Cari lettori di questo umile e umido blog chi l’avrebbe mai detto!
La scorta politica ad Angela Napoli – che ancora nel 1994, una vita fa, eppure sono passati appena 19 anni, presentava ordini del giorno, interrogazioni e interpellanze firmando in calce al suo nome “Alleanza nazionale-Movimento sociale italiano” – sarà approntata dal Pd e del Movimento 5 Stelle.
Che contrappasso storico e sociale per chi ha vissuto una vita fianco a fianco con il delfino di Giorgio Almirante, vale a dire quel Gianfranco Fini che ad un certo punto ha deciso di lasciare Napoli al proprio destino!
Dopo la decisione del Viminale attraverso il Comitato ristretto reggino per l’ordine pubblico e la sicurezza –assunta il 10 aprile ma comunicatale appena un mese dopo, coincidenza del tutto casuale con il cambio della guardia al ministero dell’Interno – di revocarle la scorta (si veda il post di ieri in archivio) toccherà infatti a due parlamentari del Pd e del M5S correre in Parlamento in soccorso dell’ex vicepresidente della Commissione antimafia che dopo una vita spesa contro la criminalità organizzata è stata prima mollata dal partito (ha militato nel Fli per poi abbandonarlo a causa di forza maggiore) e poi, così sembra, dallo Stato.
Dopo che la notizia ieri è circolata nelle redazioni e nelle segreterie dei partiti (forse i sistemi criminali calabresi erano già a conoscenza da mesi dell’epilogo e poi su questo tornerò), il cellulare di Napoli ha trillato in continuazione. Telefonate di solidarietà da giornalisti, imprenditori, gente comuni e politici. Politici della destra direte voi! Maddeche!
Dagli ex alleati e amici manco un sms. Anzi no, mi correggo: solo uno, giunto dall’ex collega in Commissione parlamentare antimafia Fabio Granata. Ma mica di solidarietà! No, solo per informarsi sulla veridicità della notizia e condividere un male comune (ma non un mezzo gaudio): anche a lui è stata tolta la scorta ma non in Sicilia (dove vive e lavora) ma fuori dall’isola.
A farsi viva per il Pd è stata la senatrice Doris Lo Moro, che in barba alle divisioni partitiche e in onore delle idee, dei valori e dei principi, le ha preannunciato (e ha annunciato poi a questo umile e umido blog) un’interrogazione parlamentare che presenterà lunedì indirizzandola all’attenzione di Governo e ministro dell’Interno.
Oltre a Lo Moro si è fatta avanti anche Dalila Nesci, che dopo aver abbandonato il Movimento Ammazzateci Tutti (anni fa) ha abbracciato recentemente il Movimento 5 Stelle con il quale è stata eletta in Parlamento. Errare è umano ma perseverare…
Al netto di questo ha il coraggio di schierarsi a fianco di Napoli, annunciando la volontà di presentare anche lei e subito un’interrogazione parlamentare, per conoscere i motivi, accompagnandola con una riflessione che affida anch’essa a questo umile e umido blog: «È doveroso affermare un principio: lo Stato deve proteggere i nemici del crimine organizzato; a prescindere, soprattutto in Calabria, da valutazioni su economie e risparmi».
Servirà a poco ciò che faranno (per prime due donne) Lo Moro e Nesci? Servirà a nulla per far tornare il Viminale sui propri passi? Servirà a tanto? Non ho risposte ma – ovviamente – queste prese di posizione (e altre che sono in preparazione) serviranno a fare chiarezza su una decisione che – a mio modesto avviso – ha punti oscuri.
Ora – sia ben chiaro – che chi ha assunto la scelta di rivedere il livello della sua protezione ha assunto in perfetta buona fede questa decisione e che nessuno si permetta di negare che abbiano applicato alla lettera (mi permetto di celiare per sdrammatizzare) il comma X della lettera Y del decreto legge Z così come modificato dal decreto legislativo T su suggerimento della circolare del consiglio d’Europa V, rivista e corretta dalla Centrale del Latte con la raccomandazione lattiero-casearia U.
La legge è legge.
Ciò che – allo stato – resta un mistero che, sono sicuro, verrà decriptato, sono i motivi alla base di questa scelta. Senza, infatti, andare indietro nel tempo, dobbiamo tutti ricordare che l’ultima, inquietante “attenzione”, è di gennaio 2013, allorché nel carcere di Tolmezzo fu intercettato Pantaleone Mancuso. Le sue parole furono pronunciate – guarda tu il caso – dopo un’interrogazione parlamentare di Angela Napoli presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale del presunto boss.
E cosa diceva il simpatico esponente dei Mancuso – amici nel tempo di tanti politici e servitori dello Stato indegni di sedere a rappresentare o agire per conto del popolo italiano – riferendosi ad Angela Napoli? «Stiamo lavorando per toglierla di mezzo».
Se nulla cambierà nelle scelte del Viminale, il destino di Napoli, che ha fatto dell’antimafia una bandiera di vita, è segnato, visto che d’ora in avanti, senza scorta, non potrà mettere il nasino fuori dall’uscio della sua casa di Taurianova che – incidentalmente – è un comune dove la mafia si respira per strada al pari del profumo di “pipi e patate” che cucinano le brave donne calabresi?
Io lo chiamo destino di morte.
Sarà tolta di mezzo e la profezia dei Mancuso si avvererà. Senza bisogno di torcerle un capello.
r.galullo@ilsole24ore.com