Adorati lettori di questo umile e umido blog, da inizio settimana mi sono rituffato nella mafia calabrese popolata di quei soggetti riservati e invisibili che assicurano alla base ‘ndranghetista non solo successi e consenso (sociale e politico) ma anche, purtroppo, una lunga evoluzione in vita. Nel servizio di ieri (al quale rimando con i link a fondo pagina) abbiamo cominciato ad analizzare la straordinaria udienza tenuta il il 28 novembre 2016 da Nino Fiume, culo e camicia con l’onnipotente cosca reggina De Stefano fino a quando non ha capito che l’avrebbero steso.
E lui che racconta il ruolo di mortale predominio che aveva Giuseppe De Stefano e lo fa appellandosi a concetti che fanno piazza pulita sui dubbi di predominio nella ‘ndrangheta. «Non ricordo in quale interrogatorio – dirà Fiume rivolgendosi al pm Giuseppe Lombardo che lo interroga, con il suo italiano stentato e pittoresco, all’interno del quale rischia di perdersi lui e chi lo ascolta – nella ‘ndrangheta non c’è mai stato, che io sappia, un capo dei capi perché ho sentito alla Tv, quello è un altro discorso. C’è il discorso San Luca, tutto il rispetto che vogliamo, però Reggio è stato l’ago della bilancia da tirrenica a ionica, determinate famiglie che hanno deciso determinate cose, sempre con lo stesso nome. Però lui (Giuseppe De Stefano, ndr) aveva la responsabilità non perché il capo di tutti, col permesso degli altri, perché questa è una cosa che non tutti credo abbiano capito».
Giuseppe De Stefano – riassumerà Lombardo – è investito di un grado molto alto, il “crimine”, una carica speciale che gli conferiva un ruolo di particolare rilievo.
Nell’udienza, però, prima di passare a parlare dei “riservati” e degli “invisibili”, Fiume toccherà anche il tema degli “intoccabili”, tra i quali gli imprenditori avevano un ruolo ovviamente importantissimo (e proprio con un’operazione congiunta odierna tra le Procure di Catanzaro e Reggio Calabria emerge ancora una volta il dramma dell’imprenditoria collusa, sporca o contigua e per questo si veda http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-01-19/debellato-cartello-appalti-calabria-091240.shtml?uuid=AEp0ePD ). Un ruolo che era strato sigillato e approvato da Pasquale Condello il “supremo” e Paolo De Stefano che, come ricorderà più e più volte Fiume, «erano una cosa sola».
Ed è proprio ricordando la filosofia di vita (sic!) di Condello su questi intoccabili, su come gestire i rapporti con gli intoccabili, che Fiume precisa che la linea che si seguiva era quella di «cercare di mantenere la amicizia con questa persona, sfruttando quello che erano le loro attività, cercando di entrare in partnership attraverso altri soggetti puliti. Non so se mi sono spiegato».
Si spiegato talmente bene che Lombardo gli chiede uno sforzo per ricordare i nomi degli intoccabili tra gli imprenditori. E qui, prima di dire qualche nome sui quali ovviamente sarà compito di investigatori e inquirenti far luce, Fiume apre una parentesi, diciamo così, di carattere generale. «Io non voglio criminalizzare nessuno – dirà infatti il pentito re delle discoteche – però tutti, e chi dice che non è vero e che non lo sa sono fatti suoi, Italia si paga, si lavora e si paga l’Iva, tutti sapevano che devono pagare il 5% di qualsiasi lavoro fanno, da una parte o dall’altra. La pace (di mafia, ndr) l’hanno voluta anche degli imprenditori che erano stati costretti a pagare da una parte all’altra… ».
Reggio, dirà Fiume, funzionava così e lo sapevano tutti.
Vi chiederete: e oggi? Peggio. Molto peggio.
Ora mi fermo. Domani si prosegue.
2 – to be continued
(si leggano anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/01/17/nuovi-mostri-il-metamafioso-malvagia-creatura-ibrida-meta-mafioso-e-meta-antimafioso/