Camorra imprenditrice/2 Il capo della procura di Napoli Colangelo: «La catena corruttiva sovverte l’ordine democratico»

Il 16 dicembre 2014 in Commissione parlamentare antimafia è andata in onda un’interessantissima audizione del capo della Procura della Repubblica di Napoli Giovanni Colangelo e dell’aggiunto Giuseppe Borrelli.

Un’audizione servita a ricostruire il volto della nuova camorra campana negli ultimi 15/20 anni che poi, dal punto di vista della potenza economica, altro non sarebbe che quella casalese. Ieri come oggi.

A questa interessantissima audizione ho deciso di dedicare una serie di post, cominciando da quello di ieri nel quale ho dato conto della veste imprenditorial/politica dei casalesi soprattutto attraverso il racconto del boss pentito Antonio Iovine (rimando, con il link a fondo pagina, al servizio).

Oggi proseguiamo su questa falsa riga attraverso la logica e pregnante riflessione del capo della Procura Colangelo sulla “catena corruttiva” della camorra che mette da parte la violenza (per quanto possibile) e punta sulle “buone maniere” imprenditorial/politiche.

«La corruzione diventa lo strumento con cui agisce la criminalità organizzata. Per l’acquisizione del controllo di attività economiche e del territorio – dipana il suo ragionamento Colangelola criminalità organizzata non si avvale più soltanto della bomba messa sotto la ruspa o della sparatoria, ma dello strumento più agevole della corruzione, che oltretutto le assicura la connivenza e la fedeltà anche per il futuro, non più in relazione al singolo episodio. Avendo disponibilità  di enormi somme di danaro non c’è più bisogno di sparare. Basta corrompere. È per questo che mi permetto di dire in questa sede che non si tratta di un’analisi riguardante la posizione di Iovine, ma una valutazione che riguarda l’azione e l’incidenza della criminalità organizzata sulla vita di un Paese. Se il reato di cui all’articolo 416-bis ovvero i reati aggravati ai sensi dell’articolo 7 hanno a oggetto e come obiettività giuridica tutelano l’ordine pubblico o il patrimonio, quando la modalità di esplicazione diventa quella che abbiamo appena delineato, a mio parere – è un’opinione personale – viene messo a rischio l’ordine democratico, non soltanto l’ordine pubblico e l’ordine economico. Sono i pilastri fondamentali su cui si regge uno Stato a essere intaccati da quest’attività».

La presidente Rosi Bindi coglie in pieno la sintesi –  la corruzione ha sostituito la pistola e se la corruzione è la nuova arma, è chiaro che quella diventa forse la via privilegiata attraverso la quale combattere la mafia  –  e chiede a Colangelo se le nuove misure sulla corruzione adottate dal Consiglio dei ministri siano soddisfacenti.

Il capo della Procura di Napoli non si fa pregare due volte. «La corruzione non è soltanto l’acqua o l’humus di cui si nutre la criminalità organizzata – risponderà Colangelo alla presidente e ai commissari antimafia presenti, sempre troppo pochi rispetto alla vitalità dei temi affrontati – è diventata una forma di esplicazione. A differenza di altre ipotesi di reato, che lasciano la loro traccia ledendo quella specifica obiettività giuridica, la corruzione ha un effetto a onda d’urto, a catena. È come un sasso in uno stagno. Se un appaltatore vince tutti gli appalti perché riesce a corrompere l’amministratore, costituisce un modello per gli altri che, per sopravvivere, devono perseguire strade analoghe, altrimenti sono destinati a soccombere. Costituisce, quindi, un modello comportamentale, negativo chiaramente, che si propaga ed è una forma di contagio vero e proprio. Per ritornare alla sua domanda, se le misure siano adeguate o meno, certo, aumentando qualche limite di pena si può pervenire ad avere una maggiore prospettiva deterrente in ipotesi, ma in realtà ritengo – è una mia opinione personale – sulla base della mia esperienza che le misure, al di là di qualche piccolo aggiustamento, ci siano».

E sulla potenza di fuoco economica e corruttiva della camorra imprenditorial/politica, in questo filo logico che sto seguendo, torneremo dunque domani con un post appositamente dedicato.

r.galullo@ilsole24ore.com

2 – to be continued (per la precedente puntata si legga  http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/01/13/camorra-imprenditrice1-il-racconto-del-boss-casalese-antonio-iovine-prende-forma-in-commissione-antimafia-grazie-alla-procura-di-napoli/)

  • Antonia |

    La corruzione si moltiplica, sopratutto negli ambienti degli appalti, perche’ c’e’ un consenso generale verso il corrotto. E’ giustificato, capito, apprezzato. Il problema, nell’ambiente, e’ creato dalla persona che non e’ corruttibile. Quando, x sbaglio o x messa alla prova, tra i vari soggetti dell’ambiente capita una persona nuova che decide di reagire allarmandosi quando si imbatte in cose poco chiare, viene subito allontanata e se oppone resistenza diffamata e punita. Si crea un muro di gomma intorno a lei. La corruzione, purtroppo, oggi e’ diventata potere. Se sei corrotto sarai vicino al potere, se sei vicino al potere hai privilegi o anche semplicemente quei diritti che l’onesto rischia di perdere o ha gia’ perso. Se sei corrotto non rischi nulla, se non lo sei devi, almeno, fare finta che non capisci. Se vuoi difenderti con la giustizia devi sapere che hai gia’ perso. Le sentenze hanno un prezzo. Sopratutto sulle questioni di giustizia amministrativa. Puoi ottenere, pagando, sulla stessa questione sentenze opposte a distanza di qualche giorno. Per fortuna non sono state abolite le intercettazioni per le indagini…altrimenti la situazione non sarebbe piu’ ribaltabile. Comunque e’ necessario un radicale cambio generazionale anche se io ho gia’ avuto modo di vedere quanto siano dipendenti e depressi i c.d. giovani (30/40 anni) su questo tema. Sanno gia’ che non faranno mai carriera se non si mettono “a disposizione” di qualcuno. C’e’ solo da augurarsi che quel qualcuno sia bravo e onesto.

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