Cari lettori, da ieri sto dedicando attenzione all’audizione del 28 maggio in Commissione parlamentare antimafia di Giovanni Kessler, direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf).
Anche lui ha rilanciato la necessità (a parole) inderogabile della Procura europea, una sorta di superprocura che, evitando i difetti e i limiti della superprocura di italiana memoria, vale a dire la Dna, sia gerarchicamente superiore alle procure europee nella lotta a frodi, mafie e corruzione.
Idea semplice ma vitale. Di questa idea mi sono innamorato visto che cresce ogni giorno di più in me la consapevolezza che battere la criminalità organizzata transnazionale 2.0 (quella cioè fatta di braccia e di menti sopraffine) sia impossibile con le sole forze di uno Stato membro della Ue. Le mafie da sempre non hanno confini e confini di prevenzione e repressione, dunque, non devono avere gli Stati membri della Ue.
Mi sono già espresso ieri sulla realizzabilità di questa idea: la considero follemente utopistica perché solo un miracolo laico può far si che gli Stati cedano una porziuncola di sovranità ma nei miracoli laici qualche volta bisogna credere. A maggior ragione (se vogliamo credere ai grandi sforzi che sta profondendo la Commissione parlamentare antimafia) ora che è iniziato il conto alla rovescia per assegnare all’Italia la presidenza semestrale della Ue.
Proprio la Commissione parlamentare ha scritto, nelle conclusioni della importante relazione sulle mafie in Europa, la cui relatrice è stata Laura Garavini (Pd), che la superprocura dovrà «dovrà collaborare con Eurojust e Olaf (vi sarà anche la partecipazione di tale Ufficio alla composizione della procura, con una parte del proprio personale investigativo che dovrebbe comporre la maggior parte dell’ufficio centrale)».
E qui cominciano i guai che, in sede europea, saranno amplificati. Una strada pesantemente in salita che rischia di far diventare l’idea una magnifica incompiuta.
si compone di un procuratore o un ufficiale di polizia per ogni Stato membro che Già perché Eurojust, con sede oltretutto all’Aia, in Olanda, ha proprio il compito di stimolare e migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, in occasione di determinate indagini. Detto in altre parole: non serve a nulla. Non ha poteri reali e, forse, neppure virtuali. Alzi la mano chi si ricorda (ma sarebbe comunque un’eccezione) la sua funzione indispensabile nella storia della Ue.
Sono drastico nei giudizi? Senz’altro è un mio difetto ma leggete cosa dichiara il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria Nicola Gratteri (fautore della prima ora della superprocura) nell’audizione in commissione antimafia del 14 aprile: «Io andrei a rivedere l’Eurojust (figuratevi quanto mi amano i miei colleghi), per vedere se è il caso di modificarne le funzioni, perché mi pare che, così come è, ci sia poco traffico in Eurojust. Non vado oltre.
Andare all’estero vuol dire guadagnare 20.000 euro al mese. Io ho un alto senso dello Stato. Ad esempio, guido la macchina e non ho l’autista. Ho la scorta dal 1989, ma guido la macchina io stesso per risparmiare. Secondo me, se una persona ha un ruolo e una funzione, deve produrre. Io faccio in media tre o quattro rogatorie a settimana e dal 1989 ad oggi sono andato due sole volte a L’Aja ad Eurojust.
Questo vuol dire che con me si può fare a meno di Eurojust. Se io devo parlare col procuratore di Barcellona, perché dovremmo fare la riunione di Eurojust a L’Aja? Il procuratore di Barcellona dovrebbe andare a L’Aja e io dovrei andare a L’Aja. Invece, una volta vado io a Barcellona e una volta viene lui a Roma, in modo che facciamo prima e risparmiamo.
O si cambiano le funzioni, o si ha il coraggio di fare la procura federale europea per la macrocriminalità, in cui mandiamo gente capace (non la scegliamo applicando il solito manuale Cencelli), oppure lasciamo le cose come stanno, sburocratizzando in materia di trattati bilaterali».
Dunque la domanda è: perché mantenere in vita Eurojust le cui funzioni (ammesso che sia, appunto, mai servita a qualcosa) saranno totalmente assorbite e scavalcate dalla ipotetica superprocura?
E l’Olaf? Su questo ufficio (anch’esso, parliamoci chiaro, destinato a diventare totalmente inutile in un ambito di autonomia funzionale) la stessa presidente della Commissione antimafia Rosi Bindi, di fronte allo slancio di Kessler verso la superprocura, nutre dubbi anche se c’è da dire che la proposta elaborata da Garavini e poi approvata, ne prevede un parziale assorbimento (e non totale prosciugamento). Tanto che rivolta, appunto, a Kessler ad un certo punto Bindi esclama: «E l’Olaf che fine fa una volta istituita la procura? Insomma, questa generosa partecipazione a istituire un concorrente… ». Slancio sospetto, insomma, anche se Kessler ammette di essersi fatto la stessa domanda, prima di snocciolare i numeri: «L’organico dell’Olaf è di poco meno di 450 persone – dunque, è un ufficio relativamente piccolo – tutti compresi. Non sono tutti investigatori; abbiamo anche una componente, di circa un quarto, di policy making, dunque partecipiamo all’attività legislativa anche della Commissione europea, naturalmente per il nostro settore. Gli investigatori sono circa 200. Comunque, è una realtà interessante innanzitutto perché è l’unica realtà investigativa europea e non ci sono altri organi investigativi a livello europeo; in secondo luogo, perché sotto uno stesso tetto ci sono persone che hanno un’esperienza nei loro Paesi di procuratori, comunque magistrati, poliziotti, investigatori, auditor, ispettori, amministrativi e doganieri, di quasi tutti i Paesi europei, siamo a 26 Paesi. Lavoriamo in ventuno lingue, più il russo, ogni tanto. L’anno scorso abbiamo ricevuto circa 1500 segnalazioni di tutti i tipi da autorità pubbliche e anche da anonimi. Abbiamo aperto l’anno scorso 250 investigazioni e ne abbiamo centinaia in carico». Ripetiamo: qui il bicchiere è mezzo pieno, visto che Olaf dovrebbe essere un buon serbatoio (non svuotato) per la ipotizzata procura europea.
Concludendo: la procura europea è una bellissima idea e sarebbe sem-pli-ce-men-te vitale nella lotta ai reati transnazionali (frodi, mafia, corruzione e compagnia cantando). Peccato che i miei nipoti saranno ancora lì a parlarne (vi prego illuminati parlamentari italiani e europei, smentitemi…). Forse, allora, i miei nipoti ricorderanno che la fase della spinta, in molte competizioni, è quella decisiva. E, allora, i miei nipoti ricorderanno che, qualche decennio prima, la stessa Commissione parlamentare antimafia italiana avrebbe dovuto esprimersi nettamente per dare a sua volta spinta al semestre italiano alla presidenza Ue che quella proposta doveva gestire e trasmettere con convinzione ai partner europei. La spinta dialettica e propulsiva dell’idea da far nascere, crescere e spingere in Commissione parlamentare antimafia e da qui fino a Bruxelles avrebbe dovuto, secondo il mio pensiero fallibile e per nulla politico e diplomatico, suonare più o meno così: “con la nascita della Procura europea cessano di esistere Eurojust e Olaf”. Semplice. Limpido. Lineare. Ma politicamente scorretto.
2 –the end (per la precedente puntata di veda http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/06/25/la-superprocura-europea-contro-mafie-e-corruzione-unidea-vincente-e-dunque-irrealizzabile/)