Roma drogata/ San Basilio, Bronx de noantri: la mala dà ferie ai pusher e mette in prova i “pischelli” – Le dosi “docg”

Chi non è di Roma non sa cos è San Basilio. E’ un quartiere di periferia a lato della via Nomentana uscendo dalla città verso Mentana, frutto, come altri rioni e lottizzazioni, della visione ghettizzante (sono per lo più case popolari) imperante nella Roma del boom economico (per gli altri, vale a dire per chi costruiva quelle gabbie chiamate palazzi e quelle celle chiamate appartamenti).

Chi ci abita, spesso le classi meno agiate che in tempi di crisi sono diventate disperate, vorrebbe non abitarci (accanto a ladri e ladroni è pieno di brava gente massacrata nel giudizio e nell’immagine di massa dai quel nocciolo duro di “folgorati” della mala), chi ci passa vorrebbe non passarci, chi ci entra (come testimonia l’operazione Scacco matto alla “batteria” di San Basilio di cui, per alcuni aspetti, oggi vi scrivo) lo fa manco dovesse entrare nel Bronx o nelle favelas brasiliane.

Per carità, è tra i tanti quartieri che a Roma ha la nomea di essere un Bronx, ma è “er bronx de noantri”, vale a dire un rione-ghetto dove sarebbe bastato poco per impedire che diventasse una delle principali piazze milionarie dello spaccio capitolino e, ahinoi, laboratorio della mala. Niente a che vedere, ovviamente, con il Bronx di New York ma manco con Scampia, figuriamoci con le favelas sudamericane. Fatto sta che, ci informa un comunicato stampa della Guardia di finanza del 24 marzo, oltre 100 militari (inclusi i “baschi verdi” del gruppo pronto impiego), supportati da un elicottero e unità cinofile (cioè cani antidroga) hanno smantellato una banda de poracci, talmente poracci che si appellavano “batteria”, come facevano quelli della Banda della Magliana ai tempi in cui altro che San Basilio! Poracci pericolosi e da smantellare, però, perché chi spaccia semina morte e merita di finire ar gabbio (come diciamo noi romani) vale a dire in galera.

Ventitre persone arrestate in flagranza di reato e 17 colpiti dall’ordinanza di custodia (personalmente spero che, se verrà provata la loro colpevolezza, quando escono dalla galera, ammesso che ci restino, siano talmente vecchi e rincoglioniti da non trovare neppure la toppa di casa), tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso delle attività sono state sequestrate autovetture di lusso per un valore complessivo di circa 200mila euro (poca roba rispetto ai soldi che fanno). Fin qui un’operazione brillante, che ha stroncato un giro d’affari superiore ai quattro milioni di euro all’anno.

L’organizzazione era militare e piramidale, con le solite “vedette”, che con segnali e parole in codice erano pronte a rilevare la minima presenza sospetta ed era stato persino inventato un codice per “certificare” agli acquirenti il proprio “prodotto tipico”. Come un vino Doc o una mortadella Dop, ecco a voi la “dose” a denominazione di origine controllata e garantita (Docg). Niente trucchi e niente inganni! Tutta robba originale! Questo si che è marketing!

Come bravi scolaretti, i soliti corrieri spacciavano in loco o scorrazzavano per tutta Roma per consegne a domicilio (come fanno i pony express con la pizza), avvalendosi di auto a noleggio (così speravano di non essere identificati), attrezzate con doppifondi, il cui costo era a carico dei vertici della presunta associazione criminale.

La “batteria” dei “polli” di San Basilio aveva a disposizione un piccolo arsenale di armi, da utilizzare nel caso fossero state necessarie le maniere forti nei confronti di debitori morosi e dei gruppi concorrenti.

Nel corso delle indagini è emerso che i capi, a dimostrazione dell’esistenza del forte vincolo associativo, si preoccupavano di fornire il sostentamento alle famiglie dei complici arrestati e di pagare le spese di difesa. I componenti a libro paga usufruivano anche delle ferie, nel corso delle quali ragazzi giovanissimi (che a Roma si chiamano “pischelli”) che aspiravano ad entrare stabilmente nel gruppo, venivano provati ed assoldati.

Insomma, un “welfare criminale” che neppure l’Inps e un periodo di prova che nemmeno da contratto sindacale. Povera Roma! Povera Italia!

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Roberto Galullo |

    Nessuna polemica, concordo. Faccio presente che il rilancio parte dallo Stato ma lo Stato non è (come spesso fa comodo credere) un’entità astratta ma una collettività. Nel caso di specie, per primo, chi lì vive ed opera. La sensazione (sbaglierò) è che la rassegnazione e l’omertà (quest’ultima condannabile come il peggiore dei mali) la facciano spesso da padrone.

  • Giovanni Papperini |

    Rispondo a Soredo e Galullo, ma senza il desiderio di polemizzare, la mia idea è quella di promuovere il rilancio di un quartiere difficile non di nascondere nulla. Non è vero che attraverso solo il rettilineo per raggiungere la Tiburtina, per anni ho accompagnato mio figlio in un istituto scolastico sito proprio a San Basilio e quando non l’accompagnavo io ci andava da solo con l’autobus e non ha avuto mai nessun problema.

  • Roberto Galullo |

    Rispondo a Papperini e Soredo. Mi spiace per loro ma sono nato a Boccia, ho vissuto 23 anni a Talenti e conosco molto ma molto ma molto bene San Basilio. A Papperini, del quale non conosco l’età, ricordo che, già quando ero ragazzo io (correvano gli anni Ottanta) San Cleto e San Basilio erano inavvicinabili. E la disoccupazione, allora, non c’entrava nulla. Le riflessioni di Papperini ricordano quelle dei turisti quando attraversano Palermo ed esclamano: “Ma la mafia dov è?”. Ecco, mutatis mutandum, Papperini attraversa San Basilio ed esclama: “Ma dove sono le difficoltà in questo quartiere?”. Forse il “ciaffico”, direbbe Johnny Stecchino. Quanto a Soredo, che dire? Che forse, prima di scrivere, dovrebbe imparare a leggere meglio. La sintesi sarà pure brutale ma se c’è qualcuno che minimizza, quello è lui. Nascondere i problemi o negarli è peggio che non contrastarli. Sono stato il primo a scrivere (e ripetere qui) che le persone oneste in quel quartiere sono migliaia, troppo spesso preda di un nocciolo duro di disonesti e di devastanti strategie comunali e statali che hanno permesso il proliferare di una zona spesso franca.

  • Soredo |

    Attraversare due chilometri di rettilineo che collega due consolari non basta per conoscere un quartiere. Chi vive veramente quel quartiere sa bene che il contenuto dell’articolo rappresenta una brutale sintesi di ciò che realmente accade. Minimizzare a cuor leggero la problematiche di questo tipo è come mortificare le tante persone oneste che giorno dopo giorno pagano sulla propria pelle la pena di vevere in un quartiere come San Basilio.

  • lorenzo pellegrini |

    Indagini accurate e poi operazione di polizia, in questo caso della Guardia di Finanza. Processo e condanne, se sarà giuridicamente il caso; e non possiamo entrare nel merito prima di “leggere le carte”, come si dice in questi casi. Questo, sommariamente, sarebbe l’iter. La domanda è la seguente, caro Roberto. Restiamo nell’ambito dello spaccio di supefacenti, ma il discorso vale per molti altri reati: per decine di situazioni simili in tutta Italia, e’ così difficile pianificare una indagine seria ed efficace e poi trarne le conseguenze? Ti sembra tanto retorica la mia domanda, ammettilo. Buon lavoro e a presto.

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