segnalazioni negative nell’ultima “Risoluzione legislativa sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità e la lotta contro la frode” del Parlamento europeo del 24 aprile 2009, mentre il Parlamento Europeo si è detto “profondamente colpito dalla mancanza di disciplina nella segnalazione dei casi da parte degli Stati membri dopo vari anni e ritiene inaccettabile che 6 Stati membri – Francia, Svezia, Spagna, Irlanda, Lettonia e Lussemburgo – non utilizzino ancora i sistemi di segnalazione per via elettronica, che 14 di essi – situazione che costituisce un problema, in particolare in Francia, Spagna e Paesi Bassi – non abbiano rispettato i termini per la segnalazione e che alcuni di essi non abbiano classificato i casi di irregolarità segnalati…”.
PERCEZIONE E RICHIESTA DI TANGENTI
La “misura” che proviene dalle statistiche della delittuosità – che forniscono l’unica immagine ufficiale e sufficientemente nitida della corruzione – disegna l’estrema esiguità delle denunce per “corruzione-concussione”, a conferma della formidabile asimmetria tra percezione e andamento reale del fenomeno, fotografata da una indagine del 2008 svolta da Gallup e voluta dalla Commissione Europea.
Alla domanda sulla percezione dell’estensione della corruzione o di altri illeciti nella pubblica amministrazione il 76% degli italiani risponde che la percezione è “piuttosto frequente” mentre il 10% dice che è “piuttosto rara”. La media europea è (rispettivamente) 63% e 23%. Il Paese dove la percezione della corruzione è più alto è la Lettonia ma va segnalato che l’Italia è al quinto posto dopo Lituania, Polonia, Repubblica Ceca e Lettonia. Danimarca e Olanda sono le nazioni del “bengodi” dove la percezione forte della corruzione oscilla tra il 23% e il 28%.
Se si passa ad analizzare l’analisi sulla percentuale di cittadini che negli ultimi 12 mesi ha dichiarato di aver ricevuto richieste di tangenti da funzionari o addetti della pubblica amministrazione in cambio di atti, autorizzazioni etc etc, si scoprono cose molti interessanti.
In Romania la percentuale è del 23%, in Lettonia del 16% e in Ungheria del 13%.
La media europea è del 4%. E dove si colloca l’Italia? Ohibò, all’ultimo posto, vale a dire in una posizione prestigiosa che affianca il nostro Paese alla Germania e al Regno Unito: solo l’1% ha ricevuto richieste di tangenti. Caspiterina, addirittura meglio della Danimarca, dove il 2% della popolazione ha denunciato questo malcostume.
Il commento di Transparency Italia è netto: “L’Italia appare ai primi posti, in negativo, nella percezione, e, contemporaneamente, ai primissimi posti per quel che riguarda il dato reale e la capacità delle Forze di Polizia e della Magistratura di intervenire.
L’indagine Gallup appare una chiara e significativa conferma della estrema difficoltà che si incontra nell’utilizzare il parametro della percezione nelle valutazioni dei diversi Paesi e nel comparare gli esiti cui si perviene”.
L’ENNESIMA FOTOGRAFIA E LA VOCE DELLE IMPRESE
Una ulteriore fotografia è quella rilasciata nel 2008 da Global Integrity con il Report annuale, più analitico grazie ad una serie di dati quantitativi e qualitativi sul “sistema paese” e sulla sua struttura anticorruzione. E’ un utile strumento per la comprensione e il controllo dei meccanismi anticorruzione a livello nazionale, collazionato grazie ad una metodologia di ricerca – considerata come una best practice dalla World Bank – che mobilita una rete qualificata di ricercatori e di giornalisti nei diversi Paesi.
All’Italia è stato assegnato un punteggio complessivo di 79 su un punteggio massimo di 100. Questo punteggio colloca al confine della fascia nella quale sono censiti i Paesi che presentano un impegno “strong”, vale a dire “forte” sul tema dell’integrità e dell’anticorruzione, subito dopo il Canada che ha raggiunto 80 su 100 e prima della Francia che nell’ultimo monitoraggio (2007) ha conseguito 78 su 100.
Oltre alla repressione del “mercato della corruzione” che secondo queste analisi funziona e viene invidiato nel mondo, risultati positivi emergono anche sul versante preventivo, come indica il posizionamento dell’Italia nel Trac (Transparency in reporting on anti-corruption), che approfondisce l’efficacia della comunicazione di 500 grandi aziende quotate del mondo, tra le quali 20 italiane, in materia di politiche e provvedimenti assunti per combattere la corruzione.
L’efficacia e l’impegno delle imprese italiane è superiore alla media europea e l’Italia viene dopo Canada (prima in classifica), Stati Uniti, Svizzera, Olanda, Regno Unito e Spagna e prima di Germania, Svezia, Francia, Corea del Sud, Hong Kong, Giappone, Belgio, Cina, Taiwan e Russia.
Un esito simile è quello presentato da Vigeo (How do companies prevent corruption? A comparative analysis of North-American and European strategies for the prevention of corruption, 2007/2009), che ha verificato cosa fanno concretamente 800 companies nordamericane ed europee, al di là delle affermazioni di principio, per impedire fenomeni di corruzione. Vigeo (www.vigeo.com) è una società leade
r in Europa nella fornitura di analisi extra-finanziarie e “misura” anche le prestazioni delle imprese nel campo dello sviluppo sostenibile e della responsabilità sociale.
In questo campione di aziende esaminate, delle quali più del 10% sotto inchiesta penale o amministrativa per fatti di corruzione (con il 13 % delle imprese europee esaminate e il 15% di quelle nordamericane che sono state oggetto di almeno una accusa di corruzione negli ultimi 18 mesi) l’Italia è ben posizionata: due aziende nelle “top 30”, Terna e Atlantia (ex Autostrade per l’Italia), e l’Enel menzionata come best practices (migliori esperienze) con il suo piano “tolleranza zero” contro la corruzione.
CONCLUSIONI AMARE
Concludendo: la rassegna di questi indici, di questi studi e di questi parametri (e ci metto dentro anche l’attenzione che bisogna metterci per fare paragoni e statistiche, come ci insegna Transparency International) ci delineano un Paese, L’Italia, “strabico” e bizzarro.
La percezione della corruzione è altissima ma nei fatti chi denuncia la richiesta di tangenti è una fetta infinitesimale dei milioni di italiani che tutti i giorni hanno a che fare con lo strapotere della burocrazia e della politica. Un Paese in cui il legislatore ci dà che ci dà per mettere in riga i fetentoni e in cui le imprese ce la mettono tutta per non sgarrare. Un Paese (e solo su questo concordo appieno) in cui la magistratura e le Forze dell’Ordine si fanno in quattro per far rispettare leggi e buon senso.
Delle due l’una: o è proprio cosi (e allora chiedo ufficialmente di essere ricoverato in una clinica per malattie mentali perché non me ne ero mai accorto) oppure è proprio vero che le statistiche e i numeri spesso valgono solo per chi li produce e per chi vuole vederseli mettere sul tavolo per rassicurare tutti che (nel nostro caso) l’Italia è un oasi felice in cui i problemi, anzi il cancro di questo Paese, sono magistrati e giornalisti.
Meditate, gente, meditate, proprio mentre la mia categoria si appresta a uno sciopero a difesa di un bene ormai “schifato”: la democrazia.
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