Il ricatto, per la Dda, in Calabria diventa arte e Reggio è governata da un circolo di pescatori!

Ieri, su questo umido e umile blog, si scriveva del sistema che, secondo investigatori e inquirenti, governa la Calabria, a partire da Reggio (rimando per questo al link a fondo pagina). E allora leggiamo cosa scrivono i magistrati nel provvedimento di perquisizione e sequestro firmato il 9 maggio dai pm Rosaria Ferracane, Giuseppe Lombardo, Luca Miceli, Stefano Musolino. Scrivono che sull’avvocato Paolo Romeo grava(va) un’inquietante concentrazione di potere e di influenza su amplissimi settori della pubblica amministrazione, resa possibile e gestita grazie ad un qualificato reticolo di relazioni personali.  Il crocevia di questo “traffico” è il Circolo Pescatori Posidonia, nato con la delibera n 293, con il quale è stato iscritto all’albo provinciale delle società sportive il 9 settembre 2011.

Un circolo di pescatori, capite, non una loggia ufficiale ma un circolo per pescatori! Così come accadeva per la cosiddetta loggia Scontrino di Trapani della quale si può leggere che «nel cono d’ombra di una loggia massonica coperta, al sicuro da sguardi indiscreti, si coltivano reazioni e si allacciano contatti altrimenti impensabili o difficilmente praticabili; e si sugellano accordi di interesse tra soggetti che appartengono a mondi diversi. In particolare, la compresenza nello stesso circuito massonico trapanese di soggetti di così diversa estrazione e levatura – politici, alti burocrati, funzionari pubblici, magistrati, imprenditori e mafiosi, inclusi semplici gregari – ben poteva spiegarsi sia con la funzione assegnata agli uomini di Cosa nostra di custodi armati del rispetto di accordi collusivi stipulati in altra sede; sia con la destinazione dei vincoli di fratellanza massonica a luogo protetto e sede in cui poter compensare i loro servigi con adeguati favori o negoziare o scambio di favori indicibili, anche al di là dell’appoggio elettorale a candidati graditi (…)»  (pagina 682 e seguenti delle motivazioni depositate il 27 luglio 2015 dalla Corte di Assise di Trapani, presidente Angelo Pellino, giudice Samuele Corso, oltre ai giudici popolari, della sentenza relativa all’omicidio di Mauro Rostagno, avvenuto il 26 settembre 1988 a Lenzi, la cui sentenza di primo grado, pronunciata il 15 maggio 2014 ha visto le condanne di Vincenzo Virga e di Vito Mazzara, mentre è in corso l’appello presso la seconda sezione della Corte di assise di Palermo).

Ebbene, secondo investigatori e inquirenti reggini, il Circolo dei pescatori era un «mero simulacro formale, funzionale ad occultare il gruppo di persone e di potere che, guidate dal Romeo con l’ausilio del Marra, esercitano la loro influenza decisoria sulle determinazioni delle pubbliche amministrazioni, di altri poteri dello Stato e sulle locali dinamiche imprenditoriali e su altre associazioni non riconosciute e gruppi di occasionale coesione politica». Con questo patrimonio relazionale Romeo «governa le dinamiche cittadine e provinciali, esercitando l’arte della persuasione ricattatoria». Sublime la definizione della Dda: il ricatto, in mano a certe persone, in Calabria, diventa arte. Poesia pura. Sublimazione dell’immagine della “massomafia”.

E il 18 settembre 2013 la Gdf intercetta una conversazione in cui il duo Romeo/Marra fa «chiarissimo riferimento alla loro comune appartenenza a logge massoniche ed è evidente il legame di solidarietà che lega i soggetti indagati, al fine di influenzare le decisioni delle locali pubbliche amministrazioni, giungendo sino a redigere documenti di cui soggetti istituzionali si attribuiscono la paternità, fungendo, in realtà, da mere pedine per le strategie di potere che il gruppo occulto intende perseguire».

La conclusione dei pm? Avrebbe fatto felice Tina Anselmi, “madre” della legge dell’82 sulle associazioni segrete: «Romeo, attraverso la rete di solidarietà massonica, occultata dallo schermo di associazioni non riconosciute, violi le interdizioni di cui alla pena accessoria comminatagli con la sentenza definitiva, svolgendo attività politico-istituzionale per il tramite di personaggi istituzionali, sia di carica elettiva sia dirigenziale, pronti ad assecondare i suoi desiderata, influenzando così, subdolamente, le attività degli enti locali».

Ma la Procura va avanti e svela quello che, se reggerà, si profila come un sistema di scatole cinesi occulte (di cui è stata scoperchiata una minima parte) che inglobano e digeriscono ogni strato della società calabrese. E’ “un” centro ( e non “il” centro) di equilibrio dei sistemi di potere di cui la ‘ndrangheta si alimenta. «Tra le associazioni palesi attraverso le quali quella occulta operava – si legge nel decreto di perquisizione e sequestro a carico degli indagati – le indagini hanno evidenziato il ruolo dell’Istituto studi e ricerche geomarine ecoenergetiche ambientali, in sigla Igea onlus, presieduto da Antonio Idone e composto tra gli altri da alcuni sodali e frequentatori del Romeo, tra cui don Pino (Giuseppe) Strangio, il marchese Genoese Zerbi e il prof. Rocco Antonio Zoccali».

Delicata posizione di don Strangio, potentissimo protettore del Santuario aspromontano di Polsi, per la cui perquisizione è stato dato avviso all’Autorità ecclesiastica (cioè al suo Vescovo).

«Si tratta di soggetti con cui il Romeo è in stabili e continuative relazioni – si legge ancora nel provvedimento – caratterizzate dall’immanenza di un vincolo associativo che non trova riscontro nelle partecipazioni note che li accomunano in sodalizi noti e che evocano, perciò, anche in reazione a talune specifiche modalità relazionali accertate, la partecipazione ad un’associazione segreta».

Ora mi fermo ma, a breve, riparto. Già solo questo servirebbe per dire (e lo ripeto da anni) che la Calabria, l’Italia, sono morte.

r.galullo@ilsole24ore.com

2 – to be continued (per la precedente puntata si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/11/con-lindagine-fata-morgana-la-dda-continua-la-caccia-alle-logge-selvagge-che-governano-la-calabria/)

  • Bartolo |

    È morto lo stato di diritto e lo stesso Stato! E ad ucciderli sono stati gli abusivi presso la pubblica amministrazione e negli scranni del parlamento. Io non so se Paolo romeo è il capo della masso-mafia, so invece, che ai suoi tempi (pericolosi?) sedeva in parlamento grazie al consenso popolare: i mafiosi, visibili, fossi componente meccanico della macchina da guerra antimafia li andrei ad acciuffare tra coloro che ci hanno privato della dignità di cittadini grazie all’approvazione di una legge elettorale dichiarata dalla Consulta incostituzionale e riproposta dagli abusivi quasi identica…

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