Ci sono cose a San Marino…Ci sono cose a San Marino…che voi umani non avete mai visto.
Voi (noi) umani non le avete (non le abbiamo) mai viste ma i finanzieri e i pm di Forlì si…Conti correnti e posizioni fiduciarie accesi a San Marino per sottrarle (più) facilmente ai controlli; pagamenti rigorosamente in banconote da 500 (che in Europa sono più rare del Gronchi Rosa ma sul Titano pullulano) ma soprattutto…
…ma soprattutto movimentazioni finanziarie realizzate anche a distanza di pochi secondi l’una dall’altra nella stessa filiale: assegni ai quali seguono bonifici ai quali seguono prelievi in contanti, ai quali seguono versamenti in contanti ai quali seguono altri bonifici. Quasi 30 milioni prelevati in pezzi da 500 …Roba che nemmeno il mago Silvan ci sarebbe riuscito…Chissà, forse i napoletani esperti con il gioco delle tre carte…Chissà
Tutto questo c’è nella superficie (seppur concretissima) dell’operazione Fil Rouge, condotta venerdì scorso dalla Gdf di Forlì e dalla Procura. Una prosecuzione (da cui il “filo rosso”) dell’indagine Varano condotta dal pm Fabio Di Vizio, con la quale sono state scoperte falese fatturazioni per 80 milioni.
In realtà, è bene dirlo subito, si tratta della punta dell’iceberg permesso da piroette e slalom speciali tra le maglie larghe delle legislazioni e degli accordi tra Italia e San Marino che (forse) saranno rese più strette dall’imminente (pare, sembra, si dice) accordo sullo scambio di informazioni tra i due Paesi. Il Sole-24 Ore del 19 e 20 aprile ci informa infatti che a distanza di più di 10 anni dalla firma del 21 marzo 2002 e a poco meno di un anno dal protocollo di modifica del 13 maggio 2012, la convenzione contro le doppie imposizioni siglata dall’Italia con la Repubblica di San Marino si appresta a diventare legge dello Stato, dopo il ddl approvato dal Consiglio dei ministri.
In attesa di ciò che sarà, limitiamoci ad osservare ciò che è.
IL SEQUESTRO E LE SPONSORIZZAZIONI
Ciò che per prima cosa appare è un sequestro preventivo sostanzioso richiesto dal pm Di Vizio e disposto il 17 aprile dal Giudice per le indagini preliminari Rita Chierici, nei confronti dell’imprenditore di Cesena Giorgio Manuzzi. In un colpo sono state sequestrate tutte le quote sociali di Moving (il cui oggetto sociale è lo “studio di promozione pubblicitaria”), tutti i beni mobili che costituiscono le aziende della Moving e della San Crispino Immobiliare, tutti i beni immobili intestati, a titolo di proprietà, a Moving e San Crispino Immobiliare; tutte le quote sociali della Moving e la quota del 95% di San Crispino Immobiliare intestata a Carifin, tutti i beni immobili intestati a titolo di proprietà a Moving e a San Crispino Immobiliare, nel limite del valore equivalente al profitto conseguito dall’indagato Manuzzi e, infine, tutti i beni mobili registrati e beni immobili intestati, a titolo di proprietà, dell’indagato Manuzzi, ancora entro il limite del valore equivalente al profitto conseguito in seguito alla commissione di reati.
Il sequestro delle aziende coinvolte e dei beni – a monte e a valle della catena – in attesa della confisca, è un enorme deterrente che potrebbe (anche in virtù dei rapporti che vorrebbero essere sempre più stretti tra i due Paesi) scoraggiare forme di emulazione. Questo potrebbe dunque essere un viatico per il futuro, mentre per il passato pesa l’enorme incognita delle false sponsorizzazioni e delle false pubblicità conosciute (ma difficili da provare) dalle Alpi alle tonnare di Mazara del Vallo.
Il meccanismo svelato dalla Procura di Forlì contemplava infatti prestazioni promo–pubblicitarie fittizie da una società di sponsorizzazioni con sede a San Marino (riconducibile al medesimo Manuzzi che, è doveroso darne conto, già lo scorso anno di questi tempi, da indagato, aveva dichiarato ai media locali di essere del tutto estraneo ai fatti contestati e dunque il suo atteggiamento non è certo cambiato), la quale a sua volta si avvaleva di fatture per operazioni inesistenti emesse da operatori economici nazionali senza alcuna operatività (cosiddetti missing traders) per formare il “pacchetto” di costi vertiginosamente gonfiati che la medesima forniva “a cascata” alla propria clientela nazionale mediante l’emissione di fatture false per oltre 80 milioni (con evasione dell’Iva per oltre 16 milioni).
EVVIVA LE ROGATORIE VERE!
Ma veniamo alla “ciccia” che può aprire importanti spiragli per i due Paesi, sempre, beninteso che via sia la collaborazione e, soprattutto, la preparazione di investigatori e inquirenti. Senza i documenti della rogatoria (e senza la faticosa analisi di questi ultimi) sarebbe stato impossibile ricostruire i flussi finanziari dall’Italia a San Marino e da San Marino all’Italia. Sarebbe stato insomma impossibile ricostruire, per la Procura che sostiene l’accusa, questo abile “spicchio” di riciclaggio in pezzi da 500 euro.
Per la prima volta nella storia, la Guardia di Finanza è andata con propri uomini a San Marino ad assistere ad un atto di indagine dell’Autorità giudiziaria di quel Paese e, tra le prime volte, una Procura italiana ha fatto altrettanto. Di sicuro la Procura di Forlì lo ha fatto per la prima volta in esecuzione della nuova normativa sammarinese sulle rogatorie, Una rogatoria non facile da concedere, se si considera quale sia il rapporto politica/giustizia sul Titano e considerando le conoscenze dirette o indirette che Manuzzi aveva e ha con esponenti politici di San Marino.
Tanto per dirne una, le indagini coordinate da Di Vizio, come si legge testualmente a pagina 11del decreto di sequestro preventivo, hanno posto in evidenza che la società San Crispino Immobiliare era di fatto amministrata da Giorgio Manuzzi e a lui riconducibile, benché fosse formalmente amministrata da Marco Gatti (ragioniere iscritto nell’Albo della Repubblica di San Marino, esponente politico locale e nipote dell’ex segretario di Stato nonché Capitano Reggente, nonché potentissimo o ex potentissimo, vai a capire te, Gabriele Gatti) e nella titolarità del socio di maggioranza Carifin Sa, società finanziaria sammarinese, già emersa e sommersa in precedenti indagini sul riciclaggio condotte dalla Procura di Forlì. Secondo quanto emerge dai mandati fiduciari forniti da Carifin alla Gdf, Giorgio Manuzzi è il mandante nell’interesse del quale (mandato 1957I, ex mandato 7781) Carifin Sa partecipava fiduciariamente al capitale sociale di San Crispino Immobiliare.
A partire dal primo gennaio 2011 amministratore unico di San Crispino Immobiliare diventa Massimo Matteini, socio dello studio Ricc
i-Matteini. Matteini, sentito dalla Procura, dichiara di “aver assunto la carica su richiesta del precedente amministratore, Marco Gatti, il quale per ragioni politiche e di immagine, aveva voluto disfarsene e a tal fine si era rivolto allo studio Ricci-Matteini che già seguiva la contabilità della società…”
Matteini risulta ignaro delle vicende societarie di San Crispino Immobiliare, che da riassumere appare difficile. Basti dire che ad aprile 2010 Manuzzi crea il trust Elba; il 12 maggio 2010 è mandante di Carifin 1957I (il 95% di San Crispino): il 13 maggio 2010 Manuzzi cede il mandato a Kea Sa (sua da 10 giorni prima, scrive Di Vizio e sottoscrive il Gip): il 20 maggio Manuzzi fa confluire Kea nel trust Elba e 2 giugno 2010 Manuzzi trasferisce il trust Elba il credito di 2,5 milioni derivante dalla cessione del 95% di San Crispino a Kea.
Da notare in questa vorticosa girandola ricostruita anche grazie a una buona rogatoria, la cui gestione, dal domanda al momento di completamento dei dati ha impegnato quasi un anno di lavoro, che: 1) nessuna notizia investigativa risultava sul "guardiano" del trust e amministratore unico di Kea (un italo-americano residente sul Titano), addirittura sconosciuto allo stesso Matteini e alla sua segretaria; 2) l’operazione del trust era totalmente sconosciuta presso la Camera di commercio di Rimini: 3) Manuzzi telefonava a Carifin con una scheda telefonica intestata a…un cinese; 4) il trust dichiarato era in realtà un “trust sham”, vale a dire un trust simulato, per creare uno schermo tra il patrimonio personale e quello riconducibile al trust.
I PROFESSIONISTI
Un’ultima cosa da osservare in questa “fetta” di analisi: anche questa indagine – qualora ce ne fosse mai bisogno – testimonia che senza competenze tecniche “accorte”, questo sistema di frode fiscale non potrebbe esistere.
Rispettati professionisti (italiani e sammarinesi), secondo il quadro che emerge dalle investigazioni, offrono le proprie competenze a favore di soggetti economici spregiudicati, i quali offrono un servizio (le fatture per operazioni inesistenti) estremamente appetibile soprattutto in un momento di crisi come quello che l’Italia e il mondo stanno attraversando, per neutralizzare il debito tributario delle imprese apparentemente normali.
Professionisti, banche e finanziarie ritengono del tutto coerente con la tipologia dei servizi da essi offerti (agevolando e consentendo il raggiungimento dello scopo della truffa) creare riserve nere, ma imputandole contabilmente come costi e fiscalmente come elementi negativi (e dunque gravandone il sistema della fiscalità generale, ciascuno di noi).
LA PRIMA VOLTA CHE…
Per ultimo – ma non ultimo – questa indagine e conseguente sequestro preventivo, rappresentano uno dei primi casi di collaborazione investigativa tra Guardia di finanza e Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia, sotto il coordinamento dell’autorità giudiziaria, soprattutto per quanto riguarda la condivisione dei dati estratti dalle rispettive banche dati e la loro successiva elaborazione ed analisi.
L’Uif, inteso come ufficio nella sua globalità e non come singolo componente dello stesso ufficio, non è stata solo la fonte dell’indagine penale ma attiva protagonista, almeno della fase iniziale. La Guardia di finanza ha iniziato il proprio lavoro dagli assegni portati in stanza di compensazione della Banca d’Italia (“tramitati”) dall’Istituto centrale delle banche Popolari, l’Uif invece dai bonifici “da” e “per” San Marino, “tramitati” dall’Istituto centrale delle banche popolari.
Grazie alle analisi di Uif e Gdf sono state individuate alcune anomalie (tra l’altro anche mancate o inesatte presentazioni delle dichiarazioni dei redditi dei fornitori della Moving), che scaturivano dalle principali banche dati fiscali e finanziarie, debitamente raccordate, con conseguente selezione delle aree di maggior criticità da approfondire con gli strumenti classici della Polizia giudiziaria: sommarie informazione testimoniali, interrogatori, perquisizioni, sequestri, fino alla complessa rogatoria.
Non resta che sperare che questo “filo rosso” della collaborazione tra Italia e San Marino applicato all’operazione…Fil Rouge e che ha visto l’ingresso in campo di protagonisti perfettamente calati nella propria parte, diventi la regola. Immaginate quante cose noi umani potremmo scoprire sull’asse “Italia-mafie-banche-San Marino”!
r.galullo@ilsole24ore.com