In Calabria le cave abusive non sono censite e le cosche della ‘ndrangheta controllano così il ciclo del cemento illegale

Uno pensa: in Calabria fino al 2009 si è potuto cavare senza regole perché non c’era alcuna legge regionale che regolasse il settore ma dopo, beh, dopo, grazie all’introduzione della legge regionale 40/2009, sarà stato tutto risolto e la trasparenza regnerà sovrana.

Nulla di più sbagliato. Del resto siamo in Calabria e non c’è dunque da meravigliarsi se Legambiente – nel Rapporto Cave 2017 presentato proprio ieri  – afferma sconsolata che le informazioni relative al settore estrattivo di questa regione sono ancora poco dettagliate. Lee cave attive risultano essere 237 mentre non esiste un censimento di quelle abusive né tantomeno uno dei siti abbandonati, se non parziale (49 le cave certificate dismesse).

Allora uno pensa: sai che pacchia per la ‘ndrangheta!

E pensa proprio giusto – del resto siamo, appunto, in Calabria – visto che in quel lembo di terra dimenticato da Dio, il problema più sentito è proprio il controllo che l’ecomafia esercita sull’attività di cava, che permette di tenere sotto controllo il ciclo del cemento e di riutilizzare le aree abbandonate come discariche abusive con presenza di rifiuti pericolosi.

Gli effetti – afferma il Rapporto di Legambiente – sono evidenti nel paesaggio calabrese, con torrenti e fiumi deviati (come il Torbido e il Neto), boschi e aree e siti di interesse comunitario cancellati.

Una delle vicende più note è quella che riguarda ben quattro cave abusive nel territorio di Dune di Rovereto, nel Comune di Isola Capo Rizzuto, una zona di interesse comunitario particolarmente pregiata e a ridosso dell’area marina protetta. Le buche, in questo caso, venivano ricoperte con terra per simulare una coltivazione agricola.

Un altro esempio importante che evidenzia la condizione di queste attività in Calabria è quella del cantiere di lavorazione degli inerti, situato nel Comune di Rocca di Neto. Questo sito, prima del sequestro, veniva costantemente alimentato con l’attività di estrazione illegale, causando vere e proprie voragini nel terreno.

Impressionante per dimensioni un’altra cava finita sotto sequestro nel giugno 2005: è quella di inerti realizzata a Lamezia Terme, che sarebbe per materiale estratto (1,4 milioni di metri cubi) la più grande della Calabria e una delle più estese del Mezzogiorno.

Altro sequestro importante è stato quello della cava in località Sciacca nel Comune di Monterosso Calabro (Vv) avvenuto nel marzo del 2011.

Qui il Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale del Corpo forestale dello Stato, nell’ambito di un servizio di controllo nei pressi dell’oasi naturale del Lago Angitola, ha scoperto la ripresa dell’attività estrattiva in una cava di circa 30.000 metri quadri, già sottoposta parzialmente a sequestro penale pochi mesi prima. I materiali estratti venivano trattati mediante un vecchio impianto per il lavaggio e la selezione degli inerti.

Sempre nel 2011 il Corpo Forestale dello Stato di Montalto Uffugo (Cs) ha posto sotto sequestro una cava abusiva usata per l’estrazione di materiale inerte. L’area posta sotto sequestro, in contrada “Insidia”, è una proprietà privata di 3.500 metri quadrati, sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico, dalla quale venivano cavate sabbia e ghiaia senza alcuna autorizzazione comunale e regionale, senza l’utilizzo delle obbligatorie misure di sicurezza.

Nel 2015, il personale del comando stazione forestale di Sersale (Cz) ha proceduto al sequestro di un’area utilizzata per la coltivazione e l’esercizio di una cava che, da accertamenti effettuati, risultava essere totalmente abusiva. In particolare il personale del Corpo Forestale ha individuato all’interno di un’area di proprietà privata nel Comune di Belcastro in località Fieri, la presenza della cava e, dalle prime indagini, utilizzando anche il programma Sim (Sistema informativo della montagna), è risalito al proprietario del terreno che risulta essere estraneo ai lavori effettuati. Dagli accertamenti, è emerso anche che l’area oggetto di sbancamento, a utilizzo abusivo di cava per il prelievo di materiale inerte ad uso industriale, è stata realizzata in un terreno rimboschito con fondi pubblici a totale carico dello Stato nel 1967 da parte dei Consorzi di bonifica raggruppati della Provincia di Catanzaro e Crotone Alli-Castella.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Roberto Galullo |

    Vede Pannia, io ricevo centinaia di mail al giorno. Seguo decine di filoni, Il fatto che non abbia seguito un filone indicato tra i tanti da un lettore non vuol dire che non mi interessa. Vuol dire che ho solo 24 ore a disposizione e una sola vita. I giornalisti, infine, non sono buche delle lettere. saluti

  • pannia domenico |

    egregio dott. GALULLO le avevo inviato una email circa un anno fa invitandola a contattarmi per darle qualche notizi in merito alle cave abusive , evidentemente non le interessa , grazie lo stesso.

  • Raffaella |

    La causa di tutto ciò sono i fallimenti del Governo. Dove c’è il buco la mafia ci mette la toppa e fin quando non si prende atto dell’esistenza di queste “voragini” la situazione non può che perpetrare. Nessun controllo dal ’67? Ormai i sistemi di controllo a distanza sono tanti e di facile acquisizione, applichiamo il cervello non la burocrazia. Le infinite leggi provvedimento etc.. che restano sulla carta non spaventano queste organizzazioni. Grazie per il Suo contributo al problema.

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