A quanto risulta a questo umile e umido blog il capitolo della relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia dedicato ai “Delitti e stragi di carattere politicomafioso degli anni 19921994” è stato tra quelli che hanno fatto maggiormente penare gli estensori.
Ignoro le motivazioni o, meglio, non mi interessano perché, presumo, non fanno parte della dialettica politica ma del “tifo” partigiano, tra chi avrebbe voluto calcare la mano sulla “mano esterna” a Cosa nostra e chi, invece, avrebbe voluto attenersi alla complessità e contraddittorietà investigativa e processuale.
Per contribuire ad analizzare quel periodo di tutto c’è bisogno tranne che di tifo. Gli “ultras” della politica fanno degenerare spesso la dialettica in chiacchiericcio da bar o, peggio, risse da stadio. Poi, ognuno ha le proprie opinioni.
Io, ad esempio, non faccio mistero da anni di ritenere che non solo la trattativa tra Stato e Cosa nostra ci sia stata ma che, inopinatamente, sia proseguita con forme ancor più raffinate negli anni fino ai giorni nostri, coinvolgendo, oltre Cosa nostra, soprattutto la ‘ndrangheta e, per profili serventi e minori, il clan dei Casalesi.
Quando sento dire o leggo le tesi di certi “professoroni” che passeggiano al guinzaglio su alcuni media certi “professorini”, gli uni e gli altri a sentenziare che con quelle stragi lo Stato ha vinto e la mafia ha perso, mi viene il vomito. Non solo la mafia ha vinto ma ha stravinto e sta battendo senza se e senza ma le Istituzioni su tutti i fronti, eccezion fatta per quei pochi presidi di prevenzione e repressione investigativa e giudiziaria che resistono stoicamente. Se poi si vuol far passare la tesi che la mafia è pane e cicoria o meloni e santini allora le mafie hanno perso.
Non so certo chi siano stati e chi siano gli autori di quella trattativa e di quelle successive (auguri alla Giustizia, che ne ha bisogno) ma pensare che le stragi palermitane e quelle tentate o riuscite al centro-nord possano essere solo il frutto della strategia di quattro caproni mafiosi, per quanto intelligenti, sgamati e furbi, è un’offesa all’intelligenza dell’uomo. Sicuramente alla mia, tanto o poco sviluppata che sia.
Ritengo sensate le conclusioni della Commissione sul tema, di cui vi riproduco una piccola parte. Quella che a mio avviso (fallace) rappresenta il cuore delle riflessioni dei commissari antimafia capitanati da Rosy Bindi.
Ve le riporto testualmente, sicché possiate giudicarle voi stessi. Le semplici cosa che sottolineo sono due e di buon senso: vedrete che i commissari scrivono che 1) accanto alla mano mafiosa c’è stata una mano esterna; 2) da quelli stragi, che hanno danneggiato Cosa nostra (e, aggiungo io, hanno fatto decollare la ‘ndrangheta ma questo nessuno ha il coraggio di scriverlo e dirlo perché si attendono sempre le verità giudiziarie che magari arriveranno tra 40 anni) è nato un nuovo assetto politico e istituzionale.
«Può ritenersi, tuttavia – si legge nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia – assolutamente condivisibile l’affermazione, prodotta all’esito di quei lavori parlamentari, secondo cui, nelle stragi che hanno colpito il Sud e il Nord del nostro Paese, accanto alla mano mafiosa, vi era una mano “esterna”. Si tratta, del resto, di conclusioni che, negli ultimi anni, sono sempre più ricorrenti anche nei provvedimenti giudiziari in cui spesso ci si riferisce a mandanti “esterni” o “occulti”, mentre, d’altro canto, i coinvolgimenti di cosa nostra in episodi destabilizzanti sono già emersi, come per la strage del rapido 904 e il fallito golpe Borghese, anche in sentenze passate in giudicato.
Se si parte da queste acquisizioni, diventa chiaro che ciò che deve essere focalizzato nel prosieguo delle investigazioni, non è soltanto l’interesse in sé, vendicativo, rivendicativo o di qualsiasi altra natura, che cosa nostra perseguiva tramite la realizzazione delle stragi, ma l’interesse “terzo”, perché tale finalità “esterna” fosse stata perseguita tramite quelle stragi, quelle vittime, quei luoghi e quella tempistica.
Le conclusioni del processo “trattativa”, qualunque saranno, non potranno rispondere a questa più ampia domanda. La possibile “contrattazione” Statomafia, nel cui contesto l’ala militare di cosa nostra era motivata dalla necessità di costringere le istituzioni a concedere loro condizioni favorevoli, non può spiegare, da sola, tutta la concatenazione degli eventi, che partono dal 1989 con l’attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone, né la presenza, sempre più ventilata, nella realizzazione degli attentati, di soggetti esterni all’associazione mafiosa, né il condizionamento delle indagini su via D’Amelio, che certamente non mirava a tutelare i protagonisti mafiosi delle stragi, Salvatore Riina e i Graviano, chiamati in causa dai finti pentiti. Né, in ogni caso, la “trattativa”, che incoraggiava gli uomini di cosa nostra a pressare lo Stato con la strategia stragistica, può escludere, da sola, che, accanto a essa, siano intervenuti altri accordi o vi siano state convergenze con i cosiddetti “poteri occulti”. Né la “trattativa” può distogliere dalla circostanza che le stragi volute dai vertici corleonesi costituirono un irreparabile danno per l’associazione mafiosa, mentre ebbero, invece, evidenti effetti politici e causarono chiare trasformazioni nell’assetto istituzionale del Paese.
Una seria analisi dei fatti, della loro sequenza temporale, della loro interruzione improvvisa e della mancata riproposizione degli attentati falliti, va condotta di pari passo a una, altrettanto seria, analisi degli accadimenti politici e macroeconomici del tempo, essendo questo il passaggio essenziale che potrebbe contribuire a disvelare quale interesse si volesse perseguire con la destabilizzazione oltre che la destabilizzazione stessa.
L’elezione del Presidente Oscar Luigi Scalfaro prima, all’indomani della strage di Capaci, la formazione del primo governo di sinistra affidato a Carlo Azeglio Ciampi nei giorni immediatamente antecedenti l’inizio delle stragi del nord poi, la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi coeva al tacere delle bombe infine, potrebbero aiutare a comprendere la storia di quel tempo.
Non ci si può accontentare, dunque, almeno in questo momento di oscurità, di rispondere a tutti gli interrogativi attraverso la “trattativa” che, altrimenti, finirebbe per rappresentare, anziché un momento di verità, un altro depistaggio culturale che allontana da una verità più ampia.
Alle conclusioni della precedente Commissione sulla complicità e cointeressenza dei “poteri occulti”, si è aggiunto, in perfetta continuità, il nuovo tassello delle recenti acquisizioni del processo “Borsellinoquater”».
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