Cari amici di questo umile e umido blog tre settimane fa (rimando al link a fondo pagina) ho cominciato ad analizzare l’audizione del sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo il 13 settembre davanti alla Commissione bicamerale presieduta da Rosy Bindi.
Questa settimana ho proseguito cominciando a descrivere gli spunti investigativi finora trascurati che il pm antimafia ha spiattellato alla Commissione presieduta da Bindi. Nel servizio di tre giorni fa ho descritto la drammatica telefonata tra il pentito Santino Di Matteo e la moglie che non è stata più approfondita. Poi ho descritto, attraverso il racconto del pm in Commissione, la pista abbandonata sulle contraddizioni tra servitori dello Stato e ieri la pista relativa alle dichiarazioni del pentito Salvatore Cancemi (rimando ai link a piè di pagina).
Ora un’ulteriore pista investigativa tratteggiata da Di Matteo.
Si tratta di quella relativa a Giuseppe Graviano, tra i principali protagonisti (lui e il suo mandamento di Brancaccio) della fase esecutiva della strage di Via D’Amelio e – lo sappiamo da sentenza definitiva – il principale protagonista degli attentati a Roma, Firenze e Milano del 1993.
Oggi scopriamo – grazie all’ipotesi accusatoria della Procura di Reggio Calabria – che Giuseppe Graviano sarebbe stato il principale protagonista dell’accordo con la ’ndrangheta che portò, il 18 gennaio 1994 al duplice omicidio di due appuntati dei Carabinieri a Scilla e ad altri attentati, falliti, nei confronti dei Carabinieri, sempre in territorio calabrese.
Giuseppe Graviano è stato il principale protagonista del fallito attentato all’Olimpico del 23 gennaio 1994. Il 27 gennaio, assieme al fratello Filippo, venne arrestato a Milano. «Quell’attentato – afferma Di Matteo in audizione il 13 settembre – è uno dei grandi misteri, in merito non tanto a perché non sia riuscito il 23 gennaio, quanto a perché non sia stato mai più tentato e ripetuto, io dico per fortuna, ma qualcuno… Ci dovremmo chiedere il perché». Già: chi oltre a Di Matteo se lo chiede ancora?
Quando Gaspare Spatuzza si pentì fecero scalpore le dichiarazioni sull’incontro al bar Doney, in via Veneto a Roma, proprio pochi giorni prima di quel 23 gennaio. Di Matteo ricorda alla Commissione antimafia che Spatuzza disse: «”Graviano, l’attentato lo dobbiamo fare lo stesso. I calabresi si sono mossi. Dobbiamo dare quest’ultimo colpo. Lo dobbiamo fare lo stesso, tanto ormai comunque ci siamo messi il Paese nelle mani”. Avrebbe fatto i nomi di Berlusconi e Dell’Utri come i soggetti con i quali erano stati stipulati quegli accordi. All’epoca si disse e si scrisse abbondantemente: “Sì, ma sono delle dichiarazioni de relato. Comunque Spatuzza può essere attendibile, ma dice di avere saputo queste cose da Graviano”».
LA “DAMA” DI COMPAGNIA
Con un anno di intercettazioni ambientali, disposte dalla Procura di Palermo, dei colloqui tra Giuseppe Graviano e il suo compagno di socialità, c’è la viva voce dello stesso Graviano, che quando parla del 1992-93 e delle stragi, parla di cortesie fatte e di contatti politici («si capisce in maniera assolutamente chiara con Berlusconi» afferma Di Matteo davanti ai commissari antimafia).
«Mi auguro di sbagliare – dice misurando i toni Di Matteo che siede alla destra di Rosy Bindi – rispetto a questa escalation di elementi di prova sul punto, ma temo l’indifferenza, la minimizzazione, lo svilimento ingiustificato della valenza probatoria anche di queste dichiarazioni di Graviano attraverso quella che è, a mio parere, ma questo verrà poi discusso nei processi, la discutibilissima affermazione che è stata prospettata da alcuni difensori, ma fatta propria dalla maggior parte dei giornali, che Graviano sapeva di essere intercettato. A noi risulta il contrario. Cercheremo di convincere la corte, per quanto di nostra competenza, del contrario».
Ora, a parte le prospettazioni dei difensori di Berlusconi (è ovvio, giusto e logico infatti che Niccolò Ghedini tuteli il suo assistito ed è più che legittimo che lo faccia ricordando che sul punto Berlusconi è stato già scagionato nel passato da ogni possibile accusa), io sono tra i giornalisti che hanno scritto che Graviano sapeva perfettamente di essere intercettato (sono pronto a essere smentito) per il semplicissimo fatto che, come ho ricordato, nel dna dei mafiosi (a maggior ragioni di quelli di Brancaccio) c’è il sospetto che gli sbirri abbiano occhi e orecchie dappertutto. L’omertà è condizione genetica dei mafiosi e appare quanto meno singolare (ripeto, pronto ad essere smentito) che un mafioso del calibro di Giuseppe Graviano si lasci andare tranquillamente a confidenze con una “dama” di compagnia, quanto meno dovendo intuire che in carcere anche le fessure sono orecchie e ogni buco è pertugio per infilare microspie e microtelecamere.
IL VERO PUNTO
Ma il punto, come ho scritto sul sole24ore.com il 9 giugno 2017 (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-06-09/il-boss-graviano-parla-ma-cosa-c-e-dietro-sue-parole–183927.shtml?uuid=AEaJXpbB&fromSearch) non è tanto questo, quanto perché Graviano si sia lasciato andare. Che sapesse o meno di essere intercettato. E qui, dunque, concordo con quanto ha detto Di Matteo: «Scusate se faccio una considerazione: questo non è un dato di fatto. Ammesso e non concesso che sapesse di essere intercettato, il fatto che si riferisse a quelle vicende e a quelle persone in relazione a quel periodo delle stragi, in ogni caso, in un senso o nell’altro, un significato dovrà pure avere».
Di Matteo ha ragione da vendere così come ha ragione da vendere quando, al termine dell’audizione concluderà sul punto dal quale era partito: «Tutto viene concentrato sulla vicenda Scarantino. Si vuole fare credere che tutto il lavoro fatto finora da decine di magistrati non sia servito a nulla. Io temo che questo sia controproducente all’accertamento della verità».
Credo che sia proprio così. A domani
5 – to be continued (per le precedenti puntate si leggano
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/10/11/strage-di-via-damelio3-la-procura-para-massonica-le-balle-di-cancemi-e-le-sole-firme-di-due-giovani-pm-di-matteo-e-tescaroli/)