Volete sapere qual è, nel nord Italia, la provincia con il più alto indice di presenza mafiosa? Quella di Imperia.
E’ quanto rivela un report dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Nando Dalla Chiesa, presentato in anteprima il 6 maggio alla Commissione parlamentare antimafia e del quale questo blog dà conto.
La ricerca ha preso in esame il quinquennio 2009/2013 e con Dalla Chiesa hanno lavorato per tre mesi quattro ricercatori con la coordinatirce Ilaria Meli.
La ricerca è andata oltre i meri dati giudiziari, che da soli rappresentano la parte di un tutto. «Ricordo che il procuratore generale di Milano nel 1992, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario – afferma ad un certo punto Dalla Chiesa – affermò che a Milano non esistessero organizzazioni mafiose perché non si era ancora concluso alcun processo in Cassazione con una condanna per 416-bis, ma nei due anni successivi vennero arrestati circa 2.000 appartenenti a organizzazioni mafiose. Se qualcuno allora avesse ragionato e lavorato con questo criterio, sarebbe arrivato a una conclusione diversa». Caro Dalla Chiesa, oggi le stesse riflessioni si fanno a Roma. Ammesso che possa, si consoli.
Con Imperia, al top della presenza mafiosa ci sono anche le province di Milano, Monza-Brianza e Torino. «Sono sicuramente quelle che presentano una pericolosità maggiore – ha dichiarato in audizione Dalla Chiesa – che hanno una rilevanza in termini di locali di ’ndrangheta presenti. Parliamo della ’ndrangheta come organizzazione criminale largamente più presente nel settentrione, anche se abbiamo rilevato in particolare in Emilia-Romagna e nel nord est consistenti presenze di camorra e una diffusione molto minore di cosa nostra, pochissimo della sacra corona unita e quasi niente della stidda».
La delicatissima situazione di Imperia non è una novità, se non per chi non vuol sentire o vedere la realtà.
Sandro Cepollina, ex presidente di Confindustria Imperia e poi di Confindustria Liguria, aprendo i lavori dell'assemblea confindustriale ligure il 25 ottobre 2010, improntò la sua relazione programmatica proprio alla lotta senza se e senza ma alle mafie che così pesantemente inquinano la società, la finanza e l’economia regionale. Ne scrissi sul Sole-24 Ore il 6 novembre 2010 e su questo blog l’11 gennaio 2011 (http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2011/01/province-in-mano-alla-ndrangheta-crotone-e-imperia-pronte-a-esplodere-nonostante-gli-impagabili-pm-bruni-e-cavallone.html).
Gli affari miliardari delle cosche girano sulla ruota “esterna” del Casinò ed è proprio lì che puntano sempre e comunque le famiglie calabresi (tra le altre Ventri, Papalia, Sergi, Pellegrino, Iamundo) che da oltre 40 anni svernano in Liguria e ormai ne parlano persino il dialetto. Chi prova a stroncare questa strategia – fatta innanzitutto di profonde compiacenze politiche e innegabili passepartout nelle classi dirigenti – entra stabilmente nel mirino delle cosche. Come ad esempio alcuni pm e diversi investigatori.
A Imperia conducevano nel 2010 le tracce del superboss latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro e i Comuni di Ventimiglia e Bordighera – un tempo mete di vacanza della ricca borghesia ligure, lombarda e piemontese e oggi sempre più invasi dalle truppe ingioiellate di russi – furono disposti gli accessi agli atti del Viminale prima di essere sciolti.
Sono solo esempi, così come esemplare è il malessere di una provincia che oggi si vede anche scossa dalla vicenda giudiziaria di Claudio Scajola, ex ministro dell’Interno e dominus politico dell’area.
Dalla Chiesa, tra i rari cultori e studiosi veri di una materia nella quale l’improvvisazione la fa ormai da padrona – alimentata da pseudo giornalisti antimafia, pseudo politici antimafia, pseudo pm antimafia e pseudo associazionismo antimafia – ha bene in mente le conseguenze di questo report. Ed infatti dice: «Sono convinto che quegli indici di presenza mafiosa che abbiamo proposto oggi saranno fortemente contestati almeno in due realtà, che infatti hanno fatto a gara nel moderare la presenza. Credo che sia paradigmatica la situazione di Imperia, a cui abbiamo dato il punteggio come anche Sciarrone nel suo libro, eppure le autorità di Imperia hanno smentito a lungo la presenza delle organizzazioni mafiose nella provincia e addirittura la magistratura ha negato l'esistenza dei presupposti per contestare il 416-bis agli imputati, nonostante importanti sequestri di patrimoni del clan dei Pellegrino.
È uno dei problemi questo della tendenza delle autorità a non affrontare il problema e a non segnalarne la gravità».
Si consoli Dalla Chiesa, anche a Milano c’è chi ha fatto a gara a dire che il problema della città e della sua provincia, come nella Palermo di Johnny Stecchino, è il “ciaffico” e la stessa cosa accade in altre città e province, a cominciare da Roma. Ma chi ha negato e nega l’evidenza, oggi come allora e come sempre, vive e vivrà sereno, fa e farà carriera, viene e verrà osannato. Il pensiero unico è dominante e le variabili non sono ammesse, altrimenti si grida al complotto.
A domani, con un nuovo approfondimento del report dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Nando Dalla Chiesa.
1 – to be continued