I primi a essere felici sono proprio loro, i ragazzi e le ragazze delle cooperative che già lavorano nei beni confiscati alle cosche e che hanno destinato, in tutto o in parte, ad attività turistiche.
Da Corleone alla Valle del Marro, da Caserta al Salento dove accanto ai buoni frutti della terra coltivano anche la passione per gli agriturismi, questi giovani danno il benvenuto al decreto con il quale il Governo punta ad affidare a coop under 35 i beni confiscati che siano destinati a fini turistici. A tutti dà voce Davide Pati, responsabile per Libera, l’Associazione fondata da Don Luigi Ciotti nel ‘95, della gestione e della valorizzazione dei beni sottratti alle mafie. L’apertura alla dimensione imprenditoriale e produttiva attraverso le agevolazioni al credito bancario piace. “Abbiamo accolto con favore la proposta soprattutto perché si tratta di un ulteriore incentivo per creare un futuro occupazionale per i ragazzi– afferma Davide Pati – anzi chiediamo al Governo proprio questo: maggiore impegno per favorire tutti questi progetti di riscatto. Il prossimo passo in avanti è quello di togliere i lacci amministrativo-burocratici che impediscono il pieno sfruttamento del bene, come le ipoteche o il degrado provocato dall’abbandono. Bisognerebbe anche aumentare le risorse economiche e di personale dell’Agenzia per i beni confiscati. Si tratta infatti uno strumento utile per creare le condizioni affinché la mafia non riprenda il possesso di questi beni".
Tutto bene dunque? In realtà, per Libera, qualche problemino esiste. “La criticità –ammette Pati – consiste nella concessione a titolo oneroso dei beni alle cooperative di giovani. L'articolo entra in contraddizione con il principio della concessione a titolo gratuito previsto dal codice antimafia e oramai da sedici anni di applicazione della legge 109/96”.
Non esistono statistiche ufficiali sui beni che potenzialmente sono interessati dalla novità normativa. Il dato, della stessa Agenzia nazionale, è complessivo e parla di 11.954 proprietà sottratte alla gestione malavitosa, di cui 10.438 immobili e 1.516 aziende. Edifici, terreni, case, attività imprenditoriali e commerciali che in gran parte si trovano nel Sud dove il bisogno di lavoro pulito è altissimo.
Gli esempi di successo ai quali il Governo avrà probabilmente guardato non mancano. L’Alto Belice Corleonese ospita due strutture ricettive realizzate in casolari confiscati a Cosa nostra: l'agriturismo Portella della Ginestra, con il Centro ippico Giuseppe Di Matteo e l’agriturismo Terre di Corleone. Le due strutture offrono anche la possibilità di visitare le aziende didattiche, dove le scuole possono compiere tour guidati e scoprire tutto sulla coltivazione biologica dei campi, sull’allevamento degli animali e sulla storia del movimento antimafia nel territorio dell’Alto Belice Corleonese.
Se si risale la Penisola si giunge in Toscana. L’Azienda agricola Suvignano, che ha sede nel Comune di Monteroni d’Arbia (Siena), rientra nella cosiddetta “confisca Piazza”, costruttore palermitano negli anni Ottanta. Ha un’estensione di 800 ettari ed è qualificata come azienda faunistico-venatoria. Produce cereali – per i quali ha ottenuto il marchio “Agriqualità” della Regione Toscana – foraggio, olio Dop e legname. Ospita un importante allevamento di suini di razza “cinta senese”, per il quale ha aderito al consorzio e un allevamento di ovini di razza sarda. La cosa più spettacolare? La possibilità di essere ospitati perché questa azienda è anche un agriturismo.
r.galullo@ilsole24ore.com
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