Carissimi sammarinesi avete preparato le bottiglie di ottimo spumante italiano? C’è da brindare all’anno nuovo che porterà anche la relazione che il dirigente del Tribunale sammarinese, Valeria Pierfelici, consegnerà proprio il 1° gennaio 2011 nelle mani di chi gliel’ha commissionata, vale a dire il Segretario di Stato alla Giustizia Augusto Casali.
ANNO NUOVO VITA NUOVA
I1 1° novembre, leggo testualmente da un comunicato stampa pubblicato su un sito sammarinese, che “Il governo della Repubblica di San Marino ha promosso una indagine su eventuali (eventuali, ndr) intrusioni della malavita organizzata nel Paese, affidandone l’incarico al Magistrato Dirigente del Tribunale, dr.ssa Valeria Pierfelici. Il congresso di Stato lunedì ha approvato una delibera con la quale ha affidato un delicato incarico al magistrato dirigente del tribunale: due mesi di tempo per portare una relazione che focalizzi il fenomeno mafioso e delle infiltrazioni malavitose.
E poi il sito riporta anche le parole del Segretario di Stato. “Personalmente sento l’esigenza di avere un quadro chiaro della situazione – ha spiegato Augusto Casali – ma che non si basi su voci incontrollate, bensì arrivino dagli organi istituzionali…C’è ancora chi sostiene che il fenomeno sia di entità trascurabile, io non la penso così. Sui casi coperti da segreto istruttorio non si interverrà, gli episodi specifici interessano fino a un certo punto”.
Il riferimento era innanzitutto al caso Seas, la società calabrese specializzata nell’energia alternativa (a partire dall’eolico), la cui licenza è stata sospesa a San Marino il 10 novembre per verificare eventuali collegamenti con la ‘ndrangheta crotonese. Per la precisione di Isola di Capo Rizzuto, dove non si muove (quasi) foglia che la cosca Arena non voglia.
Ma noi fermiamoci un attimo.
SE LA MATEMATICA…
Se la matematica non è un opinione avendo Casali assegnato il compito il 1° novembre, il termine per la consegna dell’elaborato è il 1° gennaio. Su questo siamo tutti d’accordo o no?
Mancano dunque 14 giorni esatti, compresi i festivi, Natale e Santo Stefano. O no? Il magistrato Pierfelici, dunque, con i coriandoli ancora per aria, i festoni appesi, le luminarie accese e la fetta di panettone in mano, il 1° gennaio busserà all’ufficio di Casali e consegnerà la relazione. O no? A meno che, come studiavo sui libri di giurisprudenza, il termine non debba essere inteso come “perentorio” (ho detto di consegnarmi sta relazione il 1° gennaio e il 1° gennaio sia!) ma solo come “ordinatorio” (ho detto di consegnarmi la relazione il 1° gennaio? Poffarbacco! Ma sì, giorno più giorno meno, mese più mese meno…).
In spasmodica attesa, spero che il caso Seas – uno dei pochi in cui oltretutto è implicato un cittadino sammarinese – sia seguito con l’attenzione che merita.
Leggo sempre su un sito sammarinese che “nella delibera di sospensione il governo avrebbe dato mandato al Tribunale e agli uffici competenti (ad esempio la Gendarmeria) di verificare gli elementi che hanno indirizzato i sospetti verso la società”.
Lo stesso sito riporta poi le parole del Segretario alla Giustizia, Marco Arzilli. “Di fronte a una situazione preoccupante e delicata (quella della Seas, ndr) e al momento difficile che sta vivendo il Paese – dice il segretario all’Industria – non si poteva prendere sottogamba la situazione. Il governo si è mosso con determinazione e ora attende gli esiti delle verifiche avviate. L’intervento dell’esecutivo è in linea con l’azione attenta che teniamo su questo fronte e mostra la prontezza del Titano nel segnalare anomalie all’Italia”.
Ma – alla data in cui scrivo, cioè oggi – ci sarà un fascicolo aperto presso il Tribunale di San Marino sul caso Seas? Io non ne sarei così sicuro anche perché la revoca della licenza e il gran clamore suscitato a favore dei media potrebbe aver bruciato le indagini che, Giovanni Falcone insegnava, dovrebbero essere sempre condotte in gran segreto e lontanissimo dai microfoni.
Ma andiamo avanti con la riflessioni su mezzi e metodologie che dovrebbero portare ad una relazione sulla presenza della mafia a San Marino e sul suo radicamento.
Il POOL ANTIMAFIA
Pochi giorni fa San Marino Oggi titolava: “Pool antimafia a San Marino, nasce la commissione di coordinamento tra i giudici. Per un efficace contrasto alla criminalità organizzata, al finanziamento al terrorismo”.
E così apprendiamo che il gruppo di lavoro dal 1° dicembre, su disposizione del magistrato dirigente Valeria Pierfelici, si riunisce ogni lunedì e tratta di ogni attività istruttoria. Apprendiamo inoltre che “la commissione di coordinamento consentirà uno scambio puntuale tra i giudici inquirenti su tutto il lavoro d’istruttoria, sia quella “interna” a San Marino, sia quella che scaturisce dalle rogatorie inviate dall’estero”.
Una domanda semplice semplice che pongo a tutti i giuristi che leggeranno questo post: ma la violazione del segreto istruttorio tra colleghi magistrati non vale? E per le rogatorie in corso – molte delle quali si basano su un rapporto fiduciario tra magistrato italiano e commissario della legge sammarinese – è normale condividere intercettazioni in corso, perquisizioni allo studio e via di questo passo?
Le mie, ripeto, sono domande.
IL RUOLO DELLA GENDARMERIA
Come una domanda è quella che mi pongo sull’idoneità del Tribunale (non professionale dei singoli, per carità di Dio, anche perché so essere molto preparati) ad essere l’Istituzione sammarinese idonea a svolgere una relazione sullo stato della penetrazione mafiosa a San Marino.
Mi domando: ma questo compito non sarebbe stato più logico affidarlo alla Gendarmeria sammarinese? Non viene affidato alla Gendarmeria il compito innanzitutto di intelligence e di rapporti con le analoghe e superiori Istituzioni italiane e internazionali (dalla Direzione investigativa antimafia all’Fbi, per finire con il più sperduto commissariato di polizia in Italia)?
Tra l’azione investigativa e di intelligence (tipica della Gendarmeria) e quella del Tribunale (rivolto innanzitutto alle prove processuali) ce ne corre.
E’ vero che il Tribunale sammarinese potrà godere della più ampia collaborazione di tutte le Istituzioni sammarinesi (Gendarmeria inclusa) ma la mia previsione (spero tanto di sbagliare) è che la collaborazione si limiterà alle
mere segnalazioni di attività delittuose in odore di mafia. Ma i numeri non spiegano un fenomeno. Semmai ne sono una (parziale e spesso ritardataria) spia.
Nella scelta non avrà magari avuto un peso il fatto che il comandante della Gendarmeria Achille Zechini e il coordinatore del Dipartimento di polizia Sabato Riccio, si tollerano, secondo quanto riporta la stampa locale quanto possono fare un cane e un gatto? E non avrà un peso che Zechini, primo dirigente della Polizia di Stato italiana e in Italia molto apprezzato, secondo quanto riportano molte voci che a San Marino corrono più del vento, per il suo scrupolo, la sua serietà e la sua indipendenza è amato da ampi settori della politica sammarinese quanto può esserlo un attacco di gastrite in spiaggia a Ferragosto e con le farmacie chiuse?
CONCLUSIONI
Non c’è che da attendere. Il 1° gennaio e dietro l’angolo, a San Marino ferve il lavoro del Tribunale per consegnare la relazione, i sammarinesi finalmente conosceranno lo stato delle cose e io continuerò a scrivere di economia criminale, finanziaria e mafie nonostante le mie “male informazioni”.
Buon fine settimana a tutti!
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AGGIORNAMENTO AL 19 FEBBRAIO 2015 TRATTO DAL CORRIERE DELLA CALABRIA WEB
ISOLA CAPO RIZZUTO L’ordinanza del gip di Catanzaro,
Gabriella Reillo, che dispone il dissequestro della società proprietaria
del Parco eolico di Isola Capo Rizzuto, di fatto sancisce la fine
dell’inchiesta che ne riconduceva la proprietà in capo a esponenti del
clan mafioso degli Arena. La svolta, come detto, arriva con l’ordinanza
emessa dal gip che, di fatto, smonta ogni quadro accusatorio: «Ipotesi
che all’esito –scrive, infatti il giudice delle indagini preliminari –
di approfondite indagini anche economiche svolte con rogatorie
internazionali non hanno avuto alcun riscontro». Secondo il gip, «dagli
accertamenti eseguiti in Germania risulta che i fondi per la
realizzazione del parco eolico Wind Farm di Isola Capo Rizzuto sono
stati erogati dalla HSH Nordbank con esclusione di finanziamenti occulti
riconducibili alla consorteria degli Arena di Isola Capo Rizzuto e
dell’ipotizzato reato di riciclaggio e che in relazione alla “Vent1 Capo
Rizzuto” non vi sono elementi per ipotizzare la riconducibilità della
società ad Arena Pasquale cl.’53». Insomma, dopo sei anni di indagini ci
si ritrova con una ordinanza che esclude «l’ipotesi di impiego di
capitali mafiosi», così come esclude «che gli indagati, soggetti
stranieri ed incensurati, fossero a conoscenza del fatto che Pasquale
Arena classe 1953, Nicola Arena classe 1964 e Carmine Megna, anch’essi
incensurati, fossero gravati da “precedenti di polizia” che da soli non
consentono l’applicazione di misure di prevenzione nei loro confronti».
Nella sua ordinanza demolitoria, poi, il gip Gabriella Reillo aggiunge
che «Arena Pasquale, Arena Nicola classe 1964 e Megna Carmine, erano
portatori di interessi personali ed autonomi nella realizzazione del
parco eolico nella previsione di un guadagno economico derivato dallo
svolgimento di ruoli e funzioni lavorative», laddove invece, le indagini
non sono riuscite ad andare oltre il «mero sospetto del collegamento
dei due Arena con lo zio Arena Nicola classe 1937.
E ciò sulla
scorta dell’accertamento economico che ha escluso investimenti illeciti e
della verifica positiva ed innegabile dell’espressa volontà di Arena
Nicola classe 1964, di tenere lontano lo zio dall’attività
imprenditoriale in questione». Sempre secondo il gip, infine, le
indagini hanno «consentito di verificare appieno che la formale
estromissione di Arena Nicola classe 1964 e Megna Carmine dalla
compagine societaria era stata suggerita dalla necessità di difendere la
società dal sospetto di cointeressenze mafiose, così come ipotizzato
dal clamore mediatico che aveva accompagnato alcune inchieste
giornalistiche».
Inevitabilmente, sulla scorta di tale
pronunciamento del gip, la difesa ha ora formalizzato una richiesta al
Procuratore distrettuale di Catanzaro tendente ad ottenere «l’immediata
archiviazione del procedimento in relazione a ciascuna e tutte le
posizioni investigate» Nell’istanza, prodotta dall’avvocato Giancarlo
Pittelli, legale della società che ha la titolarità del parco eolico di
Isola Capo Rizzuto per averla acquistata dai fratelli Arena, si
sottolinea l’urgenza dell’archiviazione per scongiurare «il rischio
concreto e imminente della definitiva cancellazione di un’azienda
produttiva, in ragione delle conseguenze disastrose di un’ipotesi
investigativa rimasta priva di qualsivoglia conferma ed, anzi,
puntualmente smentita da acquisizioni probatorie di inequivoca portata».
E giusto per non restare nell’equivoco, ecco che l’avvocato Pittelli
ricorda che «la s.r.l. Vent1 Capo Rizzuto si trova attualmente in stato
di decozione prefallimentare.
E ciò a seguito dell’avvio
dell’inchiesta con l’emanazione del provvedimento di sequestro
preventivo d’urgenza del luglio 2012 (dapprima revocato e
successivamente riadottato) e dell’immediata spedizione, da parte del
prefetto di Crotone, dell’interdittiva antimafia che ha determinato
l’inevitabile sospensione e la successiva revoca del contratto
intrattenuto con il Gse avente ad oggetto la corresponsione degli
incentivi alla produzione (certificati verdi)». Un danno che la difesa
stima in «diverse decine di milioni di euro di mancati introiti, senza
considerare il debito residuo nei confronti dell’Istituto bancario
finanziatore (HSH North Bank) d’importo pari a circa duecento milioni di
euro. E ciò senza procedere a valutazioni economiche coinvolgenti altri
e diversi aspetti della vicenda». E qui sta il punto: cosa conviene più
ai titolari della società proprietaria del dissequestrato parco eolico?
A sentire le cattiverie che circolano, conviene che la loro istanza
venga respinta e l’inchiesta portata avanti con una richiesta di rinvio a
giudizio, nonostante la stroncatura già anticipata dal gip. Un caso
scolastico di errore giudiziario “pro reo”, se vogliamo.
È proprio
di questo che si preoccupa (e si occupa) la commissione Gratteri nel
rivedere il meccanismo di utilizzo dei beni sequestrati. Se invece di
bloccarne il funzionamento con interdittive e affidamento a curatori che
spingono le aziende verso il fallimento, le si mettesse a regime
avremmo, nel caso la confisca vada a buon fine, un bene pubblico
produttivo e utile alla comunità, nel caso di un proscioglimento la
restituzione dell’azienda senza alcun danno e quindi senza la
possibilità che sia l’erario a dover rimborsare danno e mancati guadagni
che è come dire, per il cittadino in cerca di giustizia, la beffa è il
danno. In questo caso anche ingente.