Cari lettori per capire cosa è oggi Reggio Calabria – una polveriera nella quale basta il gesto di un folle per incendiarla – vi racconto un episodio che la brava collega Alessia Candito ha appena accennato su www.corrieredellacalabria.it in un ampio servizio dedicato il 5 maggio all’incontro con il capo della Procura Federico Cafiero De Raho, organizzato dall’associazione Reggio Non Tace.
Ve lo descrivo perché nella vita contano i dettagli, tanto quanto nello charme di una donna elegantemente vestita contano le calzature: rappresentano il 100% del fascino, altro che l’abito.
E quando i dettagli, in una città come Reggio Calabria, coincidono con i simboli, allora è davvero il caso di interrogarsi sul tempo che è rimasto prima che la polveriera esploda o – mutatis mutandis – prima che lo Stato disinneschi la miccia.
L’episodio è vero, legittimo e reale – come si direbbe giocando a sette e mezzo – e testimonia la tensione che si vive in città, che non può del resto essere sopita visto lo stato in cui versa il Comune (dove la terna commissariale sta incontrando ostacoli insormontabili), lo stato in cui versa la Procura (ancora messaggi inquietanti di delegittimazione prossima ventura da parte dei megafoni dei sistemi criminali nei confronti del pm Giuseppe Lombardo e inquietanti avvisi capitolini che si sta battendo contro i mulini a vento), lo stato in cui versa la Regione (con una confusione a dir poco pazzesca in Giunta e Consiglio) e lo stato in cui versa…lo Stato (visto che la miscela esplosiva fatta di servitori infedeli e servizi deviati la fa ancora da padrona).
IL TAVOLO E’ OCCUPATO, ANZI NO
L’episodio ha coinvolto in prima persona il capo della Procura che, arrivato da pochissimi giorni e al termine di una giornata di lavoro, era andato a pranzo con il collega Francesco Curcio, applicato della Dna. Un suo amico di lunga data (hanno lavorato insieme a Napoli). Uno di quelli su cui si fonderà il pool che ha in testa Cafiero De Raho.
Il ristorante dove avrebbero voluto pranzare era chiuso. Poco male: a Reggio i buoni ristoranti non mancano. Basta girare l’angolo, fare poche centinaia di metri e il posto giusto è la. Si scende dalle macchine e si entra – con le scorte – nel locale.
Ma qui avviene quel che analisti distratti (o compiacenti) potrebbero sottovalutare. Il locale è semivuoto (ad essere generosi) ma il posto a tavola per il capo della Procura e per il suo collega non c’è. Non si trova, nonostante i due clienti abbiano fatto presente che bastava guardarsi intorno…C’era solo l’imbarazzo della scelta!
Qui accade il contrario di ciò che sarebbe accaduto oggi in quella Casal di Principe che pure il capo della Procura per la prima volta ha richiamato il 2 maggio (si veda articolo in archivio di questo blog del 3 maggio) come pietra di paragone con l’attuale e disperante stato in cui versa la città di Reggio Calabria, impaurita anche della propria ombra.
A Casal di Principe, Napoli o Caserta i ristoratori si sarebbero fatti in quattro per trovare un tavolo, a costo di portare il conto agli ultimi arrivati ancora in attesa delle portate. O a costo di spedire tutti i clienti in cucina e apparecchiare “per sua eccellenza il Procuratore”. Scaltrezza campana ma – al tempo stesso – rispetto per la Giustizia, fosse anche formale o per tornaconto.
A Reggio no. L’ospite inatteso – sfido qualunque ristoratore di Reggio a sostenere di non riconoscere Cafiero De Raho nonostante il suo fresco arrivo, non fosse altro che per la scorta armata fino ai denti che si porta giocoforza dietro – viene cortesemente ma fermamente invitato a desistere.
Ma qui accade il contrario di quanto un comune cittadino potrebbe fare nelle stesso condizioni. Il capo della Procura e il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia restano in piedi. Fermi ad aspettare gli eventi.
Sorpresa che si trasforma (sempre troppo tardi) in accondiscendenza. Sbuca da un angolo un signore…et voilà, il tavolo che prima non c’era, si trova. E ci credo: non c’era nessuno!
LA POLITICA ALLA LARGA
L’episodio, che da negativo si trasforma in positivo o, quantomeno, assolutamente “naturale” visto l’epilogo logico, la dice lunga sulla paura, sulla tensione e sulla mancanza di punti di riferimento di una città smarrita. Anche il solo ingresso di un procuratore in un ristorante “confonde” e manda nel panico.
Questo accade e può accadere solo in un territorio in cui le tenaglie dei sistemi criminali rendono la gente incapace di intendere e volere per il meglio. Gesti “contro natura” verrebbe da dire, che pure accadono quando lo Stato (o meglio: parti importanti dello stesso) è venuto meno al suo ruolo di garante della legalità e quando le Istituzioni (rectius: parti importanti delle stesse) non sono state in grado di garantire linee di sviluppo socioeconomico ad una città e ad una regione tutta allo stremo.
Non è un caso che Cafiero De Raho sia andato allo scontro diretto con la classe politica, con parole durissime che riprendo dalla puntale cronaca di Alessia Candito: «In un territorio così condizionato è difficile pensare che in due anni il voto possa tornare a essere libero. Nei territori che vedono l’esistenza di gruppi criminali forti, magari bisogna trovare dei meccanismi di vigilanza aggiuntiva che non sospendano la democrazia ma che tengano conto delle dinamiche presenti in contesti di questo genere. Quando i commissari andranno via, è probabile che il Comune torni nelle mani di quelli che ne hanno provocato lo scioglimento, allora bisogna iniziare a muoversi da subito. Se i politici che dovrebbero starci vicini sono quelli che hanno portato allo scioglimento del Comune, allora preferisco che stiano ben lontani».
Queste parole – ripeto, pronunciate il 5 maggio nel corso dell’incontro organizzato dall’associazione Reggio Non Tace, la cui anima è padre Giovanni Ladiana – giungono a poche ore di distanza da un altro evento, di cui vi ho raccontato in questo blog il 2 e 3 maggio (rimando all’archivio).
In occasione delle due giornate di incontri e dibattuti organizzati dall’associazione Riferimenti, a nessuno sono sfuggite due coincidenze (la terza, come amava dire Agatha Christie sarebbe stata una prova). Il giorno in cui i ragazzi sfilavano con una gerbera gialla da sventolare e depositare in ricordo della vittima di ‘ndrangheta Gennaro Musella, la giunta regionale si riuniva. Coincidenza. Pura coincidenza. La politica ha i suoi tempi. Che non coincidono – casualmente – con quelli dei ragazzi che sfilano contro le mafie, la corruzione e la violenza.
Nelle stesse ore in cui tutto questo accade, accade anche la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Piero Grasso, arrivi in città senza che un-politico-uno lo accolga (eccezion fatta, a quanto mi risulta, per il presidente del consiglio regionale ca
labrese Francesco Talarico, ma solo perché se lo ritroverà fianco a fianco il 3 marzo nel corso della premiazione Gerbera Gialla).
La cosa non è sfuggita alla città tutta che – per i motivi descritti sopra – ha desistito dal commentare o prendere posizione. Salvo poche eccezioni rappresentate, ad esempio, dagli 88 ragazzi e ragazze della Rete degli studenti delle scuole superiori e universitari Gerbera Gialla, che alcuni giorni fa hanno diffuso e singolarmente frimato una nota dall’oggetto incontrovertibile: «Quale classe politica ha la Calabria? Denuncia degli studenti .Nessun politico ad accogliere il Presidente del Senato in Calabria».
Nella lettera – che continua ad essere aperta a firme e adesioni – si legge, tra le altre cose: «…eravamo in 10mila a sfilare per le strade della Città dello Stretto: studenti delle scuole elementari, medie, superiori e dell’università. Da San Luca a Scampia da Rosarno a Ciro', da Vibo a Cosenza, Crotone e Reggio…Ci ha fatto molto male, però, constatare l’assenza delle Istituzioni Calabresi che denunciamo con forza per non essere da loro rappresentati così' come dovrebbero e come noi vorremmo.
Il 3 maggio non c'era un politico che sfilasse al nostro fianco; non c'era un politico ad accogliere il Presidente del Senato,seconda carica dello Stato al cui cospetto ,questa terra non è' stata rappresentata se non da noi e dalle alte cariche: prefetti, magistrati e massimi rappresentanti delle Forze dell'ordine.
Il Comune di Reggio Calabria, si sa, è sciolto per mafia ed era rappresentato dal Commissario. Ci chiediamo ,però dove fossero gli altri: a partire dalla Provincia di Reggio, assente in tutte le sue componenti per finire al Governo regionale.
E’ stato un segnale davvero pessimo, soprattutto per la condizione della nostra terra, schiacciata dal potere mafioso e aggredita da gravi emergenze sociali.
Ci chiediamo: ma la Calabria ha una classe politica che la rappresenta nelle Istituzioni o è figlia di nessuno così come è apparsa agli occhi del Presidente del Senato il 3 maggio?
Calabria uguale 'ndrangheta? Per quel che ci riguarda non di certo ma riteniamo che la nostra classe politica sia lontana anni luce dalla voglia di riscatto e ribellione delle nostre coscienze.
Anche il comportamento di qualche mezzo d’informazione locale non va sottovalutato. Qualche televisione privata della città, il cui editore, guarda caso, è in politica, ha oscurato la manifestazione e questo la dice lunga. Certo ognuno ha la facoltà di pubblicare o mandare in onda ciò che preferisce! …Ad arrossire nei confronti del presente deve essere una politica latitante che non rappresenta la ribellione di questa terra nè la nostra. Che si vergognino tutti coloro che si sottraggono al dovere etico della denuncia».
Benedetti ragazzi prendete esempio dal capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria: con la classe politica reggina e calabrese esiste una sola cosa. Il muro contro muro. Il più forte resterà in piedi e a partire da quello sarà (forse) costruita la nuova città.
A GRANDE RICHIESTA…
Oggi si replica e sarà interessante vedere come si muoverà la città alle prese con tre eventi. Il primo, alle 10, organizzato ancora da Riferimenti, è al Teatro Siracusa. Un incontro con gli studenti, aperto al pubblico. Ospite Antonino Di Matteo, oggi più che mai al centro dell’attenzione per le minacce ricevute (si vedano in questo blog, nell’archivio, i recenti servizi del 4, 9 e 19 aprile e 5 maggio).
Alle 16.30, presso la Sala dei Lampadari Palazzo San Giorgio, in un incontro anch’esso aperto al pubblico e alla stampa, saranno protagonisti ancora Di Matteo, Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria e Adriana Musella, presidentessa del Coordinamento nazionale antimafia Riferimenti. Si parlerà di intrecci Stato-mafia, a meno di due settimane dall’inizio del grande processo sulla trattativa a Palermo (diretta streaming su www.riferimenti.org e possibilità di intervenire direttamente in chat con il numero 348 41 32 891).
Alle 20.30, invece, il procuratore capo Cafiero De Raho parlerà con Roberto Saviano del suo ultimo libro e dei temi che, inevitabilmente, girandoci intorno, non potranno che passare anche da Reggio e dalla sua cupola mafiosa.
Le tre di oggi saranno repliche a grande o piccola richiesta? Ve lo racconterò dopo che le avrò vissute.
P.S. Su www.ilsole24ore.com domani, come ogni giovedì non perdete “ORA LEGALE – Lezioni di antimafia di imprese e società”. E’ uno spazio di approfondimento giornalistico che ogni settimana racconta storie e volti di imprenditori, commercianti, professionisti, uomini e donne, associazioni e istituzioni che si oppongono in tutta Italia alle mafie e combattono – con i fatti e non a parole – per la legalità. ORA LEGALE – Lezioni di antimafia di imprese e società potrete trovarla anche cliccando su qualunque motore di ricerca a partire da Google. Attendo anche le vostre storie da indirizzare a r.galullo@ilsole24ore.com