Le cronache locali non ci dicono quanti gatti hanno seguito “La notte che spazza il sistema”, mandata in onda il 24 luglio sul lungomare di Reggio Calabria dal M5S che, per l’occasione e per rimpolpare le fila, ha chiamato all’appello anche alcuni presunti big del movimento eterodiretto. Così dobbiamo affidarci al sito della deputata/cittadina Dalila Nesci, che parla di 4mila presenze. Facciamo come per le marce sindacali: tra i dati diffusi dalla questura e quelli delle organizzazioni sindacali, si divide per due e più o meno ci si avvicina al numero delle presenze.
Le cronache locali, invece, ci dicono che più o meno 4 erano i gatti presenti all’evento “Io sto con De Raho” – lanciato nel globo virtuale della Rete oltre i confini calabresi – che è stato organizzato il giorno dopo da alcune associazioni a sostegno del capo della Procura di Reggio e dei suoi uomini, impegnati da alcuni anni a spazzare via la massomafia ben oltre la marmitta di un’apecar. Alcuni siti parlano di 250 persone, compresi i curiosi, gli ambulanti, gli abusivi, quelli che avevano sbagliato strada, i turisti e qualche politico della Giunta comunale reggina che ci ha messo la faccia (onore al merito e al coraggio) ma si è beccato una raffica di buuhhh. Per capirci: alla manifestazione che è stata organizzata il 22 luglio a Sangineto (Cosenza) da alcuni esagitati animalisti che manifestavano contro un gesto criminale compiuto poche settimane prima nei confronti di un cagnolino (preso a bastonate per poi essere impiccato) c’erano più o meno le stesse persone: alcune centinaia che però, per l’occasione, si erano mosse pure dalla Sicilia.
Insomma: la sorte di un cane vale, almeno a “legger” la piazza, più del destino di un popolo – quale quello calabrese – fatto di gente perbene ma sottomesso da sempre da omertà e massomafia.
Al di là dei numeri l’una e l’altra manifestazione certificano – purtroppo – che Reggio e la Calabria continuano ad essere, ben oltre le miserande lande partitiche che si sono succedute al governo locale e regionale negli ultimi 30 anni almeno, un vulnus per la società.
Non me ne vogliano i reggini e i calabresi (metà del sangue dei miei figli lo è, così smorzo subito le demenze dialettiche degli esagitati che mi accuseranno ancora e a vuoto di razzismo, veteropopulismo e blablabla blablabla) ma lo scrivo da tempo, da tantissimi anni e non certo alla luce di due manifestazioni che lasciano il tempo che trovano: la Calabria è una regione vieppiù persa.
Il M5S – che altrove miete successi sull’onda dell’antipolitica perché, a tirar le somme, di progetti politici presentati agli elettori manco un’ombra cinese, salvo eccezioni – a Reggio Calabria, intrisa di massomafia fin dentro le midolla, smuove, con l’ennesima indagine della Dda servita su un piatto d’argento e facendo scendere in campo i presunti big, tra le 2 e le 4 mila persone. Alle ultime elezioni amministrative, precedute da scontri, litigi e continui pesci in faccia, il M5S ha preso il 2,5% dei voti e non ha portato un solo consigliere in Municipio. Alle politiche (dove conta meno l’appoggio da dare all’amico dell’amico che è amico del mio migliore amico) aveva preso il 25%. Per capirci ancora meglio: il suo capolista, alle ultime elezioni amministrative, ha preso 1.738 voti, la lista M55 ne ha presi 2.281. Vale a dire che quelli che secondo Nesci sono scesi in piazza sul lungomare – compresi, anche in questo caso turisti con le infradito, curiosi, infiltrati (statene certi che c’erano) etc etc – erano il doppio di quelli che nel segreto dell’urna hanno affidato le speranze di rinascita della città sullo Stretto ai pentadiretti.
La realtà è che a Reggio e in Calabria (spesso anche nel resto del Sud) il voto di “appartenenza e di speranza” (appartenenza intesa come legame a doppio filo ai poteri marci trasversali e speranza intesa come auspicio di sfangarla offrendosi come elettore alla marciocrazia politica locale) la fa (ancora) da padrone e hai voglia tu a far roboare sul lungo mare Falcomatà strepitose affermazioni come: «Quando 5 stelle sarà tra un anno e mezzo al Governo, questa situazione non ci sarà più» (Luigi Di Maio dixit).
La Calabria e il Sud continuano a votare (continueranno ancora a lungo?) per gli amici degli amici che – statene certi – come hanno provato (e ci sono riusciti) a infiltrarsi nell’antimafia e nei movimenti politici e/o apartitici cresciuti come funghi nelle ultime due decadi, si infiltreranno anche nel M5S, terreno vergine da conquistare per poi lanciare, in Calabria come in Sicilia, in Campania come altrove, scalate a suon di pacchetti di voti e senza offerte pubbliche di acquisto.
E che dire della manifestazione “Io sto con De Raho”?
Beh, detto che non si sta con un procuratore ma casomai con una Procura, l’altra faccia del movimentismo reggino è speculare al nulla sotto vuoto spinto del M5S. Non per mancanza di coraggio o per incapacità – sia ben chiaro – ma perché Reggio e i reggini ormai non credono più a niente e a nessuno da decenni.
Troppi finti servitori dello Stato hanno visto passare in riva allo Stretto perché possano ancora nutrire speranze. Troppe amministrazioni zeppe di ‘ndranghetisti abbeverati in logge deviate hanno sopportato (o votato) per credere che possa esistere una politica degna di questo nome. Troppi collusi nel mondo delle professioni (compresa la mia professione) hanno visto per credere ancora a Babbo Natale.
Sbagliano? Certo che sbagliano! Non solo o non tanto perché non scendono in strada a sostenere il lavoro di una Procura seria e coraggiosa – ne ho già viste, come cronista, di discese in campo della cosiddetta società civile, ai tempi di Gigginiello De Magistris o ‘sciantoso e tanto mi è bastato per capire il disorientamento nelle cape dei manifestanti – ma soprattutto perché ciò che manca è il sostegno quotidiano, fatto di gesti concreti e continui. Hai voglia tu Federico Cafiero De Raho a predicare nel deserto e chiamare alla rivolta i calabresi! Che pure, da alcuni anni, non vedono quasi passare giorno senza l’arresto di un latitante, la distruzione di una cosca, la confisca di un bene, l’attacco viscerale al cuore della ‘ndrangheta invisibile e riservata. Insomma – pur tra mille difficoltà e disinteresse, della classe dirigente di questo paese, dello Stato e della cosiddetta politica – una parte nobile di Stato lì, in Calabria e a Reggio, c’è e mai come adesso si dà da fare (bisogna ritornare agli anni Novanta per ritrovare analoga voglia di stravolgere l’ordine massomafioso costituito, con risultati peraltro non supportati fino in fondo per colpa dei contropoteri marci che stanno ricominciando a fischiare sul collo della Dda di Reggio in primis). Niente. E dire che questi Uomini – investigatori e magistrati – rischiano per i reggini e i calabresi, oltre che per lo Stato che hanno deciso di servire così nobilmente. Niente e nessuno smuove il reggino e il calabrese dalla apatia dei piccoli gesti quotidiani. Che so, dalla denuncia al rifiuto di chiedere una mano al potente di turno, magari allevato a santini e vangelo laico.
Chi può scappa – e fa bene – mentre chi rimane si consegna alla morte. Non (solo o tanto) quella fisica ma quella della dignità dell’Uomo. Oppure prova a resistere. A questi ultimi buona fortuna e tutta la mia ammirazione.
r.galullo@ilsole24ore.com