La scorsa settimana a Napoli ho avuto il piacere di moderare la tavola rotonda “Azione e strumenti di contrasto a tutela delle Istituzioni e dell’economia nella lotta alle mafie” organizzato dalla prefettura del capoluogo campano. Vi avevo promesso – amati lettori di questo umile e umido blog – che vi avrei raccontato gli interessantissimi spunti usciti da quella giornata. Dopo avervi dato conto del primo e del secondo spunto eccomi a voi con il terzo che gira ancora intorno alle falle del commissariamento degli enti sciolti per mafia.
Il prefetto di Caserta Arturo De Felice non poteva scegliere immagine più efficace quando ha dichiarato che i commissari prefettizi – e il riferimento era a quelli della provincia di Caserta ma altrove il ragionamento non cambia – si trovano (quasi) sempre di fronte «ad una desertificazione amministrativa con totale asservimento dei dipendenti ad interessi estranei a quelli dell’amministrazione». Una strada De Felice l’ha indicata (la mobilità del personale da altre amministrazioni, pur con tutti i gravi limiti e i mille vincoli sindacali e contrattuali che essa ha) ma a mettere i puntini sulle “i” ci ha pensato il prefetto di Benevento, Paola Galeone, che è stata commissario in Calabria (San Ferdinando e Platì) e Campania (Casapesenna). Oltre a portare l’esempio di questo ultimo Comune casertano, che ha una quindicina di dipendenti dei quali 5 hanno precedenti penali e 5 hanno un cognome che da quelle parti è un marchio di fabbrica (Zagaria), Galeone ha affermato che nei comuni sciolti per mafia ci si trova spesso di fronte a «connivenza, influenze e quasi totale incapacità professionale». Le assunzioni, ha proseguito Galeone, rispondono nella migliore delle ipotesi a logiche clientelari o superate (l’ufficio di collocamento locale dal quale è stato possibile attingere). I nuovi innesti consulenziali, invece, per retribuzioni dirigenziali che possono ruotare intorno agli 800 euro al mese, tengono lontani, ovviamente, i professionisti rodati ed esperti, di ogni ordine e grado (dall’architetto al commercialista) in grado di imprimere una svolta radicale alle amministrazioni sciolte per mafia. «A Casapesenna – ha continuato Galeone – non sono state mai presentate domande di condono. Avremmo dovuto abbattere 258 immobili. Alcune demolizioni ci sono state ma lo Stato dovrebbe irrobustire la macchina amministrativa degli enti sciolti per dimostrare che c’è e che dà qualcosa in cambio alla collettività».
E qui si sono trovati tutti d’accordo: non è possibile, ha sintetizzato il capo della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, che lo Stato arretri. «Quando promette – ha affermato – deve dare la certezza di mantenere».
Ma su questo aspetto torniamo domani.
3 – to be continued (per le precedenti puntate si vedano http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/10/02/la-prefettura-di-napoli-fa-quadrato-con-le-altre-istituzioni-dello-stato-e-mette-le-conoscenze-a-fattor-comune/