Le chiacchiere stanno a zero. Non per chi ha voluto far uscire la notizia – esattamente una settimana fa – dell’ultima minaccia al pm Giuseppe Lombardo, che a Reggio – da solo e isolato – sta cercando di sventrare il sistema criminale calabrese che da anni sto raccontando su questo blog e che negli ultimi 10 giorni ho riassunto (si vedano post in archivio). Solo e isolato, ripeto. Per questo oggi rido amaramente nel leggere il profluvio di “solidarietà” che proviene da settori inutili (e per questo ancor più dannosi) della cosiddetta società civile reggina, della politica e della classe dirigente calabrese. Dov erano costoro – esclusi i parterre nei quali si facevano fotografare al fianco dei colleghi potenti – fino all’altro giorno? Ve lo dico io dove erano: a pranzo con il potere marcio o girati dall’altra parte. Tertium non datur. Facile schierarsi ora.
Lacrime di coccodrillo alle quali – bagnato per bagnato – avrei risposto con uno sputo in faccia a tutti: ecco come me la sarei cavata io al posto di Lombardo che almeno, questa volta, si è risparmiato le chiamate “chiagni e fotti” di qualche illuminato. Anzi: Illuminato.
La notizia dell’ultima minaccia è filtrata – è stata fatta filtrare – con questo tenore: “Se non la smetti ci sono pronti altri 200 chili”. Questo è quanto “sarebbe” stato scritto nel biglietto di minacce al pm Lombardo che accompagnava la busta con all’interno 50 grammi di esplosivo. “Sarebbe”, appunto, perché non è così.
Le parole – mai come a Reggio Calabria – pesano come macigni e allora rompo il silenzio – al quale pure avevo giurato di attenermi da quando ho saputo dell’ennesima minaccia – per raccontarvi che il biglietto era di ben altro tenore. Esattamente – parola per parola – nella frase che accompagnava la busta c’era scritto: “Fermati. Perché se non ti fermi da solo lo facciamo noi con altri 200 chili”.
Le parole fanno la differenza. Un’enorme differenza. E le parole utilizzate in quel biglietto sono la fotocopia – l’esatta fotocopia – di quanto da anni Giuseppe Lombardo sta gridando sempre più forte all’esterno ma prima ancora all’interno del Palazzo di Giustizia sulle indagini delicatissime che sta conducendo: “Io non mi fermo. Io”.
Chi ha scritto il biglietto sapeva dunque come fargli capire – questa volta inequivocabilmente – che il messaggio veniva dal cuore trafitto dalle sue inchieste. Il cuore – lo sa anche chi si esercita giocando con il “Piccolo chirurgo” – batte sempre all’interno del corpo malato. Mai all’esterno.
Il cuore di quel sistema criminale – che altro non è che un’associazione segreta di stampo mafioso – che Lombardo è pronto, finalmente, a colpire con l’arrivo del nuovo procuratore Federico Cafiero De Raho. Gli “invisibili” di cui parlava nel 2007 un indagato del processo Bellu lavuru (si veda post del 6 marzo). I “riservati”, di cui parla il pentito Nino Fiume.
Chi lo ha scritto quel biglietto – ma prima ancora la filiera che lo ha “dettato” e perfezionato – lo sapeva. Lo sa. Per questo l’invito a “fermarsi da solo”. Anche questa frase è fatta di macigni e non di parole. Chi ha spedito il biglietto sa che solo lui può fermarsi, visto che ora non ci sarà nessuno che potrà farlo al posto suo. Ma non lo farà, Lombardo. Statene certi.
C’è un’ultima cosa che – chi ha “dettato” quel biglietto – sapeva e che l’opinione pubblica non conosceva e non deve conoscere: il riferimento agli “altri” 200 chili. Un riferimento preciso, mirato, certosino, chirurgico. Subito dopo l’estate 2012 – infatti – con qualche iniziale ritrosia, i servizi misero Lombardo al corrente che in città erano arrivati centinaia di chili di esplosivo. Per lui. Non per la sagra dello stocco a Reggio Calabria. Solo chi sapeva questo poteva fare un riferimento così demoniaco – “altri” – nel biglietto. Non a caso – subito dopo l’estate – è cominciato quel processo di “blindatura” della famiglia del pm Lombardo che doveva portare alla sua, alla loro reclusione in un luogo protetto. Un gesto estremo ad una minaccia estrema. E credibile come mai.
Lombardo deve morire e con lui quel poco di Stato che c’è in Calabria. Forse no. Perché lo Stato – che lui rappresenta come Servitore ai massimi livelli – ora ha spedito a Reggio Federico Cafiero De Raho, preceduto in città da poco (vivaddio) e involontariamente da un paio di ottimi colleghi con i quali Cafiero De Raho ha costruito e condiviso come un sol uomo quel miracoloso pool anticamorra che a Napoli non ha guardato in faccia a nessuno: Paolo Sirleo e Francesco Curcio. Forse lo Stato sa a cosa va incontro. Forse non lo sa.
Ve lo spiego io per come conosco – da tanti anni – Cafiero De Raho: intransigenza allo stato puro. Tutti gli uomini – compresi i magistrati per i quali magari si occuperà presto più di una Procura – per Cafiero De Raho sono uguali di fronte alla legge. Un principio chiaro: costituzionale. E la Costituzione non è una chiacchiera. E’ un macigno.
Per questo, a tremare, a Reggio è quel sistema criminale fatto di professionisti insospettabili – lanciati come una pallina sulla roulette da chi a Reggio comanda, vale a dire le cosche Condello e sempre più De Stefano – che per conto degli “invisibili” e dei “riservati” tira le fila di quell’associazione segreta di stampo mafioso che governa Reggio e non solo. Uno “stampo” deviato che se ne fotte di don Mico Oppedisano e che ha blindato la spartizione milionaria degli affari e che ha sigillato alle proprie poltrone i politici che quella spartizione devono garantire. Nessuna fuga in avanti: tantomeno in Parlamento. Lì sono stati spediti altri garanti.
Siamo al punto di non ritorno. L’ultima possibilità per Reggio (mi correggo: per l’Italia) di provare a far muro contro le mafie in giacca e cravatta.
Per questo Lombardo, oltre a chiedere scusa alla sua famiglia e oltre a raccontare l’ovvio per un vero Servitore dello Stato (“conosco i mie doveri e agirò di conseguenza”) ha citato Bertolt Brecht del “Leben des Galilei” (“La vita di Galileo”): “Chi non conosce la verità è uno sciocco ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.
Una frase – quest’ultima – posata con garbo istituzionale sul tavolo di Federico Cafiero De Raho, mentre con uno sguardo agli "avanzi" di presente, Lombardo pensava al passato.
10 – to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate il 4, 5, 6, 7, 8, 11, 12, 13 e 14 marzo)