La sorella Patrizia e il pm Maria Teresa Principato: donne contro nella mente affaristica di Matteo Messina Denaro

Ci mancava solo questa. Fonti confidenziali degli investigatori palermitani avrebbero catturato la notizia di una presunta volontà di Matteo Messina Denaro di vendicare con il tritolo la cattura della sorella, avvenuta il 13 dicembre nell’ambito di un’indagine della Dda di Palermo contro la rete fiancheggiatrice. La sorella, ovviamente intima del boss, è attualmente detenuta nel carcere di Vigevano (Pavia).

Nel mirino del latitante amante delle donne e dei vizi, ci sarebbe un’altra donna: il procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo Maria Teresa Principato, la cui vita è già abbondantemente blindata.

Se già trovo folle credere che Messina Denaro pensi al ritorno di una strategia stragista per riaffermare il potere di Cosa nostra, trovo ancor più folle che voglia punire con una morte eclatante un valente pm donna che lavora da anni in un efficiente silenzio. Sia ben chiaro: senza che (settori della Sicilia a parte) gli italiani si curino di questo, storditi come sono da equine dosi giornaliere di puttanate politiche e mediatiche che si rivelano armi di distrazione di massa.

Ammetto che in questo clima di torbido inquinamento dei rapporti tra mafie e sistemi criminali, tesi alla ricerca di un nuovo equilibrio politico/sociale, può starci di tutto ma continuo a dubitare che nella sua mente criminale, Matteo Messina Denaro possa anteporre una questione personale («le donne della famiglia non si toccano» avrebbe dichiarato) agli affari (Cosa nostra come tutte le mafie ha il solo fine dell’arricchimento).

Ed allora è meglio restare con i piedi per terra e accendere i riflettori su due dati incontestabili: 1) Messina Denaro, dopo la raffica di arresti dei suoi fedelissimi e il prosciugamento del patrimonio, sta annaspando. La speranza è che lo arrestino mentre io sto scrivendo questo articolo ma potrebbe volerci ancora del tempo; 2) la sorella, Patrizia, secondo la descrizione che ne fanno i pm che l’hanno fatta arrestare (condivisa dal Gip con la firma sull’ordinanza di custodia cautelare) era una donna di affari. Gli affari del fratello. Questione di soldi e di potere, dunque. Questo è quanto sta a cuore al fratellino Matteo e su questo bisogna concentrare l’attenzione.

La sorella viene descritta come una leader in ascesa (magari forzata, alla luce degli arresti susseguitisi tra i vari reggenti).

A pagina 64 dell’ordinanza si legge che «…a Messina Denaro Patrizia andava mensilmente destinato uno stipendio e che l’associazione mafiosa si faceva carico finanche delle spese di ristrutturazione della sua casa.

Tali fatti…devono oggi essere rivalutati alla luce delle successive acquisizioni che dimostrano che la donna, lungi dall’essere soltanto la sorella del latitante e la moglie del detenuto Panicola Vincenzo, rivestiva e riveste un ruolo cruciale nell’associazione mafiosa.

E’ infatti chiaramente emerso che ella, oltre ad interloquire direttamente con il latitante, consente all’associazione mafiosa, per il suo tramite, di apprenderne tempestivamente le decisioni e gli ordini».

Patrizia, dunque, per inquirenti e investigatori rivestiva (riveste) un ruolo cruciale nell’associazione mafiosa.

Come si legge da pagina 72 dell’ordinanza, la sorella del superboss latitante emerge come una donna guardinga, sospettosa, attenta e capace. Leggete: «…in primo luogo, è di tutta evidenza che nonostante l’enorme pressione investigativa e i serrati servizi di pedinamento e sorveglianza di tutte le Forze di polizia sul territorio, Messina Denaro Patrizia era riuscita, e per di più nell’arco di pochi giorni, ad interloquire clandestinamente con il latitante.

In secondo luogo è altrettanto evidente che la donna aveva investito il fratello di una vicenda, per nulla connessa a questioni meramente familiari ed affettive, ma squisitamente mafiosa ed urgente in quanto disorientava l’intera consorteria».

La conclusione è scontata, come si legge da pagina 76: «Orbene, è evidente che Messina Denaro Patrizia ha consentito – attraverso la trasmissione di comunicazioni da e per il carcere -, per un verso, al capo mafioso latitante di svolgere egualmente le sue funzioni; per l’altro all’intera associazione mafiosa di modulare fedelmente i propri interventi (anche quelli che impongono il ricorso alla violenza fisica) nel pieno rispetto del rigido sistema gerarchico che, ancora oggi, regola la vita di Cosa nostra…

Diventa chiaro infatti che, in tutte le dinamiche esaminate e ricostruite, la donna vi ha preso parte non già quale mera componente del nucleo familiare del latitante, ma quale vera e propria componente del sodalizio mafioso, con condotte caratterizzate non solo dall’arroganza, dalla prevaricazione tipica di ogni associato e dall’atteggiarsi quale alter ego del latitante, ma, ancor di più, dall’essere portavoce del capo mafia con il quale riusciva e riesce direttamente e senza mediazioni a colloquiare».

Patrizia Messina Denaro è la portavoce del capomafia. Per questo non si tocca. Gli affari non hanno sesso. Neppure la Giustizia. Per fortuna.

r.galullo@ilsole24ore.com

the end (si vedano anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/commissione-antimafia-il-pg-roberto-scarpinato-spiega-come-le-procure-di-palermo-e-trapani-spolpano-il-tesoro-di-matteo-mess.html;

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/commissione-antimafia-lo-stato-di-insofferenza-personale-di-matteo-messina-denaro-lanalisi-di-scarpinato-pg-di-pale.html;

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/02/commissione-antimafia-viola-capo-della-procura-di-trapani-denuncia-i-silenzi-della-citt%C3%A0-laddio-di-linares-il-nod.html;

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/02/scherzi-a-parte-nella-procura-di-trapani-entra-tutto-anche-un-cartello-grande-come-un-armadio-gravi-.html  

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