Chissà perché la politica, senza alcuna distinzione di colore, prova a curare le piaghe solo quando la ferita si appresta a mandare il corpo in cancrena. Quasi mai riesce a salvarlo.
Ancora una volta è quanto accade a Palermo dove oggi una sfilza di autorità di ogni ordine e grado darà il via alle lacrime da versare nel ricordo della strage di Capaci che il 23 maggio 1992 portò via all’Italia migliore il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.
Alcune di quelle lacrime saranno vere e sentite. Quelle dei parenti, dei cittadini onesti. Altre saranno di circostanza, della serie se piango o mi faccio riprendere dalle tv con la faccia scura è meglio. Siamo anche in campagna elettorale, penseranno alcuni tra i politici presenti alle manifestazioni nel ricordo e dunque magari una lacrima sul viso porta un voto. Altre lacrime, vere o virtuali che siano, saranno di coccodrillo e verranno da chi, per storia o tradizione, quel giorno di 22 anni fa, anziché piangere ha sorriso. No, non stupitevi. Sotto la lapide sul raccordo per Palermo, a pochi chilometri dall’aeroporto, o nelle sale dove si ricorderanno i cinque caduti, ci saranno anche coloro che di quella razza dannata che sono i mafiosi di Cosa nostra rappresentano la spina dorsale indispensabile. Politici, giornalisti, sindacalisti, imprenditori, professionisti, uomini infedeli dello Stato, massoni deviati: ma che credete che le mafie siano davvero (solo) coppola e lupara?
In questo clima palermitano (e non solo, perché l’epicentro del malessere è Roma) fanno male, malissimo, le polemiche intorno al ricordo di quella strage annunciata.
«Anche quest'anno le istituzioni regionali e la classe politica siciliana si sono contraddistinte per il manifesto disinteresse verso la memoria dei tre poliziotti morti insieme al giudice Falcone e a sua moglie. Ci auguriamo che, per conservare un briciolo di coerenza e onestà intellettuale, non sfoggino la solita retorica del ricordo, buona solo a far passerella sul palcoscenico dell'antimafia parolaia»: più dura di così Tina Montinaro Martinez, presidente dell’associazione Quarto Savona Quindici (dal nome in codice della Fiat Croma di scorta) e moglie di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice, non poteva essere. «Dal 2012 – ha spiegato Tina Montinaro Martinez – si attende che partano i lavori per la realizzazione del Parco della Memoria Quarto Savona 15, quello spazio che doveva nascere sul tratto della A29 che collega Capaci a Palermo dove è avvenuto l’attentato e in cui avrebbe potuto trovare una degna collocazione il relitto dell'auto su cui viaggiavano mio marito Antonio, Vito e Rocco. Avevamo avuto l’assicurazione dall’allora Governatore Raffaele Lombardo che ci sarebbero stati i finanziamenti ma oggi non si trova né la delibera promessa né i finanziamenti, ai quali avrebbe partecipato anche l’Anas. Ho chiesto più volte all'attuale presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, di incontrarmi per fare chiarezza, ma è stato tutto inutile, come vane sono state le rassicurazioni di molti politici, pronti, solo a parole, a farsi promotori dell’avvio dei lavori. Che dicano chiaramente: “non ce ne frega un accidente della memoria di quel giorno, di rendere onore al sacrificio di cinque persone morte mentre servivano lo Stato”. Sarebbe quantomeno un atto di coraggio».
E così anche quest’anno, i resti dell’auto in cui viaggiava la scorta che precedeva l macchina del giudice, raccolti in una teca di vetro e di proprietà dell’Associazione, che di solito è alloggiata nell'autoparco della Polizia di Messina, sarà fuori dalla Sicilia per ricordare le vittime di quel sacrificio. «Nel 2013 l’auto è stata ospitata a Mozzecane, un comune in provincia di Verona – ha detto Tina Montinaro Martinez – e quest’anno sarà ospitata dalla scuola di Polizia di Peschiera del Garda, che ha organizzato una giornata della memoria. Evidentemente in altre parti d'Italia ci sono un'attenzione e una sensibilità ormai ignote alle istituzioni e alla politica siciliane, troppo impegnate a rubarsi la scena dell'antimafia da parata».
Il giorno dopo questo durissimo e sacrosanto atto d’accusa, lanciato da Tina Montinaro Martinez il 20 maggio, ecco intervenire il presidente della Regione Rosario Crocetta, pesantemente chiamato in causa. Un lancio Ansa da Palermo del 21 maggio riporta le parole del Governatore: «Fuori da ogni polemica e da ogni retorica, i lavori di riqualificazione del Giardino della memoria “Quarto Savona Quindicì”, sono stati già definiti il 5 marzo scorso con il direttore compartimentale dell’Anas e con il Commissario straordinario di Isola delle Femmine, dott.ssa Matilde Mulè. La Regione, avendo recuperato lo stanziamento dell'importo necessario per detto intervento, ha pianificato con il direttore, dottor Tonti dell'Anas, le modalità di realizzazione e la sinergia da attuare, sottoponendo altresì all'attenzione degli intervenuti la convenzione che i primi di giugno sarà sottoscritta, dal presidente della Regione, dal Comune di Isola delle Femmine, dal Prefetto di Palermo e dal direttore regionale dell'Anas. Nel corso della riunione è stato inoltre attenzionato all'articolo 5 della convenzione, che l'intervento dovrà essere concluso entro 90 giorni dall’affidamento dei lavori, per la realizzazione del nuovo parco urbano "Quarto Savona Quindici". È di tutta evidenza che l’impegno e l’azione dell'amministrazione regionale e di questo governo, vogliono restituire non soltanto il doveroso decoro ad un luogo simbolo per tutta la Sicilia e l’Italia, ma anche conservare e rinnovare ogni giorno la memoria di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e tutti gli uomini uccisi barbaramente dalla mafia, dando anche il giusto riconoscimento alle famiglie per il loro doloroso sacrificio».
C’è da chiedersi perché bisogna arrivare alla cancrena per tentare di curare una ferita mortale, quale quella del mancato impegno nel far vivere in Sicilia e a Palermo in particolare un parco della memoria. Perché Crocetta (ma badate bene che nulla sarebbe cambiato con qualunque altro politico di ogni colore, ordine e grado) per esprimersi deve attendere l’ennesima dura presa di posizione di una donna che reclama solo l’attenzione alla memoria che questo Paese sta drammaticamente perdendo? E perché un politico deve affidare ad un comunicato stampa notizie che, verosimilmente non sono mai state comunicate, in primis, ai diretti interessati? Perché l’antimafia vera (non quella di facciata di politici parolai, giornalisti al soldo e uomini dello Stato servitori di due padroni) deve dividere anziché unire?
La replica di Tina Montinaro Martinez, qualche ora dopo il comunicato di Crocetta affidato alle agenzie, è stata pacata: «Deduco dalle dichiarazioni del presidente della Regione siciliana, che entro la fine del 2014 sarà realizzato il Parco della Memoria Quarto Savona 15. Se sarà davvero così, sono certa che il 23 maggio del 2015 i palermitani onesti saranno lì presenti, per ricordare questi morti ch
e sono morti di tutti, non solo delle famiglie che ancora li piangono. Qualora il Parco non dovesse essere ancora una volta realizzato, varrà l’esortazione che ho rivolto stamattina a istituzioni regionali e classe politica siciliana, di non vestirsi della memoria delle vittime della strage di Capaci per sfoggiarla sul 'red carpet' dell'antimafia parolaia. Voglio infine dire con chiarezza alle istituzioni e alla classe politica che, come sa bene chi mi conosce, non voglio alcun riconoscimento personale in quanto moglie di Antonio Montinaro. Voglio, anzi pretendo da 22 anni, che sia fatta luce sull'orrore di quel giorno e che venga onorata concretamente, non soltanto a parole, la memoria di cinque persone morte a servizio dello Stato».
Mi unisco nella preghiera a voi, cari lettori, all’amica Tina e a quanti vivono sulla propria pelle il ricordo di quella strage e l’insegnamento perenne di quelle vite spezzate.
r.galullo@ilsole24ore.com