Amati/e, sapete che da giorni martello come un fabbro argentino sulle motivazioni che hanno portato il giudice di Catanzaro Abigail Mellace a mettere (l’ennesimo ma non l’ultino) punto sulla vicenda Why Not. Molte carte sono state mandate in Procura da questo rito abbreviato che ha mandato assolti e/o condannato una bella infornata di persone (darò conto dei nomi nell’ultimo post anche perché sono comunque noti da marzo 2010).
Finora (si vedano in archivio i precedenti post) vi ho raccontato il sistema, la rete di potere, il sistema di illeciti arricchimenti e tante altre cose. Così come emergono dalla sentenza e non dalle chiacchiere che invece hanno tanto appassionato alcuni pseudo-colleghi.
Bene. Oggi voglio raccontarvi un altro e fondamentale tassello di quella che è stato, complessivamente, un periodo storico che ha portato pochi ad avere ingenti e illeciti profitti (lo scrive Mellace) e la Calabria a impoverirsi ulteriormente. Sarà cambiato qualcosa? Non credo proprio: se possibile questa regione è ulteriormente sprofondata e credo che neppure un miracolo riuscirà a salvarla. Chi può scappa e io l’avrei già fatto da anni se fossi calabrese. Kaput: è una regione morta e che vi piaccia o meno sono affari vostri.
Il tassello che vi racconto oggi è quello dei dirigenti. No, non meravigliatevi se non affronterò a fondo il capitolo dei politici. Nel rito abbreviato i pezzi da 90 o anche da 80, 60 e 50 o 40 che erano stati chiamati in causa sono stati tutti assolti per non aver commesso il fatto. Solo quelli che contavano quanto il due di denari quando regna bastoni sono caduti nella rete e non poteva essere diversamente. Non resta che prenderne atto anche se non mancherò di fare su questo punto (domenica 7 novembre) le mie valutazioni. Semplici ragionamenti da giornalista di mediocre intelligenza e capacità quale sono.
E perché vi racconto dei dirigenti? Perché dalla sentenza emerge chiaro e tondo che senza l’azione o l’inattività di taluni di loro, Antonio Saladino & C non avrebbero portato a casa i risultati che hanno portato.
L’HO PORTATA IO
A pagina 623 (e seguenti) si legge una storia che la dice lunga su come i politici intendono lo spoyl system in Calabria (ma non solo lì). Non farò i nomi e i cognomi dell’assessore e del dirigente perché, ripeto ancora una volta, ciò che conta è il racconto dei fatti che, ripeto anche questo, testimoniano inequivocabilmente che l’impianto originario dell’indagine di Giginiello De Magistris era solido come una roccia ma friabile come un compasso logoro, sporco come un cappuccio lordo e slabbrato come un grembiulino troppo usato!
Bene. Il dirigente (all’epoca) del settore giuridico del Dipartimento personale e quindi persona dotata, in teoria, di specifica competenza professionale, riferisce in fase di interrogatorio che l’adozione dei decreti di due progetti, le veniva richiesto da un assessore, posto a capo dello stesso Dipartimento. Assessore che la stessa dirigente (e imputata) indica anche come colui che l’aveva portata presso la Regione Calabria, assegnandole con un ruolo apicale la dirigenza dell’importante ufficio.
Ma tenetevi forte. La dirigente, scrive Mellace nella coda di pagina 623, “sul punto incredibilmente aggiunge che al tempo non era esperta di contratti, il che è a dir poco inverosimile, essendo appunto preposta a un settore giuridico che richiedeva necessariamente tali conoscenze e che pur tuttavia, dopo aver fatto alcune consultazioni, decideva di adottare i decreti sollecitati” dall’assessore.
E’ come se, conoscendo Luca Cordero Di Montezemolo (non lo conosco, giuro), mi portasse a guidare una Ferrari F1 e, travolti in pista decine di meccanici, dichiarassi che non so guidare i bolidi di F1, ma dopo essermi consultato con i meccanici sopravvissuti miracolosamente alla carneficina, dicessi ai familiari delle vittime che dopo un rapido giro di consultazione, si era tutti giunti alla conclusione che avevo la patente e quindi potevo guidare. Peccato per i meccanici asfaltati.
GLI OPPOSTI ALLO SPECCHIO
Voi penserete: un caso! Vi assicuro (ma se non mi credete leggetevi la sentenza) che le pagine contengono molti episodi di ignavia, ignoranza, sbadataggine, malafede della dirigenza. Non vi assillo con tutti i casi ma vi racconto quelli che, sempre per Mellace sia ben chiaro, non per me o per Giginiello ‘o malommo, sono la spia di quel che accade(va?) in Regione Calabria. Ancora senza citare i cognomi (di cui non ci frega nulla) ecco cosa scrive a pagina 637 Mellace sull’ordine di servizio del censimento del patrimonio immobiliare. Mellace nota due opposte deliberazioni, una antitetica rispetto all’altra: “la deliberazione del 13 febbraio 2006 con cui si statuiva di affidare il servizio a trattativa privata a una società esterna che operava in piena autonomia e una deliberazione del 27 febbraio 2006 con cui si statuiva di svolgere il censimento del patrimonio immobiliare all’interno della Regione, utilizzando lavoratori interinali diretti e organizzati da un solo esperto da selezionare tramite una procedura di evidenza pubblica”.
Per la cronaca il progetto di censimento immobiliare è costato la sciocchezza di 3,2 milioni (Iva compresa neh!). A proposito di questo progetto, Mellace a pagina 751 scriverà che, così come Ipnosi, aveva all’origine dei reali interessi pubblici ma entrambi tuttavia “sono stati affidati e gestiti con modalità che hanno letteralmente calpestato gli stessi interessi e ciò al fine di soddisfare gli esclusivi vantaggi patrimoniali delle aziende private”.
IL BANDO DI GARA DAL PC DELLA BELLA CATERINA
Ma la compiacenza, la distrazione, l’ignoranza, l’ignavia, la connivenza, la corruttibilità, l’incompetenza, la malafede o molto più semplicemente l’impreparazione di alcuni commis della Regione Calabria emergono ancor più clamorosamente quando Mellace affronta il tema della mamma di tutti i bandi di gara, il cosiddetto “Bando Fragomeni” (dal nome del dirigente che uscirà assolutamente pulito da questa storia, vale la pena specificarlo subito).
La storia è da perderci il filo e così vi racconto quel che scrive Mellace dopo aver riportato le evidenze di alcune consulenze tecniche richieste in precedenza: “da tali atti emerge che il file del bando di gara, pubblicato il 12 gennaio 2007, veniva creato su un computer della società Why Not già il 20 ottobre 2006 alle ore 17,18. L’autore del medesimo si identificava in Luca Pellicelli; nella finestra della proprietà del file si legge che il medesimo veniva salvato da “MERANTEC””. E mentre questo emergeva dagli accertamenti, la Polizia giudiziaria accertava che l’avvocato Pellicelli lavorava (ma se non ricordo male se ne era già andato da diversi anni all’epoca dei fatti di cui si racconta) presso uno studio legale di Roma, facente capo agli avvocati Brugnoletti-Diddi, legali di Caterina Merante, la superteste che (insieme ad altri) per Mellace è la vera protagonista in negativo di questa storia.
Mellace, con un ulteriore dovizia di particolari alle pagine 294 e seguenti, ripercorrerà il ginepraio di salvataggi e riversamenti dello schema di bando da un pc regionale a uno privato e via di questo passo. Da perderci la capa!
Beh, ora la capa gira anche a me. Fermiamoci qui e domani non perdetevi la nuova puntata.
4– to be continued