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Cari amici sul post ieri ho dato conto della verità alla quale (al momento) è giunta la Procura di Reggio Calabria: il colloquio a Prato il 13 ottobre 2005 tra il vecchio Don Mico Libri, Antonino Sinocropi e Salvatore Tuscano non faceva riferimento al clamoroso omicidio di Francesco Fortugno (che avverrà tre giorni dopo) ma a Demetrio Berna, che all’epoca dei fatti era consigliere comunale di maggioranza (dal 2002 al 2007) con Giuseppe Scopelliti sindaco e che attualmente ricopre la carica di assessore al Bilancio, programmazione economica e tributi nel Comune ora guidato da Demetrio Arena (rimando in archivio al post di poche ore fa, oltre ai post del 14 maggio 2011 e 14, 15 e 16 ottobre 2011 e 9 agosto 2010).
Ora qualche domanda – oltre a quella principale: perché l’unico testimone in vita di quel colloquio, vale a dire Antonino Sinicropi si avvale della facoltà di non rispondere di fronte all’Autorità giudiziaria che gli chiede conto? – bisognerà pur porsela.
E allora vediamo il primo quesito che pongo a me e a voi: dando per scontato che le moderne tecniche di filtro e ripulitura consentano un miglior ascolto, perché la Questura di Reggio Calabria giunge nel 2005 con assoluta certezza al riferimento a Francesco Fortugno e, 6 anni dopo, con altrettanta certezza si nega quel riferimento e si attribuisce quest’ultimo al politico-imprenditore Demetrio Berna?
In vero il riferimento ai giornali che sarebbero stati conservati da martedì e non da lunedì mi sembra un indizio debolissimo. Molto più forte – in vero – quello in cui si fa riferimento “all’imprenditore” (Berna appunto) e a “Piazza Castello” (nei cui pressi Berna ha un ufficio”. Ma allora – mi chiedo – perché questa seconda parte della telefonata (che sembrerebbe dirimente nell’interpretazione), pur presente integralmente nella prima informativa della Questura non viene assolutamente presa in considerazione nel 2005?
Eh sì perché questi elementi presi in considerazione dalla prima informativa del 2005 sono gli stessi che verranno presi in considerazione nella seconda e le tecniche di ascolto non sembrano incidere per nulla nell’analisi. Nel 2005 la Questura tralascia le parole “Berna”, “imprenditore” e “Piazza Castello” e si concentra sulla parola “Fortugno” mentre sei anni dopo la situazione si capovolge a favore della tesi-Berna.
Si potrebbe facilmente obiettare: con questa seconda relazione la Questura (si veda il precedente post) ha però ricordato che nella sola intercettazione del 18 febbraio 2006 nella casa di Domenico Libri, tra lo stesso Don Mico e il figlio Giuseppe peraltro già contenuta nell’informativa Testamento del 26 febbraio 2007 (che non poteva ovviamente essere presente nella precedente informativa della Questura) si faceva distrattamente riferimento all’omicidio di Francesco Fortugno.
LE SOMMARIE INFORMAZIONI TESTIMONIALI
Obiezione accolta e controbiezione sulla base di quanto leggerete di seguito.
La Questura scrive testualmente a pagina 14 che “i tre interlocutori disquisiscono circa un favore che S.M. avrebbe fatto a Berna e che questi avrebbe dimenticato, da qui il risentimento e i propositi di vendetta della cosca Libri”.
Peccato che S.M., avvocato, nelle sommarie informazioni testimoniali (cosiddette Sit) rese alla Squadra mobile di Reggio Calabria il 30 luglio 2011 alle 9.10, davanti ai dirigenti Luigi Silipo e Giuseppe Poidomani dica testualmente: “…il passaggio che mi leggete mi sorprende perché non ho mai chiesto alcuna cortesia a Berna né lui mi ha mai chiesto nulla. Devo precisare, tra l’altro, che il settore dove opera Berna è quello dell’edilizia, dunque del tutto estraneo al settore forestazione. Mi riferisco anche al periodo in cui è stata intercettata la conversazione che mi avete appena letto…”. Prima e dopo, M. dirà di aver conosciuto Francesco Fortugno e di avere avuto con lui rapporti di cordialità, stima e amicizia e, comunque “che nella frase dove gli interlocutori pronunciano il nome Fortugno, non facciano riferimento a Franco Fortugno ma a qualcuno che si trova nel loro territorio”.
Peccato ancora che alcuni giorni prima, il 25 luglio 2011, alle 18, negli uffici della Mobile, Demetrio Berna dica: “…conosco S.M. ma non credo che mi abbia mai fatto favori. Anzi lo escludo”. E ancora: “Non ho mai avuto rapporti con Francesco Fortugno…”. E infine: “…Non so perché Libri, Tuscano e Sinicropi facciano riferimento a me o alla mia famiglia nella conversazione che mi avete letto”.
Peccato, ancora, che lo stesso giorno – uno via l’altro – alle 19.30 entri negli uffici della Mobile di Reggio il fratello di Demetrio Berna, Francesco, amministratore della “Berna costruzioni srl” il quale dica testualmente: “…come detto conosco S.M. molto superficialmente ma non ricordo che mi abbia mai fatto favori, anzi lo escludo”.
Altri tre Berna – Pasquale e Domenico (zii dei due) e Giovanni (padre) – verranno ospitati il 1° e il 2 agosto 2011 per testimonianze sommarie negli uffici della Mobile di Reggio – ma renderanno informazioni in linea con le precedenti rese dai familiari Demetrio e Francesco.
LE PAROLE DI MOIO
Va poi ricordato che il pentito Roberto Moio (interrogato il 19 settembre dal magistrato Francesco Mollace nell’ambito del processo cosiddetto Testamento) dirà testualmente: “….No. Posso accennare per dire uno, sempre aiutato penso sempre anche da loro. A Berna, per dire. Berna è parente di Presto. Io i Presto, per dire, li ho conosciuti nel periodo quando Totò Libri, il figlio della buonanima di Mico Libri, era latitante a casa sua, dai Presto. Totò Presto e i suoi fratelli avevano una carrozzeria, e loro… non so… nell’ambito edilizio, aiutati molto, sono con la cosca Libri. E ho saputo… sapevo, va’! Sapevo che Berna era aiutato da loro, insomma, appoggiato da Libri, aiutavano i Libri, aiutavano anche questo Berna. Il nome non lo ricordo. E ha chiesto anche questo Berna… aveva contatti… già io sapevo per conto mio la stretta amicizia, e mi sembra anche parentela che hanno con questi Presto, di Cannavò, e la vicinanza dei Libri…”.
Il nome di battesimo di questo “Berna” il pentito Moio non lo ricorda ma se fosse – come ho visto nelle congetture di una parte della stampa calabrese, il politico Demetrio Berna – ci sarebbe da domandarsi per quale cacchio di motivo una cosca che appoggia un candidato alle elezioni secondo – sia ben chiaro – le dichiarazioni di Moio, dovrebbe contemporaneamente auspicarne la fine (non solo politica). Demetrio Berna – va detto – ovviamente smentisce qualunque riferimento alla cosca Libri e non è assolutamente indagato.
Ma al di là di tutte queste apparenti incongruenze o se preferite, dubbi su chi veramente fosse al centro dell’amorosa corresponsione di sensi telefonici tra Don Mico Libri e i suoi due compari, una cosa mi sembra davvero inquietante, al netto del fatto che sei anni dopo la Questura sembra mettere in discussione se stessa (sia pure, ripeto, al riparo delle più moderne tecniche di filtro e ascolto delle bobine). Vale a dire: la cosca Libri si è mossa (si sarebbe mossa) per colpire un (semisconosciuto) imprenditore-politico che giura di non avere un cavolo a che fare con Libri, M. etc etc mentre invece l’omicidio di un vicepresidente del consiglio regionale sarebbe stato deciso tra quattro persone a Locri, tra caposala e senza lavoro, senza la benedizione della ‘ndrangheta riunita in conclave?
Se questo fosse vero – e io personalmente non ci credo e non ci crederò mai – si sarebbe verificata un’altra straordinaria stranezza inconcepibile per le cosche: nel giro di due giorni (16 e 17 ottobre) si sarebbero potuti verificare due omicidi o comunque due episodi eclatanti che, verosimilmente, se entrambi fossero avvenuti, avrebbero richiamato da Cosenza all’Aspromonte, da Cassano a Scilla, non solo l’Esercito italiano ma probabilmente anche la Cia, il Mossad, ciò che resta del Kgb e magari anche una troupe di “Cose dell’altro mondo”, programma tv che se non esiste lo avrebbero inventato sul momento.
Ma c’è un altro punto sul quale mi pongo dei dubbi: la riunione nella sala Bingo. Ma di questo leggerete nel prossimo post.
2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata ieri 23 novembre)