Cari lettori, anche oggi continuo a raccontarvi l’audizione del 20 gennaio in Commissione parlamentare antimafia di Marcello Viola, giunto a Trapani come capo della Procura nel dicembre 2011. Davanti ai commissari ha ripetuto quel che già il Csm (risoluzione sulla situazione degli uffici giudiziari di Trapani avanzata dalla settima commissione del Csm, all'ordine del giorno del plenum del 22 gennaio) sa: vale a dire la disastrosa e gravissima situazione che vive Trapani, dove deve essere maggiormente avvertita la necessità di una forte presenza dello Stato e di un’efficace ed efficiente azione di contrasto alla criminalità organizzata, la cui capacità di penetrazione, «è resa agevole da una situazione economica precaria e dalla presenza di fasce di forte disagio sociale e di diffusa illegalità».
E gli episodi di “straordinaria ordinarietà” dell’empasse giudiziaria trapanese, Viola li ha distinti in tre diversi profili: 1) la sicurezza delle persone; 2) la sicurezza delle strutture giudiziarie; 3) una forte esigenza di sicurezza dei dati e della segretezza delle investigazioni.
VIOLA NEL MIRINO
Poco dopo l’arrivo a Trapani di Viola, è partita una prima raffica di “segnali” che hanno riguardato, all’inizio, soltanto lui. «Avevo provato a leggerli come una protrazione di effetti che affondavano la loro origine nella precedente attività da me svolta – dirà di fronte ai commissari antimafia il 20 gennaio – quella di sostituto procuratore della Dda di Palermo e di Gip presso il tribunale di Palermo.
Tali effetti erano iniziati nel marzo del 2012 con un'attività di monitoraggio dei miei movimenti a Palermo, la città nella quale abito e dalla quale mi sposto. Tale monitoraggio riguardava i luoghi da me frequentati. In questa fase, trattandosi peraltro di fatti che emergevano da attività intercettive e legati a personaggi di cui mi ero occupato io, ho ritenuto che affondassero la loro origine nella mia passata attività».
A un certo punto, però…
A un certo punto, però, visto che gli episodi continuavano, venivano reiterati e moltiplicati e considerando il fatto che pian piano cominciavano a estendersi e a riguardare anche altri colleghi, alcuni amministratori giudiziari e la stessa struttura giudiziaria, Viola capisce che gli episodi lasciassero intendere una volontà di interferire pesantemente con tutte le attività giudiziarie a Trapani.
NON SOLO LUI
«Ha cominciato, dunque, a intensificarsi questa serie di segnali – continuerà a raccontare Viola – che è passata attraverso gli strani episodi in autostrada, in occasione di movimenti prima miei, poi del collega Tarondo. In due diverse occasioni siamo stati accostati ad alta velocità da autovetture che, per lunga parte del percorso, ci hanno tallonato, per poi sganciarsi, con modalità che sono apparse strane.
È vero che in entrambi i casi si è riusciti a identificare gli autori del fatto, ma è anche vero che essi poco rischiavano, ci siamo detti. In fondo, che cosa si poteva contestare loro? Un eccesso di velocità o una condotta di guida pericolosa. Certamente non era possibile fare a meno di rilevare che si trattava di episodi particolarmente strani, accompagnati poi nel tempo da una cadenza cronologica che, nel riepilogarli, mi ha anche colpito. Non ricordavo, infatti, quando li ho messi tutti insieme, che fossero tanti e con una cadenza così serrata».
Sublime la leggerezza con la quale Viola racconta l’episodio dell’accostamento in autostrada perché rende perfettamente l’idea della sfrontatezza e dell’impunità con la quale chi decide di mettere nel mirino i magistrati antimafia può farlo (nella fase di avvicinamento, studio e pedinamento) senza correre alcun rischio. Al massimo un eccesso di velocità o, chissà, una guida senza cinture…
LA “CATENA”
Ovviamente Viola ha subito anche un’intrusione all’interno della sua abitazione a Palermo, nelle aree comuni: graffiti all'interno degli ascensori con minacce di morte. A queste si sono aggiunte intrusioni in due tempi diversi nell’abitazione di campagna del procuratore aggiunto, Ambrogio Cartosio.
Poi scritte di minaccia che hanno riguardato il pm Andrea Tarondo e che sono state vergate sulla porta di un bagno di un centro commerciale di Castelvetrano. Anche la scelta di Castelvetrano, ha sottolineato Viola in audizione. potrebbe non essere un fatto casuale. Castelvetrano, “casualmente”, è il mandamento mafioso e patria di tal Matteo Messina Denaro…
L’AURICOLARE
C’è stato poi il rinvenimento di un congegno auricolare, una componente di un apparato per attività di intercettazione. Anche questo, secondo Viola, è un episodio che può avere una lettura particolare. In sé e per sé, così com’era, il componente non poteva servire a nulla. Si trattava della parte interna dell’auricolare, cioè un cavo lungo circa un metro, che da solo non serve a nulla se non viene accompagnato da una componente per l’alimentazione e da un’altra per la materiale registrazione della conversazione. «Esso è stato rinvenuto, però, all'interno di un’area perimetrata, sorvegliata – commenterà Viola – perché all'esterno ci sono i Carabinieri e videosorvegliata del Palazzo di giustizia di Trapani. Si trova in una parte posteriore di transito piuttosto limitato. C’è una porta chiusa, inibita all’accesso al pubblico. Vi è soltanto un portello antipanico per eventuali ragioni di sicurezza. La componente dell’auricolare è stata lasciata lì in bella evidenza e rinvenuta per caso da un sottufficiale della Guardia di finanza che si è trovato a passare e l'ha segnalata. L'impianto di videosorveglianza, a ciclo continuo, evidentemente aveva sovrapposto le immagini e non è stato possibile risalire ad altro. Noi abbiamo ritenuto di leggere questo episodio proprio come una precisa volontà di lasciar capire come, laddove si fosse reso necessario, fosse possibile anche entrare all'interno della struttura giudiziaria, lasciare un segnale e far vedere di essere presenti».
SCHERZI A PARTE
Insomma: dalla procura di Trapani, si entra e si esce come al bar. Ma il bello deve ancora venire. Viola racconta un episodio di novembre 2013, quando fu consegnato in Procura un pacco di grosse dimensioni, grande come un armadio, tanto da non poterlo fare passare dai controlli di sicurezza del metal detector.
Per incuria di un addetto alla sicurezza il pacco fu introdotto all’interno del Palazzo di Giustizia prima che fosse stato sottoposto a qualunque controllo. Viola e i colleghi si ritrovarono il pacco nei sotterranei del Palazzo. «Vi lascio immaginare quale sia il livello di rischio in questi casi», dirà Viola rivolgendosi ai commissari parlamentari.
Una volta iniziata da parte della security l’apertura del pacco, c
he proveniva da Milano ma aveva sostato per una notte a Palermo, all’interno della parte confezionata fu trovato un cartello sul quale c’era l’indirizzo del destinatario, vale a dire la Procura della Repubblica di Trapani, e alcune scritte di contenuto offensivo più che minaccioso. «Anche in questo caso ciò che conta non è tanto questo aspetto – dirà Viola in audizione – quanto il fatto che, ancora una volta, si è lasciato capire di potersi introdurre all’interno della struttura». Per inciso, rassicuriamo i lettori: non era una puntata di “Scherzi a parte”.
Mentre era in corso l'attività di verifica diretta a capire quale fosse il senso del pacco e che cosa fosse successo esattamente, si sovrappose un altro episodio: una pesante telefonata di minacce al numero diretto della sezione di polizia giudiziaria.
Da ultimo, vi è stato l’episodio che ha riguardato il pm Rossana Penna, impegnata proprio con Viola in delicate indagini sul rapporto mafia-politica.
«Ciascuno di questi episodi – concluderà su questa parte Viola – ha, a sua volta, una serie di sotto-situazioni analoghe. Tra l’uno e l’altro di questi episodi sono arrivati scritti anonimi di contenuto piuttosto pesante. Peraltro, posso aggiungere – anche in questo caso non so quanto questo sia collegabile alla mia precedente attività o a quella attuale – che nel corso di una perquisizione all'interno del carcere di Frosinone sono state rinvenute in possesso di un detenuto alcune fotografie di magistrati e investigatori di Palermo, tra le quali vi era anche la mia».
Ma a questo punto l’audizione viene segretata e l’impianto audio spento.
Non resta che sperare che lo Stato si stringa intorno a Viola e a tutta la Procura. Con i fatti e non con le chiacchiere.
Tra poche ore una nuova puntata su Trapani e la famiglia Messina Denaro.
4 – to be contiuned (le precedenti puntate sono http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/commissione-antimafia-il-pg-roberto-scarpinato-spiega-come-le-procure-di-palermo-e-trapani-spolpano-il-tesoro-di-matteo-mess.html; http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/commissione-antimafia-lo-stato-di-insofferenza-personale-di-matteo-messina-denaro-lanalisi-di-scarpinato-pg-di-pale.html e http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/02/commissione-antimafia-viola-capo-della-procura-di-trapani-denuncia-i-silenzi-della-citt%C3%A0-laddio-di-linares-il-nod.html )