Analisi Bcc Mediocrati: la corruzione zavorra l’economia in Calabria ma essere puliti paga

Anche quest’anno arriva il Rapporto della Banca di credito cooperativo Mediocrati sull’economia in provincia di Cosenza. Questa volta è ancora più interessante perché l’oggetto di un approfondito focus è stato la «Corruzione, la zavorra dell’economia».

Se ne è parlato oggia Rende (Cosenza), nel corso di un convegno che ha presentato i risultati dell’indagine continuativa congiunturale, svolta dall’Istituto Demoskopika su un campione rappresentativo di 400 imprese della provincia di Cosenza e dell’area Mediocrati. Il 2012 ha evidenziato una situazione di grande difficoltà per il tessuto imprenditoriale locale, stretto nella morsa della recessione economica ancora in atto. Nel 2012, con un trend ancora più negativo rispetto a quello del 2011, 8 imprese su 10 hanno denunciato una flessione del fatturato registrando un saldo pari a –76,5% in forte flessione rispetto al –59,3% del 2011.

In questo scenario appare, dunque, ancora più importante il focus sulla corruzione, alla luce del fatto che la provincia di Cosenza è da sempre considerata il “salotto” buono della Calabria e quella che, dal punto di vista economico, imprenditoriale e politico, ha forse il peso maggiore in regione. Non a caso gli stessi analisti di Demoskopika scrivono che i risultati, considerata la rappresentatività della provincia di Cosenza in termini demografici sociologici e territoriali, possono essere indicativi del fenomeno della corruzione per l’intera regione.

Percezione generale del fenomeno.

Il fenomeno è considerato come «uno dei principali problemi nel nostro Paese» dall’89,7% del campione degli imprenditori della provincia di Cosenza, mentre solo il 9,5% è in disaccordo. Per l’insieme delle istituzioni (media dei quattro livelli, locale, regionale, nazionale ed europeo) si evidenzia che un’elevata percentuale di imprenditori della provincia (81,4%) ritiene siano pervase dalla corruzione. L’86,9% del campione ritiene che ci sia corruzione nelle istituzioni regionali, l’83,2% in quelle locali e l’88,4% risponde che c’è corruzione nelle istituzioni nazionali. Non manca l’autocritica: il 58% degli imprenditori (somma della modalità “sono d’accordo” e “completamente d’accordo”) esprime la convinzione che il fenomeno sia una prassi comune della gestione aziendale. Il sentiment è maggiormente avvertito dalle imprese che operano nei servizi (65,4%) e nel settore delle costruzioni (64,9%); in misura minore tra gli imprenditori agricoli (51,4%) e dell’industria (51,4%).

A chiudere il paragrafo una domanda sui recenti cambiamenti del fenomeno, con la richiesta agli intervistati se il livello di corruzione è aumentato, diminuito o rimasto uguale. Il 36,6% ritiene che il fenomeno sia aumentato molto negli ultimi tre anni. Se si aggiunge il 17,4% di quanti ritengono che sia aumentato in modo lieve (poco), si arriva ad una percentuale del 54,4%. Il 41% è dell’avviso che sia rimasto costante mentre solo 1,5% afferma che «non c’è corruzione».

I motivi e la lotta alla corruzione.

La responsabilità del dilagare del fenomeno è attribuita principalmente alla politica, a causa dei suoi stretti legami con il mondo degli affari: un imprenditore su due è convinto che questo rapporto contribuisca ad alimentare la corruzione nella società e nel proprio contesto. Poco meno del 50% pensa che i politici non stiano facendo abbastanza per combattere la corruzione nel loro paese e un quinto degli intervistati denuncia la mancanza di trasparenza nel modo in cui viene speso il denaro pubblico. Minori le percentuali di quanti individuano quale causa scatenante del fenomeno la clemenza e la poca severità nelle pene inflitte nei confronti dei soggetti che compiono reati legati alla corruzione (12,6%) o la non efficace applicazione della legge da parte delle autorità preposte (10,1%) o ancora l’attribuzione di incarichi nella pubblica amministrazione non basati su criteri di merito (10,8%).

Per gli intervistati i governi non fanno abbastanza, se è vero che oltre il 70%  valuta come inefficace il loro operato nella lotta alla corruzione. Solo il 9% giudica come positive le azioni messe in campo dalle istituzioni governative mentre per il 16,2% non producono alcun effetto (né efficaci né inefficaci).

I settori di diffusione.

I settori maggiormente colpiti sono quello politico e la pubblica amministrazione. Rispettivamente il 92,8% e l’82,5% degli imprenditori intervistati li ritiene “abbastanza” e/o “molto” affetti da corruzione. Minore e al di sotto dell’indice medio di corruzione che riguarda l’intera società (65,7%) troviamo il settore privato e il mondo degli affari (63,4%), seguiti dalla società civile con il 47,7%. Non immune, infine, la magistratura giudicata corrotta da una quota rilevante degli intervistati (42,3%).

L’80% degli intervistati è convinto che la prassi di chiedere o accettare tangenti da parte dei funzionari pubblici sia “abbastanza/molto” diffusa. Il picco si registra tra le imprese dei servizi con l’86,2%, seguito dall’agricoltura (79,4%) e dal commercio (79,3%).

Tangenti e pulizia.

La maggioranza degli imprenditori (56,2%) ritiene che la corruzione e l’abuso di posizioni di potere per scopi personali siano più diffusi tra i politici nazionali,  regionali e locali e tra funzionari che gestiscono gli appalti pubblici (55,9%). Seguono a distanza nella graduatoria delle categorie più corrotte, i funzionari pubblici che rilasciano i permessi a costruire e, in generale, le autorizzazioni per lo svolgimento di attività di servizi e commerciali (17%) e le persone che lavorano nella sanità (12,9%).

Per circa la metà del campione intervistato (47%) vi è la quasi certezza, pagando una tangente, di poter ottenere facilmente il servizio richiesto o vedere risolto il proprio problema. Un terzo è del parere opposto, diffidando e non credendo nell’efficacia di tale pratica (è “estremamente incerto” il 10,1% e “incerto” il 23,5%) mentre il 20% “non sa o preferisce non rispondere”.

E’ stato inoltre chiesto al panel di intervistati se sarebbero disposti a pagare di più a una società che è pulita e libera dalla corruzione. Circa due terzi di coloro che hanno aderito all’indagine hanno risposto positivamente, lanciando un messaggio chiaro a quanti corrompono: essere puliti paga. Dunque le imprese pulite non soltanto creano condizioni di parità di concorrenza ma sostengono la crescita e la produttività nel lungo periodo.

Risultano maggiormente disponibili a pagare un prezzo superiore per acquistare prodotti di società trasparenti e responsabili, gli imprenditori del settore industriale (74,3%). A seguire troviamo le imprese commerciali (67,7%), quindi i servizi (63,4%) e quelle edili (63%). Minore la quota degli imprenditori agricoli disposta a pagare un prezzo più alto da imprese non corrotte (58,8%).

r.galullo@ilsole24ore.com

 

  • bartolo |

    caro galullo, la corruzione zavorra l’economia calabrese.
    se lei proverà a fare un’inchiesta tra tutti i calabresi della ndrangheta detenuti sotto tortura in regime di 41 bis, la prenderanno per matto, ben che le vada, ed a nulla servirà la giustificazione che la ricerca è opera della banca di credito cooperativo mediocrati.; rischierà la vita nell’altro caso:
    come si permette, le diranno, e secondo lei noi sopportiamo le torture del 41 bis per consentire alla classe dirigente, pubblica e privata, nonché a quella politica ed alla pubblica amministrazione, di zavorrare l’economia calabrese? ma chi si crede di essere? ci ha presi, forse, per paralitici-disadattati-cialtroni?
    povero di un giornalista, adesso ti faremo vedere noi: lei s’è permesso di scrivere un intero post sul suo blog senza menzionare neppure una volta la parola ndrangheta: caput!!!
    aspetto, e sono certo ci sarà, l’autocritica della magistratura calabrese, tutta concentrata, nell’ultimo ventennio, nel mentre il malaffare ha dilagato indisturbato (onore a de magistris), a perseguire un manipolo di paralitici-disadattati-cialtroni, massacrando inoltre, unitamente a loro, un esercito di cittadini poveri, innocenti e onesti.

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