Cari lettori, come sapete, il tema dell’unitarietà della ‘ndrangheta poco mi appassiona. L’ho detto e scritto anche recentemente alla luce del deposito della memoria della Procura di Reggio Calabria nell’appello di Crimine (rimando in calce agli articoli finora scritti a tal proposito).
Come sapete, quel che mi appassiona (nel senso che mi suscita forti pulsioni di paura per la sua forza divoratrice) è invece l’evoluzione della ‘ndrangheta. Anche su questo ho scritto fiumi di inchiostro.
Tutto ciò mi torna in mente nel momento in cui – un po’ a sorpresa ma forse questa sorpresa si giustifica con l’avvenuta liberazione da alcuni vincoli interni alla vita calabrese che tutto sopivano in nome di una monastica vita giudiziaria di stampo massonico – leggo alcuni passaggi tratti dall’apertura dell’anno giudiziario a Roma e in Calabria.
Cominciamo dalla relazione del procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione a Roma Gianfranco Ciani.
A pagina 114 costui – nella lettura delle evoluzioni sociondranghetiste sul territorio – scrive testualmente: «Per quanto riguarda la ’ndrangheta, deve confermarsi ancora una volta il dato della tendenziale unitarietà di tale organizzazione criminale: l’esistenza di una sorta di “consiglio di amministrazione della holding”, che elegge il suo “presidente”, è un dato che giudiziariamente ha trovato plurime conferme in sede cautelare e di merito».
Parla di “tendenziale unitarietà”, Ciani.
Il vice presidente vicario della Corte d’Appello di Catanzaro, Bruno Arcuri, è andato invece nello specifico, come sa e può fare solo chi sul territorio vive.
Arcuri ha sottolineato che l’espansione dei clan crotonesi lungo tutta la fascia jonica catanzarese è il segnale di una nuova riorganizzazione dei clan. «Le recenti acquisizioni investigative – scrive Arcuri – hanno evidenziato il progressivo venir meno del frazionismo delle organizzazioni criminali, essendo emersi fenomeni di concentrazione». E ora attenzione: più collaboratori di giustizia hanno riferito della creazione di una «Provincia autonoma da quella di Reggio, di cui farebbero parte tutti i territori ricompresi nel distretto della Dda di Catanzaro, con eccezione del solo circondario di Vibo Valentia che rientrerebbe in quella di Reggio Calabria». L’”altra ‘ndrangheta” come ama chiamarla provocatoriamente il sostituto procuratore nazionale antimafia Roberto Pennisi.
Il Quotidiano della Calabria, addirittura titola: «C'è un nuovo patto federalista della 'ndrangheta - Calabria divisa in due maxi province autonome – Dalla relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario emerge un accordo tra le cosche delle province di Catanzaro, Cosenza e Crotone. Si tratterebbe di un secondo polo di influenza rispetto a quello che vede intrecciate le ‘ndrine di Vibo e Reggio».
Evidentemente deve essere proprio cambiata l’aria…
Anche con queste evoluzioni dialettiche e di pensiero, il tema dell’unitarietà, del federalismo o dell’assemblaggio artigianale della ‘ndrangheta continua ad appassionarmi quasi zero.
Mi appassiona invece – nel senso che mi terrorizza così come dovrebbe terrorizzare chiunque in Italia – ciò che sensatamente scrive il procuratore generale (in partenza) di Catanzaro, Santi Consolo. Ecco cosa scrive: Nonostante l’impegno di Forze dell'ordine e magistratura, la criminalità organizzata nel distretto resta «un fenomeno profondamente radicato che continua a seminare lacrime e lutto (oltre che corrodere sempre di più il tessuto sociale)». Dalla relazione del vice presidente vicario Arcuri emerge ancora come sempre più stretti siano i rapporti tra le cosche della 'ndrangheta e la cosiddetta "zona grigia". Citando la relazione del procuratore capo della Dda, Vincenzo Lombardo, Arcuri ha evidenziato che «ci sono legami fra gli apparati criminali veri e propri e la cosiddetta zona grigia della 'ndrangheta, ossia un particolare tipo virulento di delinquenza mafiosa che continua ad esercitare il suo potere criminale sulle attività economiche e sociali del territorio, attraverso il sistema delle estorsioni, delle intimidazioni violente, degli attentati, dell'illecita influenza sugli appalti, del controllo delle attività criminali, quali, in primo luogo, il traffico di stupefacenti e più recentemente anche l'usura, fenomeno che maggiormente affligge il distretto della Corte d'appello di Catanzaro e tutta la Calabria».
Il tema valeva ben altri approfondimenti ma accontentiamoci. La strada da battere è quella: la caccia alla ndrangheta 2.0 che non vive (tanto) a Polsi quanto in una calda loggia segreta e deviata.
(si vedano anche l’ 8 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/unitariet%C3%A0-della-ndrangheta-le-analisi-dei-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2-e-le-lancette-mafiose-del-tempo.html, il 9 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/lunitariet%C3%A0-della-ndrangheta-loligarchia-al-comando-secondo-lanalisi-dei-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2.html, il 10 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/i-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2-sistemano-per-sempre-don-mico-oppedisano-non-%C3%A8-il-provenzano-della-calabria.html, il 14 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/la-memoria-nel-processo-crimine-della-dda-di-reggio-calabria-e-il-detto-san-luca-regna-reggio-governa.html, il 16 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/processo-criminedda-di-reggio-vuole-mettere-a-nudo-il-sistema-che-ha-rapporti-protegge-e-rafforza-la-ndrangheta.html; il 17 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/processo-criminela-dda-di-reggio-calabria-apre-un-mondo-sul-sistema-zumbo-collaboratore-esterno-di-una-parte-del-si.html).