Processo Crimine/Nella memoria della Dda di Reggio il cono d’ombra sulla rete dietro l’”agente” Zumbo (cimici a casa Pelle a parte)

Cari lettori da ben due settimane (ma ne vale la pena) sto analizzando la minuziosa e preziosa ricostruzione contenuta nelle 2.079 pagine di memoria depositate a fine 2013 dai pm della Dda di Reggio Calabria Antonio De Bernardo e Gianni Musarò nel processo d’appello Crimine. Non tutta ovviamente (gli spunti sono tantissimi e di livello) ma solo alcuni aspetti (si veda a piè di articoli i link di rimando).

Venerdì scorso ci siamo lasciati con la certezza, da parte della Dda di Reggio Calabria, che l’insospettabile commercialista Giovanni Zumbo, rivelatori di numerosi segreti d’ufficio in casa Pelle e non solo, facesse parte di un “sistema” molto più profondo che per la Dda ‘ndrangheta non è ma con la ‘ndrangheta si alimenta e rafforza.

Zumbo “chi”, secondo la precisa ricostruzione dei due pm, è stato mandato proprio dal “sistema” a casa Pelle.

Perché?

PERCHE’?

E qui, da pagina 95 della memoria, i pm ce lo spiegano. «…l'obiettivo non era semplicemente fornire una informazione utile al Pelle e ottenere qualcosa in cambio, l'obiettivo era, evidentemente, anche un altro: perché dire una cosa del genere a Giuseppe Pelle significava informare potenzialmente una sessantina di persone destinatarie del provvedimento restrittivo (cioé tutti quelli della jonica)».

Giovanni Zumbo, quindi, aveva scientificamente informato dell'operazione in corso (Crimine ndr) i componenti dei tre mandamenti e dell'articolazione della 'ndrangheta radicata in Lombardia: aveva cioè avvisato gli elementi di vertice di tutte le articolazioni territoriali coinvolte nell'operazione, potenzialmente aveva avvisato tutti. «Non dimentichiamo che Zumbo faceva "parte di un sistema" ed era stato inviato in casa Pelle da terze persone, il cui fine ultimo – rivelano a questo punto i pm – a questo punto riteniamo si possa dire senza tema di smentita, era assestare un colpo durissimo al presente  procedimento: prima rivelando l'esistenza di operazioni tecniche in corso e, dopo, cercando di far fallire l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi».

Il Tribunale di Reggio Calabria ha compreso bene tutto questo, condannando il 4 marzo 2013 Zumbo, spiegano i pm, secondo i quali (e io concordo) il Tribunale di Reggio Calabria ha compreso la pericolosità dell'organizzazione a cui Zumbo aveva dato un apporto con le sue rivelazioni. «Ecco perché noi affermiamo che l'esatta comprensione del fenomeno – scrivono De Bernardo e Musarò da pagina 96 – é il presupposto indispensabile per comprenderne le potenzialità e la pericolosità. Ed ecco quali sono gli effetti dell'esatta percezione del fenomeno».

HAI DETTO NIENTE…

Sulla vicenda Zumbo, scrivono con apprezzabilissima onestà intellettuale i due pm antimafia, resta un cono d’ombra, «ma solo per ciò che riguarda le singole responsabilità dei mandanti, per ciò che attiene alla identificazione di altri soggetti coinvolti».

Non mi sembra cosa da poco. Anzi. In pratica i due bravi pm ci stanno dicendo: guardate, finora abbiamo beccato il “pesciolino”, mentre per quanto riguarda i “pescioloni”, gli “squali” e i “pescecani” tante rotte bisogna ancora battere. Non solo: quanto ai mandanti…nebbia fitta.

Già in Commissione parlamentare antimafia, l’allora procuratore capo di Reggio Calabria, Pignatone Giuseppe, il 21 settembre 2010 si trovò di fronte ad un fuoco di fila di domande e riflessioni dei commissari, molti dei quali capirono perfettamente l’importanza di quell’arresto.

Angela Napoli (che ora collabora con la Commissione parlamentare antimafia) aveva capito tutto. Leggete la sua domanda a pagina 22 del resoconto parlamentare: «Per quanto riguarda il signor Zumbo, del quale lei ci ha puntualmente riferito, e` vero che avesse contatti con ambienti politici e avesse addirittura prestato servizio in alcune segreterie, in particolare in quella dell’attuale sottosegretario regionale Sarra? Se e` vero che il signor Zumbo riferiva tutto agli ambienti malavitosi, non ritiene che potesse, avendo questi rapporti, riferire tutto anche agli ambienti politici? Perchè questo settore non viene toccato o comunque tarda ad essere toccato?».

Raffaele Lauro (pagina 24) domanda: «Procuratore, lei ha descritto il cosiddetto caso Zumbo in modo narrativamente efficace. Questo personaggio e` inquietante al punto da porle un quesito di fondo, che già il senatore Li Gotti ha anticipato. L’analisi strutturale della composizione delle informazioni date al Pelle consente di stabilire – per ciò che può dirci rispetto alle indagini in corso –, al di là del passato da informatore, quale istituzione, uomo delle istituzioni o parte delle istituzioni forniva addirittura ad horas liste di arrestandi? E` evidente che non stiamo parlando di un maresciallo o di qualcuno che sta alla base della piramide investigativa. So bene che forse lei non potrà rispondermi; tuttavia, ritengo che questo sia il nodo più inquietante della sua relazione».

Silvia Della Monica (pagina 30) dirà: «Vorrei insistere su una domanda che ha posto lo stesso dottor Pignatone, che sinceramente mi ha molto inquietato e quindi credo meriti un approfondimento. Quello che più mi preoccupa, forse anche per i miei pregressi, e` sapere chi ha mandato Zumbo da Ficara e poi da Pelle echi gli ha passato le informazioni. Questo e` un punto importante, dottor Pignatone, che in effetti preoccupa anche lei sotto vari profili, soprattutto per una destabilizzazione dell’apparato giudiziario».

Pignatone risponderà a tutti così: «Sono d’accordo con il collega Lombardo che inizierà lui a rispondere, dal momento che egli e` titolare insieme a me del procedimento «Meta», quello che l’onorevole Garavini credo abbia definito l’indagine del Ros. Dal momento che le domande sono state dettagliate e lo saranno anche le risposte, nei limiti del possibile, chiedo al Presidente di segretare questa parte della seduta».

I lavori, infatti, proseguiranno in seduta segreta alle ore 23 (http://www.parlamento.it/service/PDF/PDFServer/DF/231982.pdf)

E quel che aveva chiesto l’onorevole Garavini (ancora in Commissione parlamentare antimafia) a pagina 20 era questo: «Procuratore Pignatone, ritiene che il signor Zumbo possa avere avuto un ruolo nel ritrovamento dell’esplosivo – se non erro nel 2006 – nei bagni del comune di Reggio Calabria, effettuato dal Sismi?».

Già, chissà qual
è stata la risposta.

 

LE CONCLUSIONI

L'istruttoria dibattimentale del processo a carico di Giovanni Zumbo, si legge ancora nella memoria depositata dalla Procura di Reggio Calabria, ha chiarito in modo sufficientemente chiaro i termini della questione e i retroscena della visita in casa Pelle: il “sistema” temeva e teme fortemente l'affermazione del principio dell'unitarietà dell'organizzazione, nello stesso modo in cui lo temeva e lo teme la 'ndrangheta.

«Perché il sistema di cui parliamo non é 'ndrangheta – concludono i due pm – ma con la 'ndrangheta ha rapporti, fa patti e intesse relazioni, per cui una lotta efficace contro la 'ndrangheta indebolirebbe non solo quest'ultima, ma anche il sistema che ci gira intorno, che, quindi, ha un preciso interesse ad avallare la tesi della struttura orizzontale in cui ciascuna cosca é indipendente dall'altra e, per converso, ha un preciso interesse a ridimensionare l'elemento di dirompente novità introdotto dal presente processo.

L’invio di Zumbo Giovanni da Ficara, Pelle e Oppedisano rappresenta il gesto di un sistema che comincia ad avere paura.

E' questa la chiave di lettura da dare ai vari tentativi di ridimensionare l’impressionante mole delle risultanze processuali, sotto molteplici punti di vista:

tentativi di ridimensionare il processo e lo spessore criminale degli imputati, con buona pace del fatto che nel processo, in un unico processo, sono coinvolte direttamente o indirettamente le più importanti e prestigiose famiglie di 'ndrangheta della Calabria;

tentativi di ridimensionare il processo ironizzando sulla figura di Oppedisano Domenico, anche se le risultanze processuali dimostrano che si trattava di un personaggio storico, rispettato all'interno dell’intera 'ndrangheta, capo-locale di Rosarno e responsabile della Provincia già prima di essere nominato capo-crimine;

tentativi di ridimensionare il processo lasciando intendere che la ricostruzione che é stata fatta é frutto non di un'attenta lettura delle risultanze processuali, ma della pretesa di trapiantare in Calabria il modello palermitano. E ciò nonostante la Dda di Reggio Calabria abbia ripetutamente ed esplicitamente affermato che l'accostamento fra la Cupola e la Provincia é sbagliato; tentativi di prevenire gli effetti del processo rivelando informazioni coperte dal segreto d'ufficio».

UNA DOMANDA SEMPLICE SEMPLICE

Ottima e condivisibile ricostruzione. Però, prima di passare, domani, alla mia riflessione (per il momento) conclusiva su questa memoria, vorrei porre alla Procura tutta di Reggio Calabria una domanda semplice semplice.

Questa: non sarà che il “sistema”, molto ma molto più di tutto il resto che abbiamo visto, fosse preoccupato per quel che le “cimici” della sala ascolto della Procura stavano registrando a casa Pelle?

La Procura tutta di Reggio Calabria sa – come me e con me molti altri, tra i quali investigatori e giornalisti – che quando si decise di interrompere il piano di intercettazione e videoriprese ci fu chi, negli uffici del Cedir e non solo, inanellò una serie impressionante di parolacce, bestemmie e pugni levati da far tremare le mura.

Perché le intercettazioni furono interrotte?

Basta la spiegazione, data nel corso di un’udienza Meta dall’allora comandante dei Ros di Reggio Calabria, Stefano Russo, il 10 maggio 2013, il quale dichiarò che «la scoperta di un grave progetto omicidiario ci ha spinto ad accelerare i tempi dell’arresto di Giuseppe Pelle e sospendere il servizio di intercettazione»?

Ai posteri (cioè la stessa Procura di Reggio Calabria) l’ardua sentenza.

Alla prossima settimana con le conclusioni delle mie analisi.

7 –to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate l’ 8 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/unitariet%C3%A0-della-ndrangheta-le-analisi-dei-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2-e-le-lancette-mafiose-del-tempo.html, il 9 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/lunitariet%C3%A0-della-ndrangheta-loligarchia-al-comando-secondo-lanalisi-dei-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2.html, il 10 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/i-pm-antimafia-de-bernardo-e-musar%C3%B2-sistemano-per-sempre-don-mico-oppedisano-non-%C3%A8-il-provenzano-della-calabria.html, il 14 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/la-memoria-nel-processo-crimine-della-dda-di-reggio-calabria-e-il-detto-san-luca-regna-reggio-governa.html, il 16 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/processo-criminedda-di-reggio-vuole-mettere-a-nudo-il-sistema-che-ha-rapporti-protegge-e-rafforza-la-ndrangheta.html; il 17 gennaio http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/01/processo-criminela-dda-di-reggio-calabria-apre-un-mondo-sul-sistema-zumbo-collaboratore-esterno-di-una-parte-del-si.html).

  • bartolo |

    Caro Galullo, bisogna renderLe Onore, per l’impegno e la tenacia con cui tenta d’immettere luce nelle tenebre della procura reggina. Tenebre che, negli anni, hanno fornito adatto ambiente di coltura per l’allevamento di cimici, corvi, serpenti a sonagli e, quant’altro nulla a che vedere con la giustizia giusta. Nessuna novità agli interrogativi che si pone e pone agli addetti ai lavori ed all’opinione pubblica locale e nazionale: i pp.mm. dei primi anni novanta si divertivano a richiedere agli uffici dei gip arresti per mafia contro centinaia di cittadini inermi, ottenendoli con successo. È stato allora che ho realizzato che gli uffici giudiziari di Reggio Calabria non erano al servizio della Repubblica, bensì, del “SISTEMA”. Il metodo di gestione dei pentiti, era identico a quello della gestione Scarantino. La verità, se si vuole davvero, non può che passare attraversa una rivisitazione di taluni processi imbastiti in quegli anni, come sta avvenendo, appunto, a Palermo, con il Borsellino quater.

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