Volete la prova della scarsa utilità nella politica dei codici etici e della presentazione di liste (apparentemente) pulite alle elezioni?
Nulla di più semplice. Ma andiamo con ordine, con una premessa importante che è anche una conclusione: nessuno mette in dubbio che le liste dei partiti e delle coalizioni concorrenti possano essere pulite (si scopre solo con eventuali indagini a posteriori che erano inquinate da uno o più persone e prego Iddio che questa volta, ad esempio, la Procura di Reggio Calabria operi invece a priori) e questo dunque vale a maggior ragione negli esempi che oggi farò (sono convinto della bontà dell’operazione dei partiti e dei candidati in Calabria) ma è bene mettersi in testa che la mafia non si presenta mai con nome e cognome! Figuriamoci se può farlo in una lista elettorale! Sempre più spesso sono (ovunque, non solo in Calabria) proprio le persone più autorevoli e insospettabili che vantano in una lista elettorale ogni tipo di credenziale per apparire linde senza esserlo. Le liste, a parte casi di conclamata sfrontatezza, sono dunque specchi di immacolata verginità.
Fatta la convinta premessa andiamo al balletto in salsa calabra, ben sapendo che quel che vale qui, vale ovunque (mutatis mutandum).
Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, fulminata sulla (spesso cattiva) strada di Reggio Calabria e dintorni, ha annunciato che rafforzerà il codice etico approvato nel febbraio 2010, che dovrà essere rispettato da tutti i candidati e ancor prima da tutti i partiti che vorranno (ri)cimentarsi nell’agone politico.
Il tonitruante annuncio è giunto dopo che il 17 settembre, proprio in Commissione antimafia, il capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, aveva (ri)lanciato l’ennesimo, ripetitivo e stucchevole allarme sul rischio di voto inquinato nelle elezioni reggine e calabresi prossime venture. Sai che novità! Basta vedere quel che (a posteriori) la magistratura reggina sta scoprendo sul alcune competizioni amministrative degli ultimi, recentissimi anni.
Rosy Bindi, da navigatissima ed esperta politica qual è, ha colto la palla al balzo e avrà pensato: se Cafiero De Raho lancia, io che faccio? Rilancio.
E così in questo balletto del purismo ideologico e dialettico Bindi ha dimenticato ciò che disse e scrisse l’11 marzo 2010, sconsolato per ogni riccio che tiene in capa, l’allora ex vicepresidente in Commissione parlamentare Fabio Granata: «La Commissione parlamentare Antimafia ha approvato un codice etico contro l’inserimento nelle liste elettorali di candidati implicati con la mafia. Ma il codice è già stato trasgredito da un po’ tutti i partiti. Di questo riferiremo alla Camera».
E già, quello strumento, che doveva essere un mezzo rigoroso per selezionare le candidature, si è rivelato quel che era: un paravento facilmente raggirabile, a meno che i valorosi membri della valorosa commissione parlamentare antimafia credessero e credano ancor oggi che i partiti in lista facciano direttamente correre che so, Riina, De Stefano, Schiavone e via di questo passo…E proprio queste ultime ore, con alcune candidature alle elezioni provinciali, testimoniano che i partiti del codice etico in Calabria non sanno propria cosa farsene.
Morto un codice – avrà pensato Bindi – se ne fa un altro.
Gabbato lo primo, staranno pensando i sistemi criminali e i loro apparati, gabberemo lo secondo.
I partiti, che scemi non sono, cosa hanno a loro volta pensato di fare? Di attaccarsi come cozze al “vangelo secondo Cafiero” (professato dal capo della Procura in perfetta buona fede e senza rendersi conto che sarebbe stato un assist miracoloso per gli inaffondabili politici calabresi).
Se tu sei puro – hanno pensato i partiti e gli schieramenti calabresi – noi siamo più puri di te (in Italia mai dire di essere pulito e onesto, perché c’è sempre qualcuno che, a parole, è più pulito e onesto di te). Vuoi che te lo dimostriamo?
Bene, seguitemi, anche perché il loro ragionamento non fa una grinza soprattutto perché si appoggia sulla forma (ogni sforzo per liste senza nomi sconvenienti) e non sulla sostanza (eliminare chi, con la fedina immacolata pulita e magari curricula eccelsi è espressione di quei sistemi criminali che in Calabria e non solo inglobano in un’unica perversa e disgustosa cupola la cattiva politica, lo Stato deviato, i professionisti collusi e i grembiuli sporchi; un esercizio oltretutto spesso impossibile per i partiti, proprio perché taluni personaggi sono davvero “invisibili” ai raggi X dell’illegalità).
Cafiero De Raho non aveva (metaforicamente) neppure fatto in tempo ad uscire dal portone della Commissione antimafia che alle ore 14 del 18 settembre (il giorno dopo l’audizione) il coordinatore regionale del Ncd Antonio Gentile (quello coinvolto suo malgrado nel caso della mancata uscita dell’Ora della Calabria che l’indomani, se non si fossero inceppate le rotative, sarebbe uscita con un lungo servizio sul figlio) con tempismo da scattista olimpionico lanciava via twitter: «Raccogliamo l’appello del procuratore De Raho sia relativamente al Comune di Reggio Calabria che alla Regione: stiamo costituendo liste pulite che saranno vagliate dai nostri organismi con assoluta severità. Spetta ai partiti fare pulizia al proprio interno, e noi siamo pronti a denunciare alle autorità competenti qualsiasi tentativo di infiltrazione. Stessa cosa chiederemo ai nostri alleati consapevoli che sulle politiche antimafia non devono esserci tentennamenti di alcun genere. Costruire liste immacolate significa guardare a tutti gli aspetti relativi alle persone candidate che non solo non devono avere procedimenti antimafia ma essere al di sopra di qualsiasi sospetto. De Raho ci manda un messaggio intelligente di una magistratura autorevole che chiede ai partiti di prevenire per evitare di dover reprimere e salvaguardare le istituzioni».
Fregato sul tempo, con impettita autorità e dispiaciuta secondogenitura, alle 18 circa del 18 settembre è il turno del candidato (per ora) Governatore del Pd Gerardo Mario Oliverio. Come dimenticarsi di costui? Era quello che nel 2005, da neo eletto presidente di una provincia, quella di Cosenza, in cui la sporcizia estiva sulle spiagge e tra le onde era quotidiana, dichiarò: «Per quanto riguarda la fascia ionica e tirrenica cosentina, vi prometto un mare da bere». Ricevette un tapiro dalle mani da Striscia la Notizia.
Nessuno bevve, a dispetto delle due legislature rigenereative di Oliverio la sporcizia si ripropone ogni estate (come i peperoni l’indomani della cena) ma con questo pedigree di “trasparenza marina”, è indubbiamente la persona giusta per annunciare un organismo di garanzia per la preparazione e presentazione delle liste pulite e per declamare: «è necessario il massimo rigore nella preparazione delle liste e nelle relazioni che si stabiliscono per la formazione del consenso elettorale. Il rispetto della legalità, la pulizia e il rigore morale nei ruoli di rappresentanza e nell’esercizio delle funzioni pubbliche sono una condizione necessaria ed imprescindibile per il riscatto civile e democratico, ma anche per la realizzazione di obiettivi di crescita economica e sociale nella nostra regione. La formazione delle liste che si presenteranno alle prossime regionali è un passaggio importante e decisivo per operare la necessaria bonifica ed affermare la legalità. L’organismo di garanzia sarà formato da personalità di riconosciuta e specchiata moralità e autorevolezza e dovrà compiere un’attenta valutazione nel rispetto del codice etico a cui il centrosinistra dovrà fare costante riferimento per la scelta dei candidati».
E vai, tutti nell’organismo di garanzia con la cannuccia per sorbire le liste da bere!
Il 21 settembre tal Giuseppe Musarella, candidato a sindaco di Reggio Calabria della “Coalizione reggina” (che raccoglie sei simboli), afferma: «…ci impegniamo sin da ora a rispettare il protocollo etico che a breve scadenza dovrebbe essere pubblicato dalla Commissione antimafia e ad adottare eventuali vincoli aggiuntivi allo stesso, se ritenuti necessari. Concludiamo con una piccola nota, ci auguriamo garbatamente polemica, che si riferisce ad una dichiarazione di un consigliere regionale, relativa all’appello in oggetto; dichiarazione che dopo aver espresso pieno sostegno alle richieste del Procuratore, specificava che il compito di “far pulizia” all’interno delle liste compete ai partiti. Beh, visti i fantasmagorici risultati ottenuti, sarebbe stato meglio lasciar stare e farsi aiutare da altri». Che ce l’avesse con Gentile?
Il 22 settembre Aurelio Chizzoniti, candidato sindaco per “Reggio nel cuore”, in una lunga e articolata lettera al capo della Procura reggina, scrive che trasmetterà «alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria i nominativi dei candidati al consiglio comunale di Reggio Calabria che sosterranno la mia candidatura a sindaco della città».
Prima di queste date, un profetico Salvatore Magarò, presidente dell’inutile Commissione regionale contro la ‘ndrangheta (a proposito dell’utilità della vigilanza e del controllo…), dichiarerà: «Non è possibile delegare alla magistratura il compito di vigilare sulla composizione delle liste elettorali. In Calabria i cittadini hanno il diritto di trovare sulle prossime schede liste pulite, senza alcuna ombra e neppure sospetti di condizionamenti».
Chiedo scusa se in questa carrellata dimentico qualche esternazione a favore delle liste pulite da parte di partiti, coalizioni, candidati o singoli politici ma siate certi che possiamo inserire in coda (o in testa, come preferite) tutte le coalizioni, tutti i partiti, tutti i movimenti, tutti i gruppi, tutti i candidati di questo mondo e di quell’altro: chi mai si esprimerebbe pubblicamente per “liste inquinate”? Solo Cetto Laqualunque sul palco: «Io sono sempremente politicamente corretto! Tu mi voti io ti trovo un lavoro e ti si sistemo, tu non mi voti…’ntu u culu a ttia e a tutta a famigghia!!!!! Cazzu cazzu».
E così, mentre tra il rusco e il brusco vi ricordo che una buona dose di indagati, diversi imputati e anche condannati in primo grado si ripresenteranno alle elezioni per il consiglio regionale, per quelli provinciali e non sappiamo ancora per il consiglio comunale reggino (da queste parti la moglie di Cesare non deve necessariamente essere al di sopra di ogni sospetto) e mentre vi ricordo, con pari nonchalance, che già il codice etico del 2010 non evitò gli scempi di varie e variegate candidature in Calabria di persone linde e pinte (sulla carta) ma in realtà espressione dei poteri marci (al chiuso magari di una loggia deviata e coperta), pur riconoscendo che la selezione deve necessariamente passare attraverso una rigorosissima scrematura, vi lascio con una domanda: ma voi vi fidereste delle autocertificazioni, delle autogaranzie e dei lavaggi con l’ammoniaca della politica calabrese, piuttosto che lombarda, campana piuttosto che veneta, che finora ha governato regioni, province, inutili comunità montane, municipalizzate e comuni? E come chiedere all’oste se il vino è buono. Il timbro “candidato idoneo” sarà inevitabilmente apposto su pochi specchietti per le allodole e una valanga di signori delle tessere e dei poteri che contano.
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