Cari lettori, ieri, su questo umile e umido blog, ho dato conto dell’indagine condotta dalla Procura di Messina (a opera dell’aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Camillo Falvo, Fabrizio Monaco e Antonio Cerchietti), che ha portato ai domiciliari 10 persone che per l’accusa fanno parte di un’associazione a delinquere che, a vario titolo, si sarebbe macchiata dei reati di peculato e truffa (si veda il post di giovedi 18 luglio in archivio). Nel mirino la gestione della formazione in città e nella regione, ad opera di tre enti.
Non sta certamente né a me né a voi giudicare l’operato dei singoli e delle società. Il compito è della Giustizia. A me tocca la cronaca e la cronaca racconta che la formazione in Sicilia è ricchissima. Ma proprio ricca…E nel piatto ricco tutti si ficcano.
PIATTO RICCO
Secondo i conteggi effettuati dal consulente della Procura di Messina, tra il 2006 ed il 2011, gli enti Aram, Lumen Onlus e Ancol avrebbero ottenuto l’approvazione di un certo numero di progetti formativi e relativi finanziamenti, così ripartito: l’Aram avrebbe ottenuto l’approvazione di 32 progetti di formazione (di cui 15 nel solo 2011) per finanziamenti complessivi pari a €. 23.414.820,86, di cui €. 20.341.290,25 destinati a coprire i costi del personale e la parte restante destinata a coprire i costi di gestione; la Lumen Onlus avrebbe ottenuto l’approvazione di 15 progetti di formazione (di cui 4 nel 2011) per finanziamenti complessivi pari a €. 3.335.351,16, di cui €. 2.174.658,50 destinati a coprire i costi del personale e la parte restante destinata a coprire i costi di gestione; l’Ancol avrebbe ottenuto l’approvazione di 20 progetti di formazione per finanziamenti complessivi pari a €. 16.654.327,78, di cui €. 13.502.688,34 destinati a coprire i costi del personale e la parte restante destinata a coprire i costi di gestione.
Sapete quanto fa il totale? No? Ve lo dico io (ho preso semplicemente la calcolatrice): quasi 43,5 milioni. Non male no?
Anzi, benissimo, visto che secondo l’accusa, come si legge testualmente a pagina 75, «…il meccanismo di finanziamento regionale appare piuttosto grossolano, consentendo agli enti finanziati estrema autonomia nella gestione del denaro, con meccanismi procedurali e di controllo estremamente modesti e limitati. Ciò prescindendo da eventuali complicità interne all’Amministrazione».
IL SISTEMA SVELATO
In realtà, a pagina 36 Giovanni De Marco, il gip che il 9 luglio ha firmato l’ordinanza, scrive anche che «gli accertamenti hanno permesso di appurare l’esistenza di una serie di episodi distrattivi, in gran parte realizzata mediante un sistema di sovrafatturazione, cioè di malizioso sovradimensionamento dei costi: in sostanza, allo scopo di appropriarsi del denaro pubblico destinato alla gestione dei corsi, gli indagati in molti casi hanno acquistato beni o servizi, apparentemente destinati allo svolgimento dei corsi, rivolgendosi ad aziende dagli stessi direttamente o indirettamente controllate, a prezzi ampiamente superiori a quelli realmente praticati o praticabili sul mercato. In altri casi, sempre allo scopo di fare apparire costi notevolmente superiori al reale, hanno adoperato lo schema di una tipica triangolazione: hanno acquisito il bene a prezzo di mercato per il tramite di un’azienda dagli stessi controllata, quindi hanno rivenduto o noleggiato il bene all’ente di formazione maggiorandone notevolmente il prezzo e, conseguentemente, lucrando sulla differenza. Ciò, in particolare, risulta sistematicamente accaduto con riferimento alla locazione di immobili: presi in affitto da società riconducibili agli stessi gestori degli enti e poi subaffittati all’ente di formazione a prezzi maggiorati in misura prossima al 100%. In altri casi, infine, sono state rappresentate prestazioni totalmente fittizie, come l’elaborazione di contratti di progettazione. Tale meccanismo, inoltre – benchè la cosa non sia stata approfondita – è stato probabilmente realizzato anche con riferimento a pingui contratti per servizi di pulizie, apparentemente prestati da società e aziende verosimilmente non operanti nel settore.
La realizzazione di questo sistema fraudolento – che come si vedrà in seguito appare palese ed allo stato incontrovertibile – è stata agevolata dall’assoluta inadeguatezza dei controlli da parte degli organi regionali preposti, nonché dalla possibilità di frazionare i costi di affitto spalmandoli su più corsi, così rendendo meno agevole la ricostruzione della reale consistenza del costo. Cui si aggiungono complicità a vari livelli istituzionali che consentono, probabilmente, agli enti di conoscere in anticipo le mosse, per quanto improbabili, dell’amministrazione»..
Insomma, come diceva qualche anno fa Corrado Guzzanti nella trasmissione Ottavo Nano, scimmiottando la libertà di azione ed espressione nel Pdl, secondo l’accusa (scusate se ometto la volgarità che rende bene il concetto dell’autore) nella formazione in Sicilia, «ognuno fa il … che gli pare» anche per colpa delle Istituzioni regionali. Forse “ognuno” no (non posso crederlo) ma il sistema – anche secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti – sembra marcio alla radice.
MANI LIBERE
E se a qualcuno venisse il dubbio che i magistrati non ne siano convinti, leggete come continuano le riflessioni dei pm condivise dal Gip (sempre a pagina 36): «A ciò aggiungasi che, secondo l’assolutamente inadeguato strumento di controllo della Regione, la verifica dei costi, effettuata a spesa ormai sostenuta, viene realizzata sulla base di pezze d’appoggio che rimangono nella esclusiva disponibilità dell’ente: una volta esibite le fatture e le ricevute di spesa, queste dovrebbero essere vidimate, per poi essere restituite all’ente che dovrebbe custodirle. Meccanismo che consente agli indagati di intralciare le indagini occultando la documentazione e, forse, modificandola ad arte: inquietante, in tal senso, il fatto che una parte consistente delle fatture e dei documenti di spesa acquisiti presso gli enti di formazione o consegnati da questi ultimo, non presentasse il (necessario) timbro di revisione che avrebbe dovuto essere apposto dal funzionario revisore della Regione. Circostanza che apre a diversi possibili scenari, tutti per lo più illeciti. È, infatti, possibile che la revisione sia stata effettuata in maniera quanto meno approssimativa, senza controllo dei documenti di spesa; così come è possibile che i documenti impiegati per la revisione siano stati poi sostituiti o contraffatti. In ogni caso ne deriva la difficoltà di ricostruire la distribuzione dei costi tra i vari progetti formativi finanziati».
Se così è nessuno può meravigliarsi del fatto che la sala d’ascolto della Procura di Messina abbia registrato e gli inquirenti messo nero su bianco a pagina 41, una frase di questo tenore sulla natura spesso fittizia delle prestazioni rappresentate in contabilità, visto che il movimento del denaro da una società all’altra era più vorticoso di una trottola: «Pigghiu i soldi da …omissis…e ci passu cca parti, pigghiu da …omissis…e ci passu dda parti…inc…l’autra vota pigghiai chiddi… giriu sempre che cazzu a fari, chi fazzu? chi fazzu? I giriu l’autra v
ota 1300 euro…inc..».
MA CHISSENEFREGA DEI GIORNALISTI!
E nessuno può meravigliarsi se persino le inchieste giornalistiche – che a Messina e non solo sono fioccate come chicchi di grandine sul sistema formativo in Sicilia – non smuovano di un millimetro il sistema tutto. Non ci credete?
Ecco cosa si può leggere a pagina 132 dell’ordinanza, nel dialogo tra due interlocutori: «Passerà tutto …Elena…non ti preoccupare…passa tutto… Passa tutto….il tempo ci vuole… Ma ti capisco perfettamente…perchè sò ..tutto ….tutto quello che sta succedendo…ma è così….capisci… Per ora si è in mezzo a una situazione…che va…va soltanto …lo sai che cosa!?…Del resto…è giusta il vostro modo…di …fare…il silenzio …e basta… In questo caso…va soltanto il silenzio…. Il silenzio…per quanto riguarda me…conta più de…di quanto uno può…. Perchè il silenzio lo sai a che cosa porta …a dimenticare facilmente…»
Commentano i magistrati: «…la strategia del silenzio era la più idonea, in quanto portava a dimenticare». Addà passà a nuttata…
MELE MARCE NELLE ISTITUZIONI?
E nessuno può meravigliarsi se tutto ciò può accadere perché c’è sempre qualcuno che – nelle Istituzioni – non compie il proprio dovere, secondo quanto sostiene l’accusa. Leggete questo stralcio intercettato dagli investigatori il 27 dicembre 2012, quando Babbo Natale era appena tornato in Lapponia e trascritto alle pagine 130/131. «Nella prima mattinata del 27/12/2012 il Sauta veniva contattato telefonicamente da un’utenza cellulare intestata alla Regione Siciliana. L’interlocutore, qualificato confidenzialmente “ispettore”, con tono allarmato, annunciava al Sauta che qualcuno stava per venire (“ascoltami, ascoltami….. ascolta bene….apriti boni i ricchi…….vedi che stanno vinennu…..”). Il Sauta comprendeva il messaggio e commentava che l’ente era chiuso per ferie. L’interlocutore, tuttavia, ribadiva l’informazione con tono perentorio, invitando il Sauta a non insistere nei commenti e ad interrompere immediatamente la comunicazione (“ancora !!!! che dici chiudi ?????? e basta…..”) ».
Aprite boni i ricchi, cioè “aprite bene le orecchie”….dice l’uno all’altro. Questa volta, però, le orecchie e le antenne le hanno aperte e alzate anche investigatori e magistrati. Tutti innocenti fino a eventuale sentenza passata in giudicato e l’augurio – di cuore – è che la Giustizia faccia rapidamente il suo corso.
2 – the end (la precedente puntata è stata pubblicata il 18 luglio)
r.galullo@ilsole24ore.com