La decadenza (anzi la “deca dance”) del modello Reggio Calabria

La presidente Olga Tarzia e i giudici che ieri hanno condannato in primo grado a sei anni di reclusione l’ex sindaco di Reggio Calabria e l’(ex) Governatore della Calabria Peppe Scopelliti, togliendogli il giocattolino della Regione per effetto della legge Severino, non lo sanno (forse l’avranno intuito) ma sono state iscritte d’ufficio tra i nemici della città di Reggio Calabria.

Neppure loro (e dire che, a differenza del Governatore sono sì laureate ma anche esperte!) hanno capito e apprezzato i (ne)fasti del modello Reggio. Il pm Sara Ombra, che per lui aveva chiesto 5 anni e la camera di consiglio gliene ha invece affibiato uno in più, era già stata iscritta nell’elenco degli affiliati alla Spectre che aveva deciso (chissà perché) di piegare la città che, in vero, più piegata di così non si può avendo buchi comunali di bilancio di proporzioni galattiche, classe dirigente impresentabile, disoccupazione record, imprese all’angolo, commercio morente, artigianato alla canna del gas, politica indecorosa, credito per i soliti noti, informazione succube (tranne poche eccezioni alle quali oggi la città dovrebbe dire grazie) e sistemi criminali sempre più raffinati (di cui le cosche sono una parte priva della maggioranza azionaria).

Tarzia e Ombra sappiano, comunque, che vengono buone ultime dopo una sfilza di complottardi che vedono oltre a chi scrive, giornalisti (pochissimi e sempre i soliti che non guardano in faccia, come me, a nessuno), magistrati inquirenti, magistrati contabili, investigatori, ragionieri generali dello Stato, prefetti, dirigenti statali, ministri, revisori dei conti, capi dello Stato, presidenti di Commissioni antimafia, qualche politico locale, segreterie europee e chiedo scusa se dimentico qualche tassello della Spectre che un bel giorno, appassionatamente, anziché decantare le lodi a ritmo di musica della città (Peppe Dj va fortissimo nel campo), chissà perché decise di fare (ciascuno per la propria parte) il mestiere per il quale viene pagato. Io, con pochi altri giornalisti, ad esempio, ho descritto la perenne decadenza (anzi, visto che Scopelliti è appassionato di musica, oserei scrivere la “deca dance”) di una città e di un Comune ma anche di una regione che, non vedere e descrivere, sarebbe stato semplicemente immorale e contrario ai doveri di un Giornalista. L’ho fatto prima che arrivasse Scopelliti, continuerò a farlo dopo che la città sarà tornata ad avere un sindaco (a qualunque coalizione appartenga). Il dovere dell’informazione e la libertà di stampa restano le stesse.

Ora che la condanna (in primo grado, va sempre ricordato, perché solo un passaggio definitivo in giudicato rende un imputato colpevole) è arrivata, vorrei ricordare a tutti che, per un giornalista degno di questo nome, il giudizio di un Tribunale può contare (e deve essere rispettato anche se non è sempre condivisibile) ai fini penali o civili ma non sempre a quelli etici e morali.

Ebbene, anche se la sentenza di ieri avesse mandato assolto Scopelliti (e tre revisori dei conti) dalle accuse mosse nei loro confronti, il mio giudizio sul mandato di sindaco (e di Governatore) da lui espletato, non sarebbe cambiato di un millimetro. Il modello che Scopelliti ha perfezionato (non dimentichiamo, infatti, che chi lo ha preceduto negli anni ha insegnato alla stessa Università) è quello dell’”apparire” ai fini del mero consenso elettorale e non dell’”essere” ai fini dello sviluppo sociale, economico e morale della città.

Un modello che – si badi bene – non è solo il suo (facile accanirsi su Scopelliti ma non è certo la tentazione in cui io possa cadere) e che doveva, deve e dovrà essere difeso (condanne sì condanne no) a tutti i costi e a qualunque prezzo perché proprio quel modello è l’unico che una certa classe dirigente (di qualunque colore politico) è in grado di sviluppare a Reggio Calabria e non solo, per continuare a stringere il cerchio dei beneficiari delle proprie politiche e ad allargare a dismisura la platea dei questuanti e dei potenziali clientes. Bistecche ai soliti e briciole sotto il tavolo al popolo affamato.

Se così non fosse non ci saremmo trovati, in questi anni, di fronte ad episodi insalubri di difesa del modello Reggio che, in qualunque altra regione del mondo, sarebbero stati semplicemente impossibili.

Neppure lo scioglimento per contiguità mafiosa di Reggio Calabria (9 ottobre 2012) è riuscito a far tacere (per sempre) le voci dal “sistem fuggite”.

ED ECCO A VOI…

«Avete (chi? ndr) messo in ginocchio una città per il gusto di provare la soddisfazione di vedere eliminata una classe dirigente».

«Quando io e tanti altri abbiamo detto che lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria non era una scelta dovuta ma una scelta politica…combattendo le lobby da sindaco e mettendole in ginocchio a favore della città (applausi, ndr) perché se la sono (chi? ndr) divorata per 30 anni e pensavano (chi? ndr) di farlo per i prossimi 30 anni sto pagando quel tipo di coraggio (ari applausi, ndr ) ».

«Non sono stati soltanto loro (ma loro chi? ndr) perché non avrebbero avuto tutta questa forza caro Demi …va inquadrato tutto in questo sistema della famosa tecnocrazia, di questa lobby perversa che c’è sul livello europeo, che ha il compito di guidare alcune scelte e che in Italia è arrivata dando un segnale chiaro ed evidente, quello di azzerare un po’ dove si poteva le classe dirigenti e quindi mettere in ginocchio i territori per dimostrare che la povertà è frutto della malapolitica, tutta una serie di scelte che ovviamente hanno inciso profondamente nel nostro tessuto sociale ed economico e quindi automaticamente scelte mirate che hanno avuto la capacità di costruire questo tipo di rapporto e come spesso accade nel momento in cui il Paese-Italia ha difficoltà e di fronte l’Europa il suo presidente Monti dice beh qualcuno deve pagare…».

« …e a dare sangue non può essere la Lombardia, il Piemonte, il Lazio dove magari le lobby economiche e finanziarie sono potenti e riescono anche a determinare scelte pesanti ma in questo caso come spesso accade…e non è escluso che il sud e in quel caso specifico la città di Reggio Calabria abbia pagato il prezzo…perché bisognava dimostrare che quello è il governo del rigore, della moralità, della trasparenza, il governo che combatte il crimine organizzato e la ‘ndrangheta…io credo che questa chiave di lettura sia una chiave di lettura che si estende ovviamente non alle vicende nostre, basta guardare cosa è successo in questi mesi nel Lazio, in Lombardia, basta verificare cos è accaduto in Molise, insomma è un qualcosa che ha una filosofia e una sua logica…».

Queste “perle” che avete letto sono state pronunciate (si veda filmato di 3 minuti e 51 secondi del Fatto Quotidiano) il 10 gennaio 2013 dall’ex sindaco, ex governatore, ex Msi, ex Forza Italia, Giuseppe Scopelliti nel corso della presentazione del volume “La democrazia sospesa” curato dal gruppo parlamentare dell'allora Pdl.

Scopelliti aveva ed ha ancora ampia facoltà di prova per dare sostanza a queste affermazioni (ed altre dal tenore simile). Dovrà – prima ancora che una giuria – convincere i reggini, i calabresi e milioni di italiani. Indipendentemente da una sentenza di condanna o assoluzione. Altrimenti, Scopelliti si Scopelliti no, taca la musica a ritmo di “deca dance”!

r.galullo@ilsole24ore.com

  • pasquale montilla |

    Ce qui vient d’arriver,c’est que la nausée a disparu.Sono felice di essere stato libero e apparire ribelle.La Calabria massacrata da questi volgari modelli,generazioni di calabresi maciullati dalla miserabile loro violenza politica.La giustizia e’stata troppo clemente.
    Pasquale Montilla

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