Coraggio a rischio della vita: Nicola Gratteri premiato a New York con il Civil courage prize – Le motivazioni

Già da tre giorni si trova a New York dove all’utile (i contatti investigativi oltreoceano) questa sera, al Council of foreign relations, unirà il dilettevole.

Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria e consulente del Governo sui problemi della Giustizia, sarà infatti il primo italiano a ricevere il “Civil courage prize”, con il quale ogni anno la Train Foundation di New York premia chi, nel mondo, si è distinto per il coraggio civile a rischio delle propria vita (ne ho già scritto sul Sole-24 Ore di domenica 12 ottobre). Toccherà a Gratteri ricevere i 50mila dollari dalle mani del presidente della Fondazione, John Train, che poi lo accompagnerà in un’ulteriore serie di incontri istituzionali che il magistrato, 56 anni, originario di Gerace (Reggio Calabria) avrà negli Usa. Lo stesso Train è figlio di un magistrato che per capire i legami tra la mala campana, che vessava a New York commercianti e piccoli imprenditori,  si recò nei luoghi della camorra campana e, al ritorno, per primo scrisse un libro in inglese sulla criminalità organizzata a cavallo tra la Campania e gli Usa.

Prima di Gratteri, gli “eroi della coscienza”, come vengono definiti dalla cabina di regia che seleziona i candidati, sono stati avvocati delle vittime della violenza in Congo o dei traffici umani in India, giornalisti che si sono battuti per la libertà in Corea del Nord o contro lo sterminio umano in Angola e ancora prigionieri e politici che si sono ribellati a dittature e regimi che soffocano, in Africa come in Asia, Europa e Sud America, i più elementari diritti dell’uomo.

Nomi e cognomi spesso poco noti all’opinione pubblica mondiale ma apprezzatissimi in ogni consesso internazionale nel quale si discute di democrazia e libertà. Nomi e cognomi che assurgono alla notorietà di massa quando le loro battaglie hanno epiloghi tragici.

E’ il caso della giornalista russa Anna Stepanovna Politkovskaja, molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i reportage dalla Cecenia e per l’opposizione al presidente Vladimir Putin.  Politkovskaja venne assassinata il 7 ottobre 2006 nell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. L’anno prima, con Ming Ko Naing, un ex prigioniero che si è battuto per la libertà nel Burma (Birmania) e con l’attivista dei diritti umani in Indonesia, Munir Said Thalib, assassinato a Singapore il 7 settembre 2004, aveva ricevuto il premio della Fondazione newyorchese che, come da tradizione, viene spesso devoluto dai vincitori o dai familiari per scopi umanitari o benefici.

Gratteri impegnato in prima linea contro la ‘ndrangheta da 25 anni, è sotto scorta da aprile 1989. Può sembrare un dettaglio, abituata come è l’Italia ad avere magistrati dei quali anche i respiri sono blindati, ma proprio il fatto che da sempre vive sotto costante pericolo e nonostante questo non si é mai fermato (anzi, se possibile ha moltiplicato gli sforzi) è stata la molla che ha fatto inserire il procuratore italiano tra i candidati.

Non è un caso, dunque, che tra le motivazioni del premio si può leggere che «il successo di Gratteri non è dovuto solo alla profonda conoscenza degli intrecci dell’organizzazione criminale ma anche alla notevole, visibile e impavida dedizione all’obiettivo».

Per capire la scelta del premio bisogna anche rifarsi all’immagine che gli americani hanno della Giustizia italiana che lotta contro le mafie, soprattutto da quando hanno capito che le guerre non sono solo quelle che si combattono al fronte ma anche quelle che si dipanano giorno dopo giorno per bloccare traffici mortali che distruggono società, vite ed economia legale. Per loro l’esempio è e sarà sempre Giovanni Falcone che, non a caso, negli Usa aveva non solo proficui rapporti di lavoro ma anche amicizie e stima. Gratteri, per gli americani, pur nella diversità di stile e battaglie, incarna lo stesso spirito di sacrificio e volontà di collaborazione. E la parola collaborazione apre ogni porta negli Stati Uniti che sanno di essere l’ombelico di ogni traffico criminale da smantellare. Logico, dunque, che dalle parti di New York ancora ricordino l’operazione New Bridge, con la quale a febbraio di quest’anno la Procura della Repubblica di Reggio Calabria (le firme sono del capo Federico Cafiero De Raho, dell’aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Paolo Sirleo) con l’Fbi e la Procura distrettuale di New York, hanno smantellato un’organizzazione internazionale (l’ennesima) dedita al narcotraffico e le cui basi erano Reggio Calabria e New York. L’operazione ha rivelato l’esistenza di un vero e proprio patto tra Cosa nostra americana In particolare la famiglia Gambino) e la ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria). Furono 17 le persone in Italia e 7 quelle negli Usa arrestate o fermate.

In fondo, quest’anno il premio è andato a Gratteri perché come recita la frase del politico e scrittore inglese del Settecento Edmund Burke, sul sito della Fondazione Train, la sola cosa necessaria per il trionfo del male è che  gli uomini buoni non facciano nulla. Il contrario dei premiati.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Roberto Galullo |

    Pamela “non so chi” la invito, qualora non li avesse usati, ad inforcare un bel paio di occhiali e rileggere quanto ho scritto.

  • Pamela |

    Ma per piacere paragonare gratteri a falcone.

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