Sono le 6.30 del 29 giugno 2012 eppure in contrada Scarazze di Cutro (Crotone) fa già caldo: almeno 22 gradi ma in questa giornata serena salirà fino 31, con un tasso di umidità del 50% e vento pressoché assente.
Alle 6.30 fa già caldo, molto caldo dalle parti dell’abitazione in cui risiede Antonio Grande Aracri, fratello di Nicolino Grande Aracri, l’uomo che da Cutro a Reggio Emilia molto può e molto muove anche se i lunghi periodi di galera hanno sfiancato la cosca.
La cosca Grande Aracri dà del tu alle grandi famiglie di mafia e sta continuando a cadere, in qui giorni caldi del 2012, nella rete investigativa di ben tre Procure (Bologna, Brescia e Catanzaro). Non è la prima e non sarà l’ultima volta ma intanto, ciascuna per la propria parte, le tre Procure daranno via all’indagine Aemilia-Pesci-Kyterion che da gennaio di quest’anno sta scuotendo non solo l’Emilia ma anche la bassa mantovana, la provincia di Verona e, appunto, quella di Brescia (Antonio non è indagato in questa mega operazione e per Rosario e Salvatore Grande Aracri, il 9 marzo 2015 la terza sezione penale del riesame del Tribunale di Brescia ha annullato la misura cautelare di custodia in carcere mentre il 27 febbraio era stato scarcerato l’altro fratello di Nicolino Grande Aracri, l’avvocato Domenico, un poliziotto e altri indagati ancora, di fronte alle quali scarcerazioni la Procura di Bologna diretta da Roberto Alfonso ha annunciato ricorsi quando saranno rese note le motivazioni, salvo che emergano motivazioni «particolarmente convincenti» per non farlo).
A quell’ora di mattina la Compagnia dei Carabinieri di Crotone sa che troverà Antonio Grande Aracri comunque pronto ad accompagnare, per due ore, i 5 uomini della polizia giudiziaria nella perquisizione della sua abitazione e di quelle che si chiamano burocraticamente pertinenze.
Infatti Antonio non si scompone e li accompagna. Ufficiali ed agenti vanno a caccia di eventuali armi e munizioni detenute illegalmente ma nel verbale sottoscritto il 1° luglio e ricevuto dalla Procura di Catanzaro il giorno successivo, scriveranno che l’esito è stato «negativo».
Armi e munizioni zero ma questo imprenditore agricolo, appoggiato, sigarette in mano, allo stipite di una porta, assiste passivamente al ritrovamento di una cassaforte in un magazzino, che sarà lui stesso ad aprire.
Dentro neppure un bossolo ma attrezzi, documenti e immagini sacre. Sarà tutto fotografato in maniera discreta.
L’immagine sacra non riserva sorprese: è quella della Maria Ss della Montagna di Polsi a San Luca (Reggio Calabria). Non poteva essere diversamente.
Quel che lascia perplessi è il ritrovamento della bozza di un atto costitutivo, senza data, indicazioni di soci e generalità, di una srl che avrebbe dovuto essere chiamata “Intelligence culture and strategics analysis – Eclipse”, con sede legale a Cutro e oggetto sociale «…attività di supporto a quelle che sono le attività di intelligence delle Procure (…) la fornitura per installazione, produzione e noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche, ambientali, audio-video (…)».
Già una cosa del genere è degna di massima attenzione e i Carabinieri, infatti, annotano come abbia lo stesso identico nome (in realtà i Cc sbagliano nella loro considerazione perché c’è la parola “Eclipse” in più) della Fondazione costituita il 9 agosto 2010 a Roma, il cui presidente era l’attuale sottosegretario al ministero dell’Interno, con delega ai servizi segreti, Marco Minniti (che si dimise da ogni carica quando, il 17 marzo 2013, assunse nuovamente il ruolo di sottosegretario dell’Interno con delega ai servizi segreti), i cui scopi principali sono quelli di studio, analisi, ricerca, cultura, comunicazione e formazione ma al cui interno, alla voce «attività, albi, ruoli e licenze» registra anche servizi di vigilanza e investigazione.
Una copiatura bella e buona (incredibile che una società di cui si immaginava la sede legale a Cutro avesse un nome inglese praticamente identico a quello della Fondazione Icsa) che lascia aperti gli interrogativi per i quali quella bozza era stata predisposta e per quali motivi (quelli di supporto alle intelligence delle Procure appare ancora più incredibile).
Anche questi fatti sono entrati nella mole di informazioni riversate nell’indagine Aemilia-Pesci-Kyterion e quella che, quasi tre anni fa, era una pista abbandonata (si cercavano armi e non costituzioni societarie) potrebbe riaprirsi.
Il sottosegretario Minniti, da me sentito ieri pomeriggio, si è limitato a dichiarare «che in Calabria la realtà supera ogni forma di fantasia».
r.galullo@ilsole24ore.com