A Barcellona Pozzo di Gotto ieri è calato il sipario sulla due giorni di incontri e seminari in memoria del giornalista Beppe Alfano, trucidato 20 anni fa da Cosa nostra.
Ho trovato poco interessanti gli interventi degli stranieri. Prendiamo ad esempio quello di Jörg Ziercke, presidente della Bka, la Polizia federale tedesca.
«La metà dei gruppi criminali identificati in Germania – ha detto Ziercke in apertura– appartengono alla ‘ndrangheta. E’ il maggior gruppo criminale sin dagli anni ‘80. In confronto ad altre associazioni presenti in Germania, gli italiani hanno ancora la più forte organizzazione».
Cosa risaputa e comunque peccato che dell’”identificazione” la politica tedesca non sappia (o quasi) cosa farsene, dal momento che, come ha ricordato lo stesso presidente della Bka, «il codice penale italiano comprende il reato di associazione mafiosa, è indispensabile che anche quello tedesco lo comprenda. E’ necessario per identificare, per esempio, le attività di riciclaggio del denaro sporco». Allora di cosa stiamo parlando?
Di fronte a questo dannato dato di fatto benvenga la proposta, avanzata nel corso del suo intervento, della creazione di «uffici per le indagini sia in Italia che in Germania. E’ importante poter interrogare i testimoni». Forse questo potrebbe aiutare a migliorare la collaborazione tra autorità e magistrature dei due Paesi che comunque, sempre secondo Ziercke «oggi è ad ottimi livelli, ma è necessaria una comprensione reciproca delle limitazioni dei rispettivi ordinamenti giudiziari. E’ necessario che si coordini un approccio internazionale per la sicurezza a livello. Lo scambio delle informazioni a livello europeo è essenziale per combattere con successo i gruppi che operano a livello internazionale. Le autorità tedesche hanno risposto al processo di internazionalizzazione della criminalità con la creazione della task force italo-tedesca, nata dopo la strage di Duisburg. Da allora la cooperazione tra i nostri Paesi si è decisamente intensificata».
Sarà pure che la collaborazione è buona e che la mafia è nei pensieri dei governanti e del popolo tedesco ma verrebbe da dire: ne siamo sicuri?
L’AUDIZIONE DI CAPONCELLO
Il 31 luglio 2012 Carlo Caponcello, sostituto procuratore nazionale antimafia, nel corso della sua audizione alla Commissione parlamentare antimafia rispondendo alle domande dei commissari parlamentari affermò infatti che «i tedeschi hanno una cultura giuridica diversa dalla nostra e non ha come principale momento, come punto nodale, la criminalità organizzata. In altri Paesi europei le organizzazioni mafiose si comportano bene e in quei Paesi non si avverte un senso di forte disagio, si ha una diversa percezione. Gli studi fatti da una giovane studentessa che ha avuto rapporti con l’associazione “Mafia? Nein Danke!”, elaborando dei dati ottenuti intervistando soggetti di diversa provenienza, dimostrano come la percezione del fenomeno mafioso e della sua invasività in Germania sia limitata. Le organizzazioni mafiose in Germania non hanno lo stesso tipo di forza che hanno da noi. Per quanto riguarda i circoli culturali, io sono stato tre o quattro volte in Germania per motivi operativi; siamo stati giorni interi a prendere in mano delle indagini svolte da varie procure. Sono stato anche invitato da "Mafia? Nein Danke". Certo, i numeri sono quelli che sono, hanno 50 o 55 iscritti; però lì ho constatato che c'era gente consapevole, dei tedeschi consapevoli che avevano preso coscienza della cosa. Certo, non ha la stessa diffusione che si ha dalle nostre parti, per i motivi che vi ho detto poc'anzi. Non voglio parlare di un risveglio, perché il risveglio presuppone ontologicamente che ci si sia addormentati e io credo che i tedeschi non si siano mai addormentati. Credo che forse abbiano guardato le cose con un pragmatismo eccessivo. Sì, con queste organizzazioni si convive. Questa è una mia impressione di tipo sociologico, che lascia il tempo che trova. Io però ho avuto l'impressione che un po' si conviva con questa realtà».
Per i cultori della materia segnalo che questi passi dell’audizione di Caponcello furono oggetto di un mio articolato servizio sulla presenza della ‘ndrangheta in Germania uscito su questo umile e umido blog il 29 ottobre 2012 (si veda archivio). Conclusi così il mio pezzo: «Se anche in Germania stanno imparando a convivere con la mafia stiamo freschi!».
VOCE AI NOSTRI
E così, come spesso accade, a dare lezione sono stati i nostri. A cominciare dai pm Roberto Scarpinato (Procuratore generale a Caltanissetta) e Nicola Gratteri (aggiunto a Reggio Calabria).
Quest’ultimo ha messo sotto accusa proprio la schizofrenia legislativa in ambito Ue: «Con la schizofrenia normativa che abbiamo in Europa, non andremo da nessuna parte. In Europa circolano tonnellate di cocaina, ma non è possibile il sequestro e nemmeno il ritardato arresto. Siamo ancora all’abc, da questo punto di vista. Se è vero che la ricchezza delle mafie proviene dalla droga, di cosa stiamo parlando se non possiamo fare sequestri in questi Paesi, dove non è ancora possibile nemmeno intercettare un blackberry? Sono paesi che parlano di tecnologie che noi in Italia usiamo da 10 anni. A me dispiace per i colleghi, che se la prendano. Ma dove vogliamo arrivare? ».
Insomma se non è possibile neppure possibile sequestrare un bene mafioso all’estero o intercettare due sospettati fuori dai confini nazionali di che parliamo?
«Io non sono ottimista – ha sottolineato Gratteri – anzi, sono molto arrabbiato. Abbiamo bisogno di potere intercettare, in Germania come in Italia. Abbiamo bisogno di catalogare i reati in modo che in Europa siano tutti d’accordo: per i reati di droga, gli omicidi, i reati sessuali. Dobbiamo assolutamente avere la possibilità di compiere le intercettazioni. L’utopia sarebbe un’Europa federale, con una Procura europea che si interessa di reati federali, di macrocriminalità. Ma è una strada molto lunga, perché interviene la politica. Per non aspettare altri 50 anni, facciamo piccoli passi: le intercettazioni anche all’estero».
L’UTOPIA
Ma su quella utopia è tornato Scarpinato. «Le resistenze politiche e culturali sono fortissime – ha detto – . Serve la figura del Procuratore europeo, che abbia potere investigativo. Altrimenti non abbiamo dove andare. Bisogna introdurre in Europa i reati di mafia. E’ stato un passo molto importante la costituzione della Commissione Antimafia Europea. Ma bisogna creare le premesse per costruire un diritto penale europeo, che sarebbe solo uno dei passi per una finale strategia che metta al sicuro il futuro del mondo».
Quando eravamo giovani vivevamo di utopie. Sarebbe bello – per i nostri figli e i figli dei figli – morire avendone realizzata qualcuna. Questa, tra le altre.
r.galullo@ilsole24ore.com