La famiglia della Dia destinata ad allagarsi: dentro Polizia penitenziaria e Forestale – Chissà cosa ne pensa Nicola Gratteri

Se piace a tutti mi adeguo.

Mi riferisco alla novità votata ieri con un emendamento al decreto legge (dl 101 del 31 agosto) sulla pubblica amministrazione che consente (consentirebbe perché ovviamente il provvedimento non è ancora definitivo) alla Dia, la Direzione investigativa antimafia, di allargare la famiglia.

La Dia – che già si avvale di personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del corpo della guardia di Finanza – potrebbe infatti aprirsi alla Polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, che proprio in questi giorni compie 191 anni di vita.

Il direttore della Dia, Arturo De Felice, nel corso dell’odierna inaugurazione della nuova sede della Liguria a Genova ha commentato la notizia. «La decisione del Parlamento – ha spiegato poche ore fa De Feliceci offre la possibilità di utilizzare sul territorio questi uomini e di incrementare la nostra attività investigativa».

Già studiate anche le modalità d'impiego: «La Forestale – ha proseguito il direttore De Felicesarà utilizza per puntellare meglio alcuni centri operativi più esposti alla criminalità settoriale e in particolare la lotta all'ecomafia e l' agromafia; la penitenziaria invece verrà utilizzata in zona dove esistono case circondariali di massima sicurezza».

Tutti felici. Anche il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico. «Il provvedimento che apre la via alla partecipazione del Corpo forestale dello Stato alla Direzione investigativa atimafia anche a livello territoriale – ha dichiarato – è un'ottima notizia. La presenza del Corpo forestale dello Stato rafforza la capacità operativa della Dia, soprattutto in campo ambientale e agroalimentare dove spesso si concentrano interessi criminali. Con questo inserimento si copre un vuoto nell’attività di contrasto alla criminalità intervenendo in un ambito disciplinare su cui il Corpo Forestale svolge un grandissimo ed efficacissimo lavoro sul tutto il territorio nazionale. Proprio la grande conoscenza del territorio e la specificità di intervento su ambiti in cui spesso si concentra l’attività criminale rappresentano un contributo operativo importante per la Dia, per una sempre più efficace azione di prevenzione e contrasto delle attività criminali e illecite».

Tutti contenti. Anche Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia Europea. «E’ un’ottima notizia – ha commentato – . Gli uomini della Forestale saranno utilissimi, sul territorio, per il contrasto alle ecomafie e alle agromafie. Il loro contributo e le loro competenze avrebbero potuto essere fondamentali nel caso di Vito Nicastri, per esempio, e saranno certamente utili in quelle regioni dove le mafie fanno affari d’oro con il traffico illecito dei rifiuti. Lo stesso vale per la Polizia Penitenziaria, che a livello investigativo sarà fondamentale all’interno delle carceri e soprattutto dei reparti 41bis. Rivolgo quindi un plauso a quanti hanno fatto sì che questo sistema potesse prendere il via – aggiunge – nella speranza che diventi operativo al più presto».
Tutti contenti dunque? Mi piacerebbe sentire cosa ne pensa il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria, Nicola Gratteri che il 23 settembre a Taormina, nel corso del Festival internazionale del libro, dichiarò: «Gli ultimi tre ministri della Giustizia, Alfano, Nitto Palma e Severino, cos'hanno fatto? Per cambiare le cose, per dare un senso alla lotta alle mafie bisogna avere il coraggio di sporcarsi le mani. E anche quello di smantellare la Dia, che io abolirei subito, perché le stesse indagini le fa la polizia. Dobbiamo semplificare, non creare e mantenere nuovi uffici e servizi».

Mi piacerebbe sapere cosa pensa Gratteri di questa futura famiglia allargata ma credo di saperlo già.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Inmediostatvirtus |

    Egregio dot. Galullo, come Lei dico sempre quello che penso, anche a costo di essere inviso a molti e senza asservimenti a “correnti di pensiero” precostituiti o di parte. Con tutto il rispetto per il Dott. Gratteri, Magistrato di primo piano nella lotta alla criminalità organizzata, credo che cosa ne pensi Lui sull’argomento sia davvero marginale. Non so cosa determini l’ostilità dell’illustre Magistrato verso la Dia, più volte esternata, ma credo che la sua opinione in merito sia assolutamente da non condividere. La DIA è nata, sull’onda emotiva, è vero, degli attentati a Falcone e Borsellino, ma con una funzione di coordinamento ed analisi nelle indagini sulla criminalità mafiosa delle varie Forze di Polizia che portasse, altresì, ad una sempre maggiore specializzazione e, quindi, competenza e capacità di analizzare il fenomeno nella sua evoluzione. Con l’aggiunta di un Settore, fortemente specialistico, che si occupasse dell’individuazione e dell’aggressione ai patrimoni illeciti dei mafiosi, momento fondamentale (Falcone docet), della lotta agli organismi criminali organizzati, che ne mina, ove profondamente e costantemente perseguito, la capacità di azione e le potenzialità offensive. Una finalità, quella assegnata alla DIA, sempre attuale nel momento storico contingente, dove si sente appunto la mancanza di una strategia unitaria della lotta alla criminalità organizzata ed, ancora di più, nell’efficacia e nell’efficienza dell’aggressione ai patrimoni mafiosi, con evidenti lacune nella capacità di individuare efficacemente i canali di riciclaggio ed i flussi di danaro provenienti dalle attività illecite. E non si obietti che questa funzione di coordinamento spetti, sia da riservare e venga effettuata dalla DNA e dalle DDA, poiché, oltre alle divergenze di opinioni ed analisi, nonché veri e propri scontri che si constatano diuturnamente all’interno della Magistratura inquirente, uno sparuto manipolo di uomini, seppur di grandissimo valore, quali essi sono, non può efficacemente adempiere a tale gravoso, delicato e complicato compito. E’ naturale che essi debbano avere contezza e supervisione di tutto ciò che emerga dalle investigazioni e debbano, altresì, esercitare una azione di guida tecnico-giuridica nelle indagini, nonché esercitare un controllo di legittimità, giuridica e sostanziale, sull’attività di polizia giudiziaria. E’altresì naturale, però, che operativamente e prima facie, l’attività di raccordo e coordinamento debba essere affidata ad una struttura con più uomini, dalle diverse specificità e specializzazioni, più articolata e presente sul territorio (oltre che con una struttura di direzione e coordinamento centrale), quale è stata pensata e dovrebbe essere la DIA. Ma stranamente, negli anni, questa struttura è stata sempre di più depauperata negli uomini e nei mezzi, nonostante gli innegabili successi operativi ottenuti e la capacità di analisi del fenomeno criminale organizzato dimostrata (non è un caso se le sue relazioni semestrali al Parlamento sono documenti ufficiali di riferimento), nonché limitata sempre di più (se non giuridicamente nei fatti), nei poteri e nelle prerogative che la legge istitutiva le aveva attribuito.
    In conclusione, anche se l’argomento necessiterebbe di ben più vasti approfondimenti, credo che la DIA non solo non andrebbe chiusa, ma andrebbe potenziata, negli uomini (ed in tale ottica ben venga l’apertura alla Forestale ed alla Penitenziaria), e nei mezzi, restituendogli le attribuzioni che le competono, ampliandole, al fine del notevole contributo che può efficacemente e realmente fornire nella lotta (con reali possibilità di duraturo successo) alla criminalità organizzata, autoctona e straniera. Sempre sia questo che realmente si voglia “colà dove si puote ciò che si vuole”.

  • bartolo |

    caro galullo, quello che pensa gratteri è relativo. quello che pensano gli italiani, invece, è fondamentale. quanto irrilevante!
    si mettessero d’accordo. d’altronde, letta ha chiamato proprio gratteri come consigliere di un organismo di consulenza antimafia a favore della presidenza del consiglio dei ministri.
    fosse per me, la lotta alle mafia la delegherei alla polizia municipale. abolendo, contestualmente, dia, sco, gico, ros, dda e dna. le procure ordinarie, munite di professionalità adeguate come sono tutti i magistrati d’italia, considerata la rigidissima selezione concorsuale, saprebbero benissimo far fronte agli ultimi dei moicani, in via di trasformazione in semplicissimi paralitici-disadattati-cialtroni.
    le altre mafie, caro galullo, è inutile lottarle, sono insite nei poteri dello stato; e basterebbe una seria legge anticorruzione.

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