In fatto di bavagli alla libertà di stampa l’Italia può fare scuola al mondo.
Mai come in questo momento, oltretutto, l’attività dei giornalisti è sotto attacco e in questo sport si distinguono (politica a parte) alcuni Tribunali che sembrano ignorare non solo i sacri principi costituzionali (articolo 21) ma anche le ripetute sentenze della Corte di Cassazione (l’ultima pochissimi giorni fa) e, soprattutto, della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Nelle ultime settimane ho dedicato molti articoli su questo blog all’argomento in questione (si vedano ad esempio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/02/in-calabria-le-rotative-si-rompono-e-la-notizia-non-esce-ma-deflagra.html; http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/04/libert%C3%A0-di-stampa-spenta-lora-della-calabria-la-democrazia-sospesa-sta-a-guardare.html;
C’è però, all’interno del nostro Paese, una Repubblica che a volte sembra mettercela proprio tutta per superarci. Si tratta, savant san dir, di San Marino, piccola come un piccolo quartiere di Roma (penso ad esempio a San Basilio) ma immensa nella fantasia al potere come e più degli Stati Uniti.
Il 17 marzo 2014 il Segretario di Stato al Lavoro, la cooperazione economica e l’informazione di San Marino, Iro Belluzzi, ha illustrato, all’aula consiliare, la proposta di legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell’informazione (evidentemente giornalisti è una parola brutta) presentata il 13 gennaio 2014. Il progetto di legge è stato di nuovo esaminato il pomeriggio di mercoledì 30 aprile dalla Commissione consiliare permanente affari esteri, emigrazione e immigrazione, sicurezza e ordine pubblico, informazione. Il dibattito non si è concluso e riprenderà verosimilmente tra il 20 e il 25 maggio.
Belluzzi, tra le altre cose, nelle 14 pagine di relazione che accompagnano il suo progetto di legge, scrive: «Il diritto all'informazione, quindi alla conoscenza, è un diritto universalmente riconosciuto come fondante, necessario per la partecipazione alle scelte consapevoli dei cittadini, necessario per un corretto esercizio della democrazia e dell'autodeterminazione dei singoli.
Conoscenza ed informazione sono di certo elementi imprescindibili del vivere in una comunità in cui democrazia e libertà da sempre hanno rappresentato i componenti fondanti della storia millenaria della nostra repubblica.
Considerata l'importanza che riveste l'informazione, risulta necessario che chi opera in questo campo, sia messo nelle condizioni di svolgere con dignità tale importante ruolo con quella professionalità che rispetti l'alta funzione di cui si fa interprete e nello stesso tempo gli consenta di conseguire i meritati riconoscimenti economici e soprattutto la possibilità di stipulare contratti che riconoscono la professione svolta».
RIVOLTA (QUASI) IMMEDIATA
Subito dopo la presentazione del progetto di legge (in una Repubblica in cui l’informazione praticamente non ha regole lasciando di conseguenza le porte spalancate anche a personaggi che definire ambigui è un eufemismo) si sono sollevate prima timide reazioni e poi critiche feroci.
Il giorno stesso della presentazione del progetto di legge, cioè il 17 marzo, sul sito della Fnsi (la Federazione italiana della stampa), a fronte delle commoventi intenzioni dell’Esecutivo sammarinese, è apparso un comunicato stampa dell’Unione per la Repubblica, formazione politica sammarinese di ispirazione cristiana, che si definisce movimento (va tanto di moda). Eccolo: «Condividendo la necessità di regolamentare il mondo dell’informazione sammarinese, l’Unione per la Repubblica ritiene che il progetto necessiti di modifiche sostanziali ed auspica che la Segreteria di Stato, all’interno del percorso istituzionale previsto, riprenda tempestivamente il confronto con gli operatori, tutte le realtà del settore e con le forze politiche. Per questo l’Unione per la Repubblica da, sin da ora, la propria disponibilità ad avviare un confronto con tutte le realtà del settore e con l’Usgi che – in questi giorni – ha sollevato forti perplessità in merito alla proposta di legge. Per il Movimento, prima di affrontare un serio percorso di regolamentazione del settore, la Segreteria – con delega anche al Lavoro – avrebbe però dovuto a dare corso ad una priorità: il riconoscimento giuridico e contrattuale della professione di giornalista. Andava e va aperto subito il confronto per un contratto ad hoc dei giornalisti, è questa la vera priorità. Il riconoscimento giuridico della professione di giornalista è un obiettivo segnalato da tempo, esattamente dal 2005, soprattutto in coincidenza con la tumultuosa crescita del mondo dell’informazione sammarinese. E’ dagli anni Novanta, infatti, che la nostra realtà ha visto nascere numerose esperienze editoriali sia nel settore della carta stampata che in quello radiofonico e televisivo, per allargarsi ultimamente al settore telematico; una crescita purtroppo non seguita dalle specifiche tutele di tipo contrattuale per i numerosi operatori del settore. L’Unione per la Repubblica ritiene, pertanto, sia giunto il momento di definire un contratto tipo per il settore dell’informazione, per tutelare i lavoratori e avere delle condizioni base che possano assicurare la pluralità e libertà di espressione in chi materialmente fa informazione. Senza questa doverosa premessa, senza tener conto della situazione esistente, qualsiasi legge sull’informazione sarà del tutto squilibrata e inutile. A ciò aggiungiamo che partendo da una base normativa di fatto inesistente, il progetto di legge del Governo è troppo complesso, introduce elementi che in una realtà di piccole dimensioni possono provocare distorsioni e a lungo andare nuocere al settore, al suo sviluppo e alla nascita di iniziative imprenditoriali nuove, anche basate sulle nuove tecnologie che ampliano notevolmente il perimetro delle iniziative editoriali e dell’informazione intesa in senso più ampio».
Punto e a capo. Mistero fitto sui motivi per i quali il progetto di legge non piace, al di là della conclamata necessità di un riconoscimento giuridico e contrattuale per i giornalisti che lavorano a San Marino.
L’USGI INSORGE SULLA COMMISTIONE CON LA POLITICA
Il 24 marzo Csu (la Centrale sindacale unitaria) e Unione sammarinese giornalisti (Usgi) si sono trovati d’accordo nella valutazione del progetto legislativo e hanno messo in luce diverse criticità. Alcune pesantissime, come l’ingerenza, nei fatti, della politica. Ecco cosa scrivono: «Che sia necessaria una regolamentazione del sistema dell'informazione è opinione condivisa così come la preoccupazione per il controllo politico dell&
#39;attività giornalistica che si avrebbe con la legge attraverso l'istituzione dell'Autorità Garante per l'informazione, formata da 5 membri di cui 3 di nomina politica.
Lascia perplessi anche il riconoscimento del titolo di giornalista rilasciato dall'Italia e da altri paesi ma non da San Marino, che dovrebbe sostenere un esame sottoponendosi a giudizio dell'Autorità Garante.
L'indipendenza della professione giornalistica dal potere politico è un obiettivo condiviso dalla Csu, tanto più alla luce del fatto che la nuova legge non abroga quegli articoli della precedente legislazione che i giornalisti hanno definito "legge bavaglio" mettendo limiti nell'esercizio del diritto di cronaca.
Per la Csu superare questi ostacoli è indispensabile per consentire il pieno diritto di informare adeguatamente i cittadini.
Una corretta regolamentazione dell'informazione ha un ruolo centrale in un sistema democratico, è necessaria per tutelare sia i cittadini che chi esercita la professione e per incentivare i giovani ad avvicinarsi a questa attività».
Il 27 marzo, due consiglieri sammarinesi del Movimento Rete dicono la loro. Eccola.
Roberto Ciavatta: «Questo progetto di legge presenta alcune criticità. Parte da una situazione ipotetica senza tenere conto della situazione reale. Vorrei far notare che se noi approviamo questa legge le testate giornalistiche sammarinesi non sono in regola con la normativa. E’ un norma che è già superata e antiquata perché non tiene conto di quello che nel corso degli anni si è evoluto. Ad esempio si prevede che ogni testata depositi nella biblioteca di Stato una copia del giornale ma non viene previsto nulla per il sito on line. Come devono comportarsi i siti? Ricordo che è prevista una sanzione fino a 50 mila euro».
Gian Matteo Zeppa: «Possiamo essere tutti d’accordo su una legge editoriale che possa comprendere i nostri 60 km quadrati in modo organico e possa contemplare tutte le realtà dell’editoria e dell’informazione presenti, ma anche che si dovesse avere un approccio differente da quello del segretario. Abbiamo avuto modo di parlare con i rappresentanti dell’Usgi, quel dialogo che abbiamo avuto noi, davanti a un caffè, poteva averlo anche lui.
A ben vedere ci sarà ingerenza della politica attraverso l’autorità garante con provvedimenti sanzionatori, se un giornalista fa un attacco politico è la stessa politica poi che va a comminare sanzioni. Ci sono poi cose strane, come l’articolo 10, che parla dei requisiti per accedere all’esame, ma con un decreto si possono cambiare questi requisiti. All’articolo 12, sulla Commissione di esame che viene nominata dal congresso di Stato, la definizione della personalità del mondo dell’informazione e dell’esperto di diritto sammarinese sono un po’ vaghe. Al segretario di Stato chiedo: se questo provvedimento fosse in seconda lettura, chiederei quanti giornalisti oggi attivi a San Marino avrebbero diritto alla press card. Il testo sarà quasi completamente da emendare».
Il 20 febbraio, era accaduto che un non meglio identificato “gruppo di mamme” (!) scrivesse una lettera al segretario della Confederazione sammarinese del lavoro (CSdL), Giuliano Tamagnini, esprimendo «preoccupazione per le possibili nuove norme sulla stampa – nello specifico il progetto di legge sull'editoria del Segretario di Stato per il Lavoro – che a loro avviso potrebbero ridurre la libertà di espressione e limitare l'accesso alla professione giornalistica attraverso un forte aumento delle procedure burocratiche».
Evidentemente, sintetizza Tamagnini, «si preoccupano di queste possibili restrizioni e limitazioni anche nella prospettiva che i loro figli ancora giovanissimi possano, un giorno, intraprendere professionalmente questa attività, nella quale si misurano comunque i livelli di democrazia e di libertà reale di un paese». Cuori di mamma!
Tamagnini, alle mamme rattristate sul futuro della libertà di stampa, ha confermato «il proprio interesse e impegno verso le tematiche sollevate».
C’E’ CHI NON TEME LA COMMISTIONE
Da ultimo segnalo, per l’autorevolezza del personaggio, l’opinione di Carlo Romeo, direttore generale di Rtv San Marino, la tv pubblica sammarinese alla quale lo Stato italiano garantisce (e mi chiedo il perché) un sostanzioso contributo annuo, visto che attraverso la Rai ne detiene dal 1991, anno di fondazione, il 50% del pacchetto azionario (e anche qui mi chiedo il perché). Ecco come il sito della stessa tv pubblica sammarinese pagata anche con i miei soldi, ha sintetizzato il pensiero del suo direttore: «Un ritardo sicuramente da recuperare, un vuoto legislativo che va colmato, pur nella consapevolezza che tutto è perfettibile, ma è sempre meglio provare a fare, in un'ottica di sistema, piuttosto che restare immobili».
Secondo Romeo si può dare un esempio all’Italia (con quell’iniziale progetto di legge?!) e lo stesso Romeo (per carità, legittimamente) non ha nessuna preclusione alla commissione di nomina politica (!?) che invece viene (giustamente dico io) vista come il fumo negli occhi dall’Usgi e da chiunque abbia a cuore la netta distinzione che deve esistere tra giornalismo e il resto del mondo.
DIRITTO DI CRITICA
Tra le cose intollerabili del progetto di legge iniziale (vedremo che sta cambiando ma solo sotto i “colpi” dell’Usgi e di quanti, tra politici e classi dirigenti hanno capito il pubblico ludibrio al quale San Marino si sarebbe ancora una volta esposto) c’è una cosa da brivido. Scopriamo quale.
Molto umilmente riporto quanto si legge nel primo comma dell’articolo 3 (Diritti e doveri degli operatori dell'Informazione) del progetto di legge iniziale: «La libertà di informazione ed il diritto di cronaca degli operatori dell'informazione sono espressione della libertà di manifestazione del pensiero garantita all'articolo 6 della Dichiarazione dei Diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'ordinamento sammarinese».
Con la stessa umiltà riporto quanto previsto dal primo comma dell’articolo 2 (Diritti e doveri) della legge 69/63 che disciplina in Italia l’ordinamento della professione giornalistica: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede».
Facciamo come nella Settimana Enigmistica: mettete a confronto i due articoli e trovate le differenze. Notato nulla? No? Allora ve lo dico io.
L’articolo sammarinese, che ricalca quello italiano, nell’incipit è (rectius: era) uguale tranne che per una piccola, minima, insignificante differenza: nel testo del Titano scompare (rectius: non appariva) l’insopprimibile «diritto di critica».
Se cosi
fosse stato la conseguenza sarebbe stata una sola: i giornalisti non avrebbero potuto criticare i poteri. E che libertà di stampa è? E senza una vera libertà di stampa, che democrazia è?
LIBERTA’ D’OPINIONE
Ai sammarinesi, che non a caso si vantano di appartenere alla più antica Repubblica del globo terracqueo con oltre 1.700 anni di storia, la facile sentenza.
Il 30 aprile il Segretario di Stato Belluzzi, anche a fronte di un emendamento di Rete (lo ha presentato Gian Matteo Zeppa), ha annunciato la modifica del testo originario e dunque a San Marino il diritto di critica sarà salvo (almeno così pare). Certo è che è raccapricciante solo l’aver pensato (e non certo per disattenzione vista la materia, vitale per la democrazia di un popolo, che non ammette questo tipo di scuse) di negare (o non prevedere, fate voi) il diritto di critica.
Proprio quando, però, un ostacolo sembra superato ecco che se ne affaccia un altro. Accade quando si affronta il diritto degli “operatori dell’informazione” (volgarmente: giornalisti), ai quali secondo il progetto di legge è consentito informare su notizie e accadimenti di pubblico interesse e accedere ai dati e ai documenti messi a loro disposizione dallo Stato (è il sogno di molti anche in Italia, in modo che l’informazione non sia ricerca della verità ma descrizione della verità ufficiale messa a disposizione).
A questo punto sul “diritto di far circolare notizie e opinioni” si apre un dibattito surrealetra i commissari Maria Luisa Berti (Ns) e Luca Santolini (C10), sull'inserimento nella normativa della libertà di opinione per gli “operatori”, con la prima apertamente contraria. Al contrario, Santolini sottolinea come le opinioni siano parte integrante dell'attività dell'informazione, per esempio negli editoriali dei quotidiani. L’emendamento non passa e – a meno che non mi sia perso io qualche passaggio – “far circolare notizie e opinioni”, secondo il comma 6 dell’articolo 3, resta un “dovere” dei giornalisti. Ma mi domando, paradossalmente: delle opinioni altrui o anche delle proprie? Mistero fitto (per ora).
Bravo l’Usgi a entrare a piedi uniti sui temi diritti/doveri e critica/opinioni, con un comunicato stampa del 24 aprile. Ecco uno stralcio: «Quello di cronaca è un diritto. Semmai può essere un dovere deontologico. Ma non può essere un dovere previsto per legge. Infatti, per esempio, perché un giornale dovrebbe avere il dovere di riportare una opinione che non condivide e magari contraria alla propria linea editoriale?
Perché un giornale dovrebbe avere il dovere di riportare un accadimento o una notizia che non ritiene interessante?»
RIECCO LA POLITICA
Quando le cose sembravano procedere (il testo avrebbe dovuto essere licenziato nella nottata a cavallo del 1° maggio in modo da dare ai giornalisti sammarinesi l’opportunità di festeggiare in piazza con fuochi d’artificio e spumante per l’illuminante progetto) ecco che tutto viene rimandato perché si affaccia un ostacolo ancor più tosto.
«A sorpresa – e badate che cito testualmente il comunicato stampa della Commissione e mentre c’era chi, come Marco Podeschi (Upr), voleva restare fini alle 5 del mattino pur di terminare l’analisi del progetto di legge – l’esame del progetto di legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell'informazione viene sospeso all'articolo 7, “Autorità garante dell'informazione”. Dopo i diversi emendamenti presentati dall’opposizione è la stessa maggioranza a segnalare la necessità di una sospensione. Il primo è il consigliere Gian Franco Terenzi del Pdcs e a seguire concordano altri colleghi di San Marino Bene comune. Sotto la lente d’ingrandimento, e dunque bisognosa di un “ragionamento politico”, spiega Marco Gatti del Pdcs è la questione dell’eliminazione della commissione di vigilanza.
Con un emendamento Upr chiede di eliminare interamente l'articolo e sottolinea le carenze normative, in quanto l'Autorità non avrà neppure personalità giuridica. C10 presenta 5 emendamenti, più un articolo 7 bis, Rete due. Nel corso del dibattito, Alessandro Mancini, Ps, fa rilevare come sia grave la cancellazione della commissione di vigilanza, unica presieduta dall'opposizione. Gian Matteo Zeppa sottolinea come l'Authority non debba essere legata alla rappresentanza politica, questo il senso degli emendamenti di Rete. Mentre Luca Santolini di C10 difende l'emendamento art.7 bis, per l'introduzione dell'istituto dell'arbitrato. Marco Gatti, Pdcs, propone di aumentare il numero dei componenti dell'Authority.
Data anche la mole di lavoro, molti gli emendamenti presentati, e l’orario, la commissione decide così di aggiornarsi. La prossima seduta verrà convocata dopo il Consiglio grande e generale di maggio, verosimilmente tra il 20 e il 25».
Fine delle trasmissioni? Ma va…
MANCANO LE BASI
Alle 21.12 di mercoledì, il consigliere Matteo Zeppa twitta la seguente riflessione: «…sull’Autorità garante dell’informazione il Segretario proponeva 5 persone come da testo, votati dalla politica. Noi, che eventualmente solo il presidente lo fosse e che i restanti 4 li nominassero direttamente chi svolge quel lavoro. Gatti interviene affermando che 5 membri sono pochi. Ma ci rendiamo conto? Si convocano le Commissioni quando neppure la maggioranza ha le idee chiare su cosa vuol rendere legge!!!Pazzesco».
Al netto della propaganda politica (di cui non mi frega assolutamente nulla da qualunque parte essa provenga) mi viene l’orticaria solo a pensare che politica e informazione si mischino per legge sotto uno stesso tetto ma, ahimè, come ho avuto già modo di dire spesso, credo di essere ormai una specie da proteggere, dato che la mia categoria si sta legando sempre più mani e piedi alle gentili concessioni dei poteri forti.
Bravo l’Usgi a denunciare, fin nel comunicato stampa del 23 febbraio 2014 che «all’Autorità Garante per l’Informazione, organo a maggioranza di nomina politica, vengono assegnati compiti impropri, ad esempio l’approvazione del codice deontologico, e delicati, tra cui l’applicazione delle sanzioni deontologiche. Tale organo potrebbe così risentire di un’eccessiva ingerenza da parte della politica, con il rischio di compromettere la libertà d’informazione e di stampa».
Ed ancora l’Usgi, il 24 aprile, con un nuovo comunicato stampa, denuncerà che «manca poi soprattutto un sistema che garantisca davvero l’esercizio di quelle che sono le prerogative di base del giornalista, a partire dalla riservatezza delle fonti e dall’evitare che possa essere intimidito da minacce di querele o querele facili, sproporzionate, ecc….
Invece di tutto questo, a parte un passaggio, non ce n’è traccia. Non evita il carcere al giornalist
a condannato per diffamazione, ecc…»
TUTTI A CONVEGNO
Beh, non c’è che dire. Domani, sabato 3 maggio, ce ne saranno di argomenti da trattate nel corso della seconda edizione del convegno “Libera Stampa, Libero Stato” al Best Western Palace di Serravalle. «Nonostante tanti scontri – ha commentato il 29 aprile Belluzzi riferendosi alle critiche mosse alla riforma da parte dei giornalisti e dell’opposizione – c’è chi ancora ritiene che questo provvedimento non abbracci le linee di maggioranza e segreteria di Stato, ovvero che non sia una legge quanto più garantista per chi fa e per chi riceve informazione».
Il convegno vedrà sfilare Maarteen Van Aalderen, presidente dell’Associazione della stampa estera in Italia, Toni Capuozzo, Giancarlo Dotto, Nico Perrone, direttore dell’agenzia di stampa Dire, Viktoriia Polishchuk, Carlo Romeo e Paolo Mieli.
Chiuderà (per ora) il segretario Belluzzi.
r.galullo@ilsole24ore.com