Nel giorno del silenzio – i 33 sindaci della Piana hanno infatti deciso di rimandare a domani la loro assemblea che, verosimilmente, sarà “virtuale” perché chiusa al pubblico e aperta alla Rete che metterà in collegamento i 33 consigli comunali dedicati alle armi chimiche siriane – un imprenditore rompe le consegne. Le rompe e scrive una lettera aperta che invierà ai sindaci (e che riproduco in questo post)
Si tratta di Antonino De Masi, che da una vita opera all’interno dell’area portuale e che da una vita è abituato a fare i conti (vive sotto scorta) con lo “stato nello Stato” che domina la Calabria, vale a dire lo strapotere della ‘ndrangheta.
E’ altresì abituato a fare i conti (ha innescato più processi lui di tutte le associazioni antiusura) con lo Stato che conta, vale a dire il potere bancario che opprime e schiaccia.
E’ infine abituato (è diventato più esperto lui di un principe del Foro) a fare i conti con il verme che buca la mela italiana, vale a dire la burocrazia. Più cerca di schiacciare quel verme e più quello rialza la capocchia e va avanti, alimentato dalla mela stessa (l’Italia) che ormai è definitivamente bacata (mai come in Calabria).
Il coraggio, dunque, non gli manca e in questa lettera che mi ha inviato e che invia ai sindaci si schiera con il “no” all’arrivo delle armi chimiche.
La pubblico volentieri e mi piacerebbe – qualora ci fosse – pubblicarne anche una contraria. Cioè chi dice “si” all’arrivo delle armi chimiche e perché.
Sarebbe un modo di tenere acceso il dibattito su una situazione intricata che, anche oggi, descrivo sulle pagine del Sole-24 Ore con un servizio che giunge dopo quelli scritti dall’inizio della vicenda.
Si vedano anche:
LA LETTERA AI SINDACI
Scrivo questa mia nota da cittadino ed imprenditore che vive ed opera nella Piana di Gioia Tauro, titolare di aziende collocate anche nell’area portuale, per far presente alcune mie considerazioni.
Ho avuto modo di leggere sui media l’evoluzione o meglio la sequenza delle notizie in merito all’arrivo a Gioia Tauro delle navi con il carico di armi chimiche provenienti dalla Siria e sono rimasto senza parole.
Sequenza che inizia con la diffusione della notizia della decisione del Governo di far arrivare nel porto di Gioia Tauro le navi con le armi chimiche siriane, seguita subito dopo – e quasi contestualmente – dalle dichiarazioni del governatore della Sardegna il quale ha affermato di essere riuscito a scongiurare l’attracco delle navi in Sardegna, attribuendosi il merito di aver salvaguardato l’ambiente e la salute dei cittadini sardi e le bellezze naturali della regione. Tutto ciò mentre il Governo affermava come la scelta fosse ricaduta su Gioia Tauro in quanto vi è maggiore possibilità di controllare le proteste.
Questa è stata l’evoluzione dei fatti ed in base a tali evidenze la mia reazione è stata quella di sentirmi una nullità, con una forte sensazione di vuoto assoluto e di rabbia e con l’amara consapevolezza di essere un cittadino senza diritti e dignità. Mi sono venute in mente le figure di quei soldati che durante la prima guerra mondiale venivano mandati allo scoperto per verificare, al costo della loro vita, la gittata dei cannoni nemici, ridotti a carne da macello. Al di là degli annosi problemi della mia Regione e di quanto la Calabria ed i calabresi agli occhi dei tanti sono ormai solo un problema, francamente credo che ciò sia troppo, sia andato oltre il dovuto.
Come cittadino di una nazione Europea credevo di avere gli stessi diritti dei miei amici e colleghi che vivono ed operano al nord del Paese, pensavo di avere lo stesso diritto alla salute con ospedali che possano fornire le cure adeguate, lo stesso diritto all’istruzione con edifici scolastici degni di questo nome in cui i miei figli possano frequentare i corsi di studio con percorsi formativi comuni, pensavo di avere lo stesso diritto alle infrastrutture, strade e servizi, lo stesso diritto degli altri alla libertà ed alla tutela dei diritti della persona; ma così non è, e non so nel nome di cosa e perché, forse noi calabresi “siamo figli di un Dio minore”, non c’è altra spiegazione.
Per la stessa ragione dobbiamo quindi accettare supinamente l’arrivo delle navi con il carico di armi chimiche.
Mi sarebbe piaciuto che un governo serio ed autorevole affermasse di aver scelto la destinazione del porto di Gioia Tauro per l’adeguatezza della struttura, delle competenze e professionalità, ma ciò doveva essere supportato da azioni conseguenti che invece in questi anni hanno dimostrato il contrario, in quanto sono state chiare a tutti le scelte di investire nei porti del nord-ovest e del nord-est. Certamente i governi che si sono succeduti hanno dovuto e voluto pagare i giusti prezzi ad una classe politica capace di tutelare gli interessi di quei territori.
Qualora il metro del giudizio e gli elementi in discussione fossero quindi state le competenze e le capacità, da cittadino ed imprenditore che ha sempre vissuto nel rispetto delle regole e delle Istituzioni sarei stato ben felice di essere d’accordo con la scelta fatta, portando a termine questo compito e dimostrando a tutti di che pasta siamo fatti noi calabresi, ma se invece serviva e serve solamente un “sud del mondo”, un luogo sottosviluppato in cui la gente non protesta, dove scaricare le porcherie del mondo (come è sempre avvenuto, vedi terra dei fuochi e le presunte navi dei veleni), allora occorre dire un fermo NO, a noi non sta bene!
Comunque aldilà di quanto avverrà, nei prossimi giorni l’attenzione dei media del mondo sarà concentrata sulla nostra terra, quanto sarebbe bello far vedere a tutti ciò di cui siamo capaci e la triste realtà nella quale siamo chiamati a vivere ed operare. Far vedere le bellezze della nostra terra e dei suoi abitanti, mostrare la nostra cultura ricordando a tutti di essere stati la culla del mondo civile, far vedere la nostra ospitalità, approfittare insomma di questa “vetrina” che ci è stata “offerta” per gridare al mondo che siamo cittadini uguali agli altri, che siamo stati messi in ginocchio dalle angherie ed i soprusi della criminalità e di una classe politica indegna (anche grazie ai nostri omertosi silenzi).
Quanto sarebbe bello se davanti all’ingresso del porto si potesse organizzare un evento, anche informale, che sia un momento di rivalsa, invitando tutta la stampa estera e nazionale ed i cittadini in primis, in cui far vedere la nostra ospitalità, la nostra cultura, la nostra storia e la bellezza della nostra terra, dicendo al modo: ecco chi siamo, ecco la nostra cultura, noi siamo questi!
Sarebbe un sogno se noi cittadini di questa martoriata terra ci riappropriassimo del ruolo di attori protagonisti del nostro futuro, assumendoci anche le nostre responsabilità, se alla protesta noi rispondessimo con una festa dell’orgoglio calabrese, se a quello che altri vogliono far vedere di noi, la puzza dell’illegalità dell’arretratezza, noi rispondessimo con i profumi della nostra terra e della nostra dignità.
Abbracciamoci ed uniam
oci al nostro porto per quello che è e potrebbe diventare, il luogo della speranza per i nostri figli, contribuiamo partendo qui, sapendo anche che ciò può essere una delle ultime possibilità, alla nostra rinascita. Se questo fosse possibile sarei ben felice di contribuire attivamente a tutto ciò.
Antonino De Masi