Eccomi di nuovo a voi amici di blog. Da ieri sto raccontando – con i fatti così come rappresentati in provvedimento e non con le chiacchiere di parte – i contenuti delle motivazioni della sentenza 32/10 con la quale il giudice Abigail Mellace ha condannato (8) e assolto 34 protagonisti della vicenda Why Not.
Una sentenza che – a mio modesto avviso – conferma in-te-gral-men-te le fondamenta del lavoro di Giginiello De Magistris, che non lo ha però portato (o potuto portare) a termine.
Abbiamo visto nello scorso articolo (si veda in archivio) che Mellace ha ricostruito la rete di società e di potere che hanno portato nell’arco temporale 2003-2008 le società Brutium e Why Not e i loro dirigenti succedutisi nel tempo, a essere un centro di potere economico e sociale vitale nella Regione Calabria. Una rete di potere che, ovviamente, doveva e poteva contare su alcuni dirigenti ma che (e io questo lo trovo incredibile ma ovviamente è un giudizio personale) secondo il giudice Mellace non intercettava alcun politico né locale né nazionale né alcun magistrato, né alcun giornalista. Se non qualche pescetto che si sarebbe divorato chiunque! Mah! Lasciatemi credere (da cattolico peccatore quale sono) che a volte nella vita ci troviamo in presenza di misteri delle fede e magari anche della comunione e delle liberazione! Amen in nomine Opus. Dei.
Per capire quale fosse la rete costruita, c’è a mio avviso un episodio illuminate che il giudice Mellace tratta a pagina 546 della sentenza, nell’affrontare le emergenze procedimentali del cosiddetto progetto Mod (Monitoraggio della dotazione informatica).
Mellace scrive a pagina 547 che “…senza alcun dubbio, anche nella vicenda in esame, si è in presenza di un ulteriore illecito affidamento al Brutium di un servizio aggiuntivo rispetto a quelli previsti dall’originario contratto di appalto e non legato a questi ultimi da alcun nesso di analogia e complementarità”. E nel ricostruire la storia dell’affidamento, Mellace scrive alle pagine 554/555 che quando fu deliberato l’affidamento del progetto Mod, “il Brutium di Saladino e Lillo, grazie al rapporto privilegiato con il capo di gabinetto della Giunta Chiaravalloti, aveva già ottenuto, con le stesse illecite modalità sin qui ricostruite, l’affidamento di altri importanti vicende e commesse: il che, appunto, dimostra che tale società era, nei fatti, divenuta una sorta di interlocutore economico privilegiato della Regione Calabria e che gli amministratori e titolari di tale società godevano obiettivamente di una corsia preferenziale di accesso ai fondi gestiti da vari dipartimenti”.
E senza prolungarsi troppo sulla figura di Saladino di cui francamente nulla mi interessa e anzi lo trovo anche straordinariamente intelligente e simpatico, “principale interlocutore dei politici calabresi…con i quali intratteneva rapporti amicali e personali dai quali iniziava, in tal modo, a maturare crediti…” – sia ben chiaro: ecco come la tratteggia a pagina 905 Mellace, non io o Giginiello ‘o castigatore – quel che conta è andare a vedere cosa scrive Mellace stessa a pagina 915 e seguenti.
IL RAPPORTO TRA IMPRESE E REGIONE
A partire da febbraio 2003, ricostruisce il giudice, nasceva ufficialmente il rapporto fra Brutium, Why Not e la Regione Calabria. “Sin dai mesi successivi – si legge a pagina 915 – tale rapporto diventava lo strumento che consentiva alle su indicate società di ottenere illegittimamente, negli anni 2003-2006, l’affidamento di una serie di appalti aggiudicati a trattativa privata, pur nella totale mancanza delle condizioni e dei presupposti giuridici previsti a tal fine dalla legge”.
Solo Saladino dietro tutto ciò? Ma neppure per idea per Mellace! A essere pienamente coinvolta è anche Caterina Merante, affascinante e struggente superteste dell’indagine, la cui immagine Mellace, pagina dopo pagina, distrugge, come del resto fa con Giginiello De Magistris, come solo una donna raffinata sa fare nei confronti di un’altra donna (ma su questo torneremo). “…va qui ricordato – scrive Mellace – che inoppugnabili elementi di prova dimostrano che, nell’arco temporale sopra detto, il Brutium, amministrato prima da Antonio Saladino e dal giugno 2004 da Giuseppe Antonio Maria Lillo e la Why Not, amministrata da Franzè, Merante e Lachimia, gestivano un numero incredibile di commesse pubbliche, tutte aggiudicate in violazione di legge, da distinti soggetti pubblici, preposti, con funzioni apicali, alla guida o alla dirigenza di vari Dipartimenti della Regione Calabria. Tanto accadeva a seguito di veri e proprie intese raggiunte dagli imprenditori privati con i predetti soggetti pubblici i quali chiaramente adottavano le deliberazioni in affidamento, senza alcuna considerazione per il pubblico interesse, ma al solo scopo di fare conseguire alle società amministrate dai soggetti sopra indicati un ingiusto vantaggio patrimoniale (rappresentato dall’affidamento, contra ius, di un appalto alla cui aggiudicazione tali aziende non avevano diritto, in quanto non vincitrici di una necessaria procedura a evidenza pubblica”.
E Mellace, non c’è che dire, picchia duro nei giudizi, da pagina 916. “L’affidamento dei progetti in esame consentiva al Saladino e ai suoi stretti collaboratori Merante, Franzè e Lachimia – scrive il giudice – di apprendere il facile meccanismo attraverso il quale, con l’appoggio di assessori e dirigenti compiacenti, si poteva ottenere senza sforzo l’affidamento di progetti milionari”.
E a pagina 921 Mellace scrive: “Sviluppando tale ragionamento, allora, si potrebbe affermare che gli unici soggetti fra i quali è ravvisabile un vincolo stabile, destinato a durare nel tempo e finalizzato a porre in essere reiterati delitti, con modalità costanti, sono gli amministratori del Brutium e della Why Not che, a decorrere dal 2003 hanno di fatto preposto le loro strutture societarie alla commissione di reati”. Ma “tuttavia l’incapacità di tali soggetti di operare autonomamente, dovendosi gli stessi sempre avvalersi dell’apporto di soggetti pubblici rende impossibile qualificare il vincolo tra gli stessi intercorrente ai sensi dell’art. 416 c.p, come, cioè, una associazione i cui componenti sono in grado da soli di commettere reiterate azioni delittuose di allarme sociale”. In altre parole: nessuna associazione a delinquere. Io non ho capito, anche se Mellace poi prosegue nel ragionamento con dovizia di particolari, ma ovviamente il difetto è tutto mio.
Ora ci fermiamo qui. Ma vi chiedo di non perdervi il prossimo articolo, che pubblicherò a ore. Vi racconterò la più grande truffa del secolo in Calabria! Parola di Abigail Mellace, non di Giginiello ‘o cantastorie! Ma di tutto ciò non troverete traccia nei giornali post- sentenza. Evidentemente non è una notizia e dunque io, che sono un pessimo giornalista, ahimè senza padroni se non voi lettori, ve la racconterò.
2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata il 2 novembre)
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia nuova trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia